Banca Roma, Cesare regna da solo

Il Messaggero

Si scioglie dopo 8 anni un’accoppiata vincente nel mondo della finanza: ha dato vita al secondo gruppo bancario italiano. Dopo l’abbandono di Capaldo, Geronzi al comando con due proconsoli

Roma – Anche ieri Pellegrino Capaldo ha dovuto impiegare più tempo del previsto a spiegare che lascia per l’Università, per il suo lavoro di consulente e per il volontariato. E ha dovuto aggiungere la sua «ferma decisione» a non accettare altri incarichi, nonché la sua parola che, a tal fine, non ha alcuna trattativa in piedi. Altrettanto convinto, ma sperando invece che il professore torni presto in un ruolo di grande rilievo, è stato il commento del presidente dell’Associazione bancaria, Tancredi Bianchi, il quale ha fatto notare che il sistema Italia non può perdere un uomo come Capaldo. Domani l’accoppiata Capaldo-Geronzi (in ordine strettamente alfabetico, come è stata usata in questi anni) si scioglie.  All’inizio della settimana sono stati insieme da Antonio Fazio, governatore della Banca d’Italia, per annunciargli la decisione, che era stata rinviata di qualche giorno per ricevere martedì in banca, in via del Corso a Roma, Lamberto Dini e parlare di volontariato. Insieme, come si sono mossi nei tanti momenti caldi che hanno accompagnato le vicende, non solo creditizie, di questi anni. Le assemblee di domani insedieranno dunque Cesare Geronzi alla rpesidenza, Antonio Nottola alla direzione generale ed Emanuele Emmanuele alla presidenza della Fondazione bancaria. La scelta del neo-presidente sono entrambe nel segno della continuità: Nottola, dalla fusione con il Banco di Roma in poi è stato il suo braccio destro. Emmanuele, sulla cui nomina c’è naturalmente il consenso delle autorità monetarie, professore di Scienza della Finanza alla Luiss, è dall’82 vicepresidente della Cassa, dal ’90 vicepresidente della Fondazione. È stato anche alla guida dell’Isvap.
Coppie e potere. Dopo Agnelli-Romiti, quella dei due banchieri era la seconda «formazione» economica italiana, preferibilmente doppiopetto grigi o blu Geronzi, quasi sempre monopetto grigio chiaro Capaldo. «la loro forza», dice un banchiere milanese che vuole restare anonimo pur essendo amico di entrambi, «è stata proprio quella di “colpire”uniti. Credo che nessuno dei due abbia mai preso decisioni senza il consenso dell’altro, sia quelle strategiche che riguardavano il presidente, sia quelle nella sfera delle competenze operative dell’amministratore delegato e direttore generale. L’alto livello tecnico, l’esperienza gestionale di Geronzi in Banca d’Italia, Banco di Napoli e cassa di risparmio e la capacità di Capaldo di disegnare scenari e strumenti del mercato finanziario, hanno costituito un «pacchetto di mischia» che ha saputo sfruttare a vantaggio del disegno della grande banca anche la politica». La coppia diventa tale nell’87, quando Geronzi, che è stato inviato dalla Banca d’Italia già nell’82 alla Cassa di Risparmio per risanarla, si rende conto che la pulitura dei conti non basta a dare un futuro alla banca, che non ha nemmeno un radicamento regionale. Ha già litigato con il presidente Remo Cacciafesta, sa che è necessario crescere per essere competitivi. Arriva Capaldo, indicato dalla Banca d’Italia e ben visto da Ciriaco de Mita, allora segretario di una democrazia Cristiana che sembrava ancora inossidabile. Meno di un anno dopo il primo colpo: l’Iri mette in vendita il Santo Spirito. Bankitalia e Amato, ministro del Tesoro dicono sì. Capaldo e Prodi, che sta per chiudere i suoi «sette anni di Vietnam» all’Iri, firmano nella primavera dell’89. l’opposizione dei socialisti del Santo Spirito non trova udienza in via del Corso, da Craxi. È la prima fusione bancaria, e la prima operazione che applica i benefici fiscali della legge Amato. Nel novembre del ’90 il secondo colpo della coppia: il Banco di Roma, a cui non sono bastati per rimettersi in sesto il pacco di miliardi che l’Iri ha girato all’istituto dopo averli riscossi dalla stessa Cassa in cambio del Santo Spirito. Da febbraio ad agosto del ’92 va in onda la grande fusione. Federico Fellini ha già allestito lo spot interpretato da Paolo Villaggio che celebra l’evento. La Bna, ex gioiello del Conte Auletta, cade all’inizio del ’95.
L’asse Roma-Milano. È Mediobanca a emettere obbligazioni per 600 miliardi per l’operazione Santo Spirito. È l’inizio di una collaborazione che è diventata un vero e proprio asse finanziario. Nel frattempo, la Banca di Roma si è occupata di rimettere in carreggiata l’ex carrozzone Federconsorzi, è entrata in operazioni con l’Omnitel di Carlo De Benedetti, secondo gestore dei telefonini, segue da vicino la vicenda Fininvest- Mediaset, con Mediobanca ha fatto alcuni mesi fa la proposta di «acquisto a fermo» della Stet (è probabilmente tale idea ad aver ingenerato le voci su Capaldo all’Iri). La ristrutturazione Bna è a buon punto, il pareggio dovrebbe essere raggiunto a fine anno, e il presidente Paolo Accoranti viene confermato anche come vicedirettore generale della banca madre. Le operazioni cui Geronzi sta lavorando adesso si conosceranno più in là. Quella a cui Capaldo tiene di più è ancora poco conosciuta e partirà a breve: è un prestito che si chiama «Solidarietà e lavoro», primo esempio italiano di quello che il professore di Atripalda chiama volontariato d’impresa. In pratica, la Banca raccoglierà con i suoi sportelli risorse a basso tasso d’interesse che metterà a disposizione, con finanziamenti agevolati e assistenza tecnica, delle imprese non profit. Saranno cento miliardi divisi in più tranche, che faranno fare un autentico salto di qualità al volontariato.