Un patto per il Mezzogiorno

Corriere della Sera

Agnelli: opportunita' per il Paese. Romiti: retribuzioni differenziate Niente gabbie, ma salari piu' bassi in cambio di posti di lavoro. Geronzi: la seconda Italia puo' agganciarsi all'Europa

ROMA . Torna la "questione meridionale". La grande impresa e la grande finanza, con la benedizione della Banca d'Italia, rilanciano l'emergenza Sud, rimossa negli ultimi anni e tuttora ignorata nonostante la campagna elettorale. Invece, dicono industriali e banchieri, senza il decollo del Mezzogiorno ci rimettono tutti, a partire dallo stesso apparato produttivo del Nord, che soffre del calo verticale dei consumi nelle regioni del meridione. E' urgente attirare investimenti. E per farlo, aggiungono, i sindacati devono accettare salari piu' bassi in cambio della creazione di posti di lavoro. Ma la Cgil oppone il suo no a qualsiasi ipotesi di riduzione dei minimi salariali nazionali. Tutti d'accordo quindi sulla necessita' di ripartire dal Sud per raggiungere l'Europa di Maastricht, ma i problemi cominciano quando si passa alle ricette. Lo sviluppo della "seconda Italia" "e' una necessita' e una opportunita' che riguarda non solo il Sud, ma tutto il Paese", ammonisce il presidente onorario della Fiat Giovanni Agnelli. "Il problema del Mezzogiorno e' centrale per la crescita dell'economia nella sua interezza", sottolinea il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio; bisogna si' "evitare gli errori del passato", ma non si puo' prescindere dal ruolo dello Stato: "Occorrono interventi specifici di natura strutturale, diretti a rimuovere le diseconomie esterne e il differenziale di produttivita' ". Il Sud "possiede le risorse umane, imprenditoriali e di lavoro per risalire la china e riunirsi all'Europa", afferma il presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi. Agnelli, Fazio e Geronzi sono scesi ieri in campo per tenere a battesimo, nei saloni di Palazzo Koch, sede della Banca d'Italia, il primo di quattro convegni (i prossimi si terranno a Palermo, Bari e Napoli) per il rilancio del Sud, organizzati da Banca di Roma, Fiat e Mediocredito centrale. Assieme a loro, attorno al malato Mezzogiorno, sono accorsi storici, economisti, il neopresidente della Fiat, Cesare Romiti, quello del Mediocredito, Gianfranco Imperatori, quello dell'Antitrust, Giuliano Amato, quello dell'Abi, Tancredi Bianchi, e quello della Confindustria Luigi Abete. Ad ascoltarli un parterre de roi di sindacalisti, da Cofferati a D'Antoni a Nobilia, politici come Napolitano e Violante del Pds e Gasparri di An, banchieri e, un po' trascurato dalla folla di giornalisti e fotografi, l'ex presidente del Consiglio ed ex governatore Carlo Azeglio Ciampi. Nell'analisi di Romiti e in quella dell'economista Mariano D'Antonio si trovano molti dei motivi che spingono grande impresa e finanza a rilanciare la questione meridionale. Dice Romiti: "Senza uno sviluppo del Mezzogiorno anche il Nord sara' ostacolato e frenato nella sua marcia verso l'Europa". Per dare un'idea della grave crisi del Sud il presidente della Fiat e' ricorso a un esempio "che riguarda la nostra attivita' , le automobili: fatto 100 il livello delle vendite nel 1990, nel '95 il Nord Est era a quota 96, il Nord Ovest a 76, il Centro a 73, mentre il Sud crolla a quota 50". Spiega D'Antonio: "Nei prossimi anni i pensionati saranno sempre piu' rappresentati nella struttura demografica del Nord, mentre nel Mezzogiorno si concentreranno i giovani in cerca di occupazione", ma non ci sara' piu' l'emigrazione del dopoguerra. "Alle imprese del Nord che intendano espandersi resteranno tre strade: andare all'estero; ricorrere ai lavoratori stranieri; decentrare gli impianti nel Sud". E fondamentale quindi favorire questo decentramento. Come? Geronzi insiste sulla flessibilita' del salario: imprese e sindacati dovrebbero mettersi d'accordo sulla "possibilita' di deroghe a livello regionale". Non si tratta delle vecchie "gabbie salariali", assicura, ma di contratti che tengano conto del piu' basso costo della vita e della minore produttivita' nel Mezzogiorno. Bisogna "commisurare la retribuzione alle esperienze locali", commenta Romiti. Abete coglie la palla al balzo e ripropone il "contratto per la creazione d'impresa": sindacati e aziende si accordano su salari ridotti per i primi anni di vita delle nuove imprese. Cisl, Uil e l'autonoma Cisal sono d' accordo, ma non la Cgil di Sergio Cofferati: "Una discussione astratta sulla flessibilita' non ci interessa. Prima ci devono essere proposte certe di investimento poi discutiamo, ferma restando la difesa dei minimi contrattuali".