Come eravamo a via Nazionale
La Repubblica
IL PROSSIMO 31 maggio il governatore Fazio svolgerà l' annuale relazione sulla Banca d' Italia. La sua importanza abitualmente va al di là di un tradizionale appuntamento economico, quasi fosse paragonabile, naturalmente a livello del nostro Paese
IL PROSSIMO 31 maggio il governatore Fazio svolgerà l' annuale relazione sulla Banca d' Italia. La sua importanza abitualmente va al di là di un tradizionale appuntamento economico, quasi fosse paragonabile, naturalmente a livello del nostro Paese, al "discorso sullo stato dell' Unione" che viene pronunciato ogni anno dal presidente degli Stati Uniti. Se il discorso di un' autorità pubblica, che non è certo la prima e neppure la seconda o la terza nell'ordine del cerimoniale della Repubblica, assume questa valenza, riscontrabile nelle attese e nei commenti, le ragioni sono più d' una. La più importante, che ha differenziato nel tempo la banca centrale da tutte le altre istituzioni, è nell'essere stata dalla Liberazione (e, persino, per certi versi, anche durante il fascismo) una istituzione indipendente dai partiti, non toccata dalla lottizzazione, libera nei giudizi e nei comportamenti di sua pertinenza (il che non vuol dire, peraltro, scevra, talvolta, da errori). La seconda caratteristica -alla base della prima - risiede nel carattere autonomo e monocratico del Governatore: eletto a vita, non risponde ad alcun altro potere. La terza sta nella fortunata sequela di scelte eccellenti: Einaudi, Menichella, Carli, Baffi, Ciampi, Fazio. Quarta - ma non ultima - la cura eccezionale alla formazione professionale e meritocratica del personale dirigente, così che la banca centrale ha finito per essere la sola, vera ENA (la celebre Scuola nazionale d'Amministrazione francese) capace di fornire quadri preparati per tante altre istituzioni (del resto, non per caso, dalla Banca sono usciti un presidente della Repubblica e due presidenti del Consiglio, ogniqualvolta il Paese ha avuto bisogno di personalità al di fuori delle parti). Per questi motivi credo utile offrire ai lettori un piccolo inedito. Si tratta di alcuni ricordi sugli ultimi quattro governatori che Tommaso Padoa-Schioppa rievocò nel corso dell' intervista (Repubblica del 18 aprile) in occasione della nomina a presidente della Consob e che non ero riuscito allora ad inserire per ragioni di spazio.
'TRENT' ANNI orsono -mi confidò- un giovane economista della mia generazione, vissuto e cresciuto nell' Italia settentrionale, proveniente dalla Bocconi e dall' MIT, forse non avrebbe subito l'attrazione della Banca d'Italia se non fosse stato per Guido Carli. Egli aveva saputo rendere affascinante a molti di noi la politica monetaria. Quando arrivai a Roma, all' inizio degli anni Settanta mi resi prestissimo conto della capacità e della volontà di Carli di coinvolgere nella discussione e nell'impegno anche il più giovane degli adepti dell'Ufficio studi, di cui esaltava il senso di responsabilità e l'orgoglio di appartenenza. Certo anche lui costruiva su un ceppo che Einaudi e Menichella avevano saputo vigorosamente piantare, ma lo arricchì con l'aggiornamento delle ricerche economiche, con l'uso delle nuove tecnologie computerizzate, con l'apporto di studiosi americani e di altre università estere di alto prestigio. Via Nazionale divenne così un centro di unico di riferimento, di studio e di formazione di una élite. Ricordo in proposito una discussione con Paolo Savona che temeva si creasse una specie di congestione di competenze, 'un troppo pieno' , diceva. Ed io e altri che rispondevamo: 'No, se mai questo sarà il vivaio per altri trapianti' . 'Così fu. Quella generazione, formatasi in Banca d' Italia tra il '60 e il '70, conta, appunto, persone come Savona, lo stesso Fazio, Sarcinelli, Ciocca, Saccomanni, Masera, Micossi, Croff, Geronzi, Ignazio Visco, Lamanda e numerosi altri che prestano oggi la loro attività con alte responsabilità non solo nella casa madre ma nel mondo bancario e finanziario, negli organismi internazionali, ecc.' .
L' INTERVISTA passò poi a rievocare gli altissimi meriti, anche etici, di Paolo Baffi, 'un uomo che impose il rigore del metodo, il primato dell'analisi economica in qualunque situazione, fino all'impoliticità. A differenza di Carli che era ben consapevole dei limiti generali imposti dalla politica.' E' il caso -chiesi io a questo punto- dello scontro col governo sulla adesione allo Sme, cui Baffi era contrario? 'Penso che il suo fu, da un lato, un errore di pessimismo sulla capacità della politica italiana di adeguarsi a quel vincolo esterno e, dall'altro, una posizione di dottrina, contraria ai cambi fissi, tradizionale nei banchieri centrali perché la fine della libera fluttuazione rappresenta un irrigidimento nel quale si sentono stretti, obbligati ad onorare impegni in condizioni che non dipendono più da loro. Del resto questo dibattito ha pervaso tutti gli anni trascorsi in Banca d'Italia, da allora ad oggi' . E Ciampi? 'Ciampi, capo del servizio studi negli anni di formazione dell' élite di cui parlavamo, è stato il governatore che ha saputo conciliare la libertà del dibattito interno con una difesa fortissima dell' istituzione e del suo ruolo. E' stato inoltre, assieme al francese De La Rosière e all' inglese Leigh-Pemberton, l' unico governatore a cogliere l'importanza politica decisiva dell'Unione monetaria.
Quando questa muoveva i primi passi mi sollecitò a coltivare i rapporti che mi ero creato nel mio lavoro presso la Comunità europea con Delors, Giscard, Schmidt ed altri. 'Li curi molto, sono importantissimi per noi italiani' , mi disse ripetutamente. Del resto, anche sul piano internazionale è riuscito a dimostrare che si può essere un ottimo banchiere centrale e un europeista convinto' .
NON si può dire lo stesso di Fazio, aggiunsi io a quel punto. 'E' vero - rispose Padoa Schioppa - che Fazio non ha vissuto la vicenda europea con partecipazione diretta ma egli è anche il governatore che, portando l'inflazione al 2%, ha fatto tutto ciò che doveva per permettere che l'Italia partecipi all'Unione monetaria' . Altro non ha voluto dire, ma la nostalgia per la via Nazionale del tempo che fu traspariva dai suoi occhi.
'TRENT' ANNI orsono -mi confidò- un giovane economista della mia generazione, vissuto e cresciuto nell' Italia settentrionale, proveniente dalla Bocconi e dall' MIT, forse non avrebbe subito l'attrazione della Banca d'Italia se non fosse stato per Guido Carli. Egli aveva saputo rendere affascinante a molti di noi la politica monetaria. Quando arrivai a Roma, all' inizio degli anni Settanta mi resi prestissimo conto della capacità e della volontà di Carli di coinvolgere nella discussione e nell'impegno anche il più giovane degli adepti dell'Ufficio studi, di cui esaltava il senso di responsabilità e l'orgoglio di appartenenza. Certo anche lui costruiva su un ceppo che Einaudi e Menichella avevano saputo vigorosamente piantare, ma lo arricchì con l'aggiornamento delle ricerche economiche, con l'uso delle nuove tecnologie computerizzate, con l'apporto di studiosi americani e di altre università estere di alto prestigio. Via Nazionale divenne così un centro di unico di riferimento, di studio e di formazione di una élite. Ricordo in proposito una discussione con Paolo Savona che temeva si creasse una specie di congestione di competenze, 'un troppo pieno' , diceva. Ed io e altri che rispondevamo: 'No, se mai questo sarà il vivaio per altri trapianti' . 'Così fu. Quella generazione, formatasi in Banca d' Italia tra il '60 e il '70, conta, appunto, persone come Savona, lo stesso Fazio, Sarcinelli, Ciocca, Saccomanni, Masera, Micossi, Croff, Geronzi, Ignazio Visco, Lamanda e numerosi altri che prestano oggi la loro attività con alte responsabilità non solo nella casa madre ma nel mondo bancario e finanziario, negli organismi internazionali, ecc.' .
L' INTERVISTA passò poi a rievocare gli altissimi meriti, anche etici, di Paolo Baffi, 'un uomo che impose il rigore del metodo, il primato dell'analisi economica in qualunque situazione, fino all'impoliticità. A differenza di Carli che era ben consapevole dei limiti generali imposti dalla politica.' E' il caso -chiesi io a questo punto- dello scontro col governo sulla adesione allo Sme, cui Baffi era contrario? 'Penso che il suo fu, da un lato, un errore di pessimismo sulla capacità della politica italiana di adeguarsi a quel vincolo esterno e, dall'altro, una posizione di dottrina, contraria ai cambi fissi, tradizionale nei banchieri centrali perché la fine della libera fluttuazione rappresenta un irrigidimento nel quale si sentono stretti, obbligati ad onorare impegni in condizioni che non dipendono più da loro. Del resto questo dibattito ha pervaso tutti gli anni trascorsi in Banca d'Italia, da allora ad oggi' . E Ciampi? 'Ciampi, capo del servizio studi negli anni di formazione dell' élite di cui parlavamo, è stato il governatore che ha saputo conciliare la libertà del dibattito interno con una difesa fortissima dell' istituzione e del suo ruolo. E' stato inoltre, assieme al francese De La Rosière e all' inglese Leigh-Pemberton, l' unico governatore a cogliere l'importanza politica decisiva dell'Unione monetaria.
Quando questa muoveva i primi passi mi sollecitò a coltivare i rapporti che mi ero creato nel mio lavoro presso la Comunità europea con Delors, Giscard, Schmidt ed altri. 'Li curi molto, sono importantissimi per noi italiani' , mi disse ripetutamente. Del resto, anche sul piano internazionale è riuscito a dimostrare che si può essere un ottimo banchiere centrale e un europeista convinto' .
NON si può dire lo stesso di Fazio, aggiunsi io a quel punto. 'E' vero - rispose Padoa Schioppa - che Fazio non ha vissuto la vicenda europea con partecipazione diretta ma egli è anche il governatore che, portando l'inflazione al 2%, ha fatto tutto ciò che doveva per permettere che l'Italia partecipi all'Unione monetaria' . Altro non ha voluto dire, ma la nostalgia per la via Nazionale del tempo che fu traspariva dai suoi occhi.