Capaldo: «Vado via ma rifarei tutto»

Il Messaggero

Per la Banca di Roma un secondo semestre migliore del primo, dice Geronzi

Roma – In una stagione in cui i pentimenti vanno di moda - celebre in tema di banche quello del padre delle Fondazioni, Giuliano Amato- c’è chi decide di lasciare senza rinnegare nulla. Pellegrino Capaldo mette un punto alla sua esperienza nella Banca di Roma soddisfatto del mega progetto di fusione che ha portato la piccola Cassa di risparmio a diventare il secondo gruppo bancario italiano. Non rimpiange il momento in cui otto anni fa accettò di cambiare mestiere per diventarne presidente, e ora, convinto che un ciclo si sia concluso, senza patemi ritornerà a dedicare tempo pieno al suo prestigioso studio di consulenza aziendale all’università. Niente strappi, niente ragioni segrete. Questo ha voluto dire ieri Pellegrino caldo nella conferenza stampa con cui ha salutato i giornalisti.
Presidente non lo era già più. In mattinata, all’assemblea dell’Ente cassa di risparmio che controlla il 65% della holding cui fa capo il 65% per cento della banca, aveva già dato le dimissioni. Al suo fianco c’erano Cesare Geronzi, che lo sostituisce alla presidenza della spa e della holding, e Antonio Nottola, che diventa il numero due nella banca e nella controllante.
Certo mettere insieme tre banche, con tre direzioni generali a Roma, non è stato facile, e il «processo di razionalizzazione da un punto di vista strutturale procede con una certa lentezza che dipende soprattutto da fattori esterni», ha detto Capaldo.
«Ma i fatti hanno dimostrato l’assoluta validità dell’operazione. La rifarei assolutamente». La Cassa di risparmio era una banca provinciale, presente nel Lazio solo in tre province su cinque. Il Banco di Roma aveva un grande prestigio all’estero, e una buona articolazione di sportelli, ma gli mancava il radicamento territoriale. Il Santo Spirito era una via di mezzo tra i due. Tre debolezze sono diventate una forza «con una banca equilibrata su tutti i fronti».
E l’acquisto della Banca dell’Agricoltura? «Se non fosse stata in vendita non saremmo andati a cercarla - ha risposto Capaldo – ma siamo soddisfatti». Niente fusione in questo caso. «Faremo in modo che si rafforzi sempre di più nel settore agricolo, che diventi la banca al servizio degli agricoltori». Problemi di esuberi all’interno del gruppo ci sono. Ma – ha detto Capaldo - è una realtà generalizzata e la soluzione non può che essere di sistema.
«Si possono studiare tante forme, le banche non hanno mai fatto drastici licenziamenti, e probabilmente continueranno a non farne».
La fine di un ciclo per Capaldo («ho fatto il presidente della banca come una parentesi nella mia vita professionale») e una nuova stagione per la Banca di Roma. Ieri l’assemblea dell’Ente ha recepito la direttiva Dini che impone alle Fondazioni di diversificare i loro investimenti cedendo quote della banca ad altri soci o sul mercato. «La logica economica porterà l’ente a diversificare l’investimento e questo significherà perderà il controllo. Ma è ancora tutto da fare, e saranno altri a farlo». Questa partita passa nelle mani di Geronzi che proprio ieri è stato insediato presidente dal consiglio di amministrazione.
Ora il timone è nelle sue mani, in un «avvicendamento nel segno della continuità» nella banca come nell’ente, dove alla presidenza è stato nominato l’attuale vice Emmanuele Emanuele. Lo hanno detto chiaro il vecchio e il nuovo presidente. «Capaldo ha insegnato a tutti, con il suo metodo, comportamento e intuizione di cui ora cominciamo a godere i frutti», ha detto Geronzi, annunciando che «il secondo semestre andrà meglio del primo». I primi sei mesi si sono chiusi con 53 miliardi di utile. Su Mediaset non si sbilancia («l’istruttoria dell’Imi è ancora in corso, decideremo quando avremo i numeri») mentre conferma la disponibilità al prestito pool con gli altri istituti per aiutare il Banco di Napoli.
È finita, la sala della conferenza si svuota. «Ora avrò più tempo. Ho da parte trentadue libri  da leggere» aveva detto Capaldo, ma tutti si domandano per quanto tempo davvero resterà fuori dagli incarichi (pochi) che contano nell’economia.