Wave 2, ultima spiaggia

L’Espresso

Con Al Waleed e soci, ma senza le banche, Wave 1 è riuscita a metà. Berlusconi deve però dimostrare di avere meno del 50 per cento. Ce la farà Arcuti a togliergli le castagne dal fuoco?

Lunedì 27 Novembre, dal quartiere generale di Milano Due, la Fininvest diffonde la notizia che l’Imi (Istituto Mobiliare Italiano) ha accettato l’incarico di pilotare la seconda fase dell’operazione Wave, ossia la vendita di un altro pacco di azioni della società televisiva Mediaste per un valore di circa 1.800 miliardi. In quelle stesse ore, a Roma, conversando con i giornalisti, il senatore Cesare Previsti dichiara: «La vendita delle tv della Fininvest? Spero proprio che non ci sia, anzi posso tranquillamente rivelare che non è imminente, perché Berlusconi non ha più intenzione di vendere nulla. L’attacco della magistratura ci costringe a una risposta così, senza compromessi». L’ex ministro della Difesa, che del cuore di Silvio Berlusconi tiene ambo le chiavi, non smentisce la Fininvest ma ridimensiona la portata dell’annuncio del giorno: all’Imi il Biscione non ha affidato l’incarico di vendere una società, ma soltanto una parte – irrilevante ai fini del controllo – delle sue azioni.
L’incarico all’Imi, d’altra parte, conferma che l’operazione Wave, almeno nella sua prima formulazione, si è infranta contro lo scetticismo dei banchieri. Dopo aver piazzato titoli per 1.883 miliardi all’editore tedesco Leo Kirch, al magnate sudafricano Johann Rupert e al principe saudita Al Waleed (che non hanno ancora finito di pagare), il presidente della Fininvest, Fedele Confalonieri, aveva tentato di convincere le principali banche italiane a sottoscrivere un’analoga quota di capitale. Con la conseguenza di diluire la partecipazione Fininvest in Mediaset fino al 60 per cento, premessa per un’ulteriore riduzione al 45 per cento prevista nel 1997 attraverso la quotazione Mediaset in Borsa.
Geronzi si eclissa. All’epoca il ruolo di regista del fronte bancario veniva assegnato dalle fonti ufficiali alla Banca di Roma. Anche per l’Imi si prospettava un ruolo di rilievo, ma l’istituto presieduto da Luigi Arcuti si manteneva comunque defilato. Dopo due mesi di incontri riservatissimi con i responsabili delle maggiori banche italiane, curati personalmente da Gonfalonieri, la Fininvest ha dovuto prendere atto che il sistema bancario non aveva le risorse e la convinzioni per sottoscrivere 33 milioni di azioni Mediaste al prezzo di 55 mila lire l’una. A questo punto, la posizione della Banca di Roma sfuma. L’istituto diretto da Cesare Geronzi non è alieno dall’affrontare i rischi della banca d’affari, ma non può permettersi il lusso delle grandi cifre. Alla Fininvest, d’altra parte, aveva dato. Era stata infatti la Banca di Roma a prestare a Ennio Doris, amico e socio di Berlusconi, i 240 milioni necessari per rilevare una quota di Finivest Italia, la società che controlla i fondi d’investimento e le assicurazioni del Biscione: quei soldi, che salvarono della Fininvest nel ’93, avrebbero dovuto rientrare al più presto con la quotazione di Fininvest Italia in Borsa, ma l’operazione non è ancora all’ordine del giorno un ulteriore, massiccio investimento azionario su Berlusconi, dunque, avrebbe dato nell’occhio. Soprattutto se solitario. Geronzi fa dunque sapere che reputa Mediaset un ottimo affare, sempre pronto a sottoscriverne una quota, ma lascia il boccino ad Arcuti.
Imi e Mediobanca. L’Imi non ha problemi ad affrontare il rischio Mediaset. L’Imi è ricco, solido e ambizioso con 7.500 miliardi di mezzi propri. Nel ha realizzato l’utile più elevato – 551 miliardi – nel mondo bancario italiano. Da sempre si ritiene l’unica istituzione finanziaria in grado di competere con Mediobanca, e adesso che tra i suoi azionisti ci sono colossi bancari come il San Paolo di Torino, la Cariplo, il Monte dei Paschi di Siena, grande compagnia di assicurazioni l’Ina sente che è arrivato il suo momento.
La privatizzazione delle grandi aziende pubbliche – l’Eni, prima di tutte - costituiscono la grande occasione di mercati finanziari, ma l’opera  Mediaset – data l’identità del comm–  può regalare dei dividendi altrimenti impensabili in termini di relazioni con il potere politico.