Orsi & Tori

Milano Finanza

Chi ha paura di Mediobanca? Occorre domandarselo di fronte alle reazioni che da più parti ha suscitato la notizia di un’offerta della stessa Mediobanca, della Banca di Roma, di Credit e Comit di rilevare dall’Iri a fermo l’intero pacchetto azionario della Stet in funzione della sua privatizzazione.

Chi ha paura di Mediobanca? Occorre domandarselo di fronte alle reazioni che da più parti ha suscitato la notizia di un’offerta della stessa Mediobanca, della Banca di Roma, di Credit e Comit di rilevare dall’Iri a fermo l’intero pacchetto azionario della Stet in funzione della sua privatizzazione.
Questa volta, è bene dirlo subito, non è stata Mediobanca a prendere l’iniziativa, come si può rilevare anche dalla lettura dell’offerta (due pagine con pohi pragrafi): 1) le banche hanno firmato un ordine alfabetico e quindi Mediobanca compare per ultima; 2) Mediobanca non ha e non avrà nessuna attribuzione da capofila. Ma sono soprattutto i fatti a ricondurre questa volta la banca di Enrico Cuccia a un ruolo da comprimario e niente di più.
L’idea dell’offerta congiunta è maturata all’interno della Banca di Roma una decina di giorni fa in prossimità della scadenza posta dall’Iri per presentare da parte di una trentina di banche la loro migliore offerta per il ruolo di global coordinator della privatizzazione. Di fronte alla volontà generalizzata di procedere sulla strada delle privatizzazioni nonostante il perdurare della mancanza di investitori istituzionali, come i fondi pensioni, Pellegrino Capaldo e Cesare Geronzi hanno pensato che la più grande banca italiana, da sempre molto vicina alla Stet, dovesse prendere l’iniziativa per evitare che dopo la nomina dei vari advisor (due giorni fa è stato nominato quello della comunicazione, Barabino & partner) si procedesse comunque al collocamento della finanziaria delle telecomunicazioni, ripetendo gli errori già fatti dall’Iri con la privatizzazione di Comit e Credit: basso ricavo dalla vendita e passaggio del controllo ad azionisti non programmati, non  scelti dal governo.
La prima reazione di Mediobanca è stata soprattutto di preoccupazione per la formula messa a punto dalla Banca di Roma: impegno di collocamento a fermo dell’intero pacchetto, e cioè acquisto delle azioni da parte delle banche e successiva rivendita. Come si sa, Mediobanca è maestra nell’incasso di commissioni, potendo sfruttare la sua indiscutibile autorevolezza oltre che, per lungo tempo, il ruolo esclusivo di banca d’affari sul mercato nazionale.
Questa volta, invece, se l’operazione si farà, anche Cuccia dovrà assumersi un rischio ben preciso, cioè quello fra il prezzo che sarà pagato all’Iri e quello che sarà ricavato dal collocamento. Per Capaldo e Geronzi questa era l’unica via innovativa per evitare di ripetere gli errori del passato e consentire all’Iri, che ne ha preciso bisogno, di avere certezze di quello che sarà il ricavo della privatizzazione senza assumersi l’onere del collocamento in proprio con una opv. In pratica, l’offerta è un modo per risolvere il problema finanziario del collocamento senza far perdere all’Iri e al governo (e anzi esaltandole) le prerogative proprie dell’azionista che vende, cioè il potere di decidere quali dovranno essere i nuovi padroni. Infatti, contrariamente a una prima versione della lettera dell’Iri, alla fine è stato accolto il suggerimento di Capaldo di non vincolare l’offerta stessa al fatto che le banche dovranno essere per forza azioniste del nocciolo duro. Se l’Iri e il governo lo vorranno, bene, altrimenti le banche potranno anche non far parte del nucleo di comando, i cui componenti, come è espressamente previsto nella lettera, verranno indicati dall’Iri e quindi dal governo.
Sbaglia quindi chi teme che necessariamente Mediobanca possa mettere le mani anche su Stet, contando fra l’altro sul controllo che di fatto la banca, creato da Cuccia, esercita su Comit e Credit. Contrariamente a quanto è avvenuto sotto la guida di Romano Prodi, con Carlo Azeglio Ciampi a palazzo Chigi, per la privatizzazione delle due banche milanesi, questa volta la designazione degli azionisti di comando sarà trasparente, sarà cioè frutto di una scelta precisa e non di una mascheratura dietro l’opv come avvenuto con Credit e Comit. Fra l’altro la lettera prevede che alle quattro banche firmatarie dell’offerta se ne potranno affiancare altre, italiane e straniere, sì da annacquare ulteriormente l’eventuale peso del sistema Mediobanca.
Chi ha paura di Cuccia e del suo sistema e per questo avrebbe preferito che la banca di via Filodrammatici rimanesse fuori dall’affare commette un grave errore di realismo. Come MF/Milano Finanza hanno sostenuto più volte, il paese dopo aver tollerato il predominio assoluto di Mediobanca per quasi 50 anni non può permettersi di perdere la capacità e l’esperienza proprio sulle privatizzazioni. Questa, anzi, è l’occasione buona per far emergere, accanto a Mediobanca, altre professionalità e altre capacità in modo da rendere pluralistico il sistema.
E se Mediobanca proporrà che a far parte del nocciolo duro siano i gruppi che fanno parte del suo sistema? Certamente lo farà, ma spetterà al governo accettare o meno e ai concorrenti trovare soluzioni alternative, che in realtà ci sono e sono tutt’altro che di ripiego. Ma così la scelta potrà avvenire alla luce del sole. Chi ha fiato e voce potrà mettersi in gara.e che vincano i migliori, non i più furbi come è successo per le privatizzazioni fatte da Prodi, Dall’Iri intanto filtra la notizia che Michele Tedeschi, successore di Romano Prodi ai vertici dell’istituto, ha già risposto a Capaldo con una lettera piena di interesse.