Geronzi favorevole alla banca universale. "Matrimoni con l'industria? un rischio"
Corriere della Sera
Il direttore generale della BANCA DI ROMA, Cesare Geronzi, parla della nuova organizzazione del gruppo, sul rilancio del Mezzogiorno e si e' dichiarato contrario al ritorno della cosiddetta banca mista
ROMA - La Banca di Roma, il gigante nato dalla fusione tra Cassa di Roma, S.Spirito e Banco di Roma, si sta organizzando "come una struttura vicina al modello della banca universale, ma all'interno di un gruppo polifunzionale". Lo ha annunciato ieri nel corso di un incontro con gli operatori economici campani il direttore generale del gruppo Cesare Geronzi, il quale ha colto anche l'occasione per pronunciarsi contro un ritorno della cosiddetta banca mista, quella cioe' che prevede che gli istituti di credito possano acquisire quote, anche consistenti, di capitale di societa' industriali. Intervenendo sui problemi del Mezzogiorno e del ruolo che le banche possono avere nel processo di rilancio, Geronzi ha detto che "la banca universale e' la struttura organizzativa piu' adeguata perche' consente un' opportuna diversificazione del rischio e un' assistenza complessiva alla clientela. Un sistema caratterizzato da un piu' ampio ruolo del mercato mobiliare e da intermediari altamente specializzati e' probabilmente idoneo a soddisfare le esigenze di una clientela gia' sofisticata". La banca universale e' quella che, facendo riferimento al modello della Deutsche Bank, prevede un unico corpo che gestisce le varie attivita' . Il direttore generale della Banca di Roma e' invece contro l'ipotesi di reintroduzione della banca mista, "invocata da piu' parti come via privilegiata per ottenere un rapporto nuovo tra finanza e industria, funzionale a un'accelerazione del processo di accumulazione del capitale. L'argomentazione di base portata da chi vorrebbe il ritorno della banca mista, ha ricordato Geronzi, e' che una forte presenza delle banche nel capitale delle imprese industriali risolverebbe il loro problema di accesso al capitale rischio, garantendo un legame tra proprieta' e controllo piu' consono a una gestione che valorizzi gli obiettivi di lungo periodo. Le industrie, insomma, potrebbero sottrarsi alle incertezze della congiuntura sia del mercato che dei corsi azionari, mentre i banchieri avrebbero una posizione privilegiata e un doppio interesse, come creditori e come azionisti, a scegliere i progetti migliori. Oltretutto, si aggiunge, proprio la legge antitrust e la disciplina Cee sui grandi fidi sarebbe un valido presidio ai rischi di instabilita' . Argomentazioni che Geronzi ritiene interessanti ma non sufficienti a diradare i dubbi. Che sono talmente forti da fargli affermare che "sarebbe grave l'errore di sottovalutare i rischi insiti in una presenza consistente delle banche in attivita' non finanziarie". Il rischio, secondo il banchiere, e' che "il canale di trasmissione delle oscillazioni cicliche dall'industria alla finanza possa ampliarsi oltremodo". La strada piu' corretta e' quindi "mantenere una distanza tra la gestione delle partecipazioni strategiche in imprese non finanziarie e l'attivita' piu' propriamente creditizia".