Bancaroma, così la privatizzazione

Il Messaggero

E Geronzi promette ai nuovi soci una redditività dell’8% nel ‘99

Roma – Si tirano le fila della grande operazione di ricapitalizzazione della Banca di Roma che passa attraverso l’ingresso di soci privati e il disimpegno dell’Iri che metterà le proprie azioni al servizio di un prestito obbligazionario convertibile. Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione della banca (preceduto da quello dell’istituto di Via Veneto) che delibererà l’aumento di capitale per circa 3 mila miliardi. La cifra esatta dipenderà dal prezzo di vendita della azioni che sarà fissato a novembre, quando i titoli passeranno di mano. La Banca Agricola Mantovana (Bam) e la Toro assicurazioni dovrebbero rilevare quote tra il 6 e l’8 per cento ciascuno, e l’Eds, il colosso informatico di Dallas, qualcosa tra il 2 e il 3%. Questi tre soci privati costituiranno insieme alla Fondazione, che scenderà al 32%, il nuovo nucleo di azionisti stabili della banca presieduta da Cesare Geronzi. E il loro ruolo sarà garantito dal patto di sindacato che legherà i quattro soci di maggioranza.
Ci sarà poi un’Opv riservata agli investitori istituzionali. Comit e Credit potrebbero impegnarsi a rilevare quote tra l’1,5 e l’1,99 ciascuna. La trattativa è aperta e ieri l’amministratore delegato del Credit, Alessandro Profumo, non ha voluto parlare di numeri in attesa del cda della sua banca che si terrà il 17 di questo mese. Ha però precisato che si tratterà «di un intervento finanziario di dimensioni ridotte» e che aspetta di valutare il piano industriale che la Banca di Roma presenterà oggi. Mediobanca e Schroeders, consulenti per l’operazione, hanno contatti in corso anche con banche arabe e diversi fondi pensione stranieri. La quota residua, intorno ai 900 miliardi, sarà riservata ai piccoli risparmiatori e ai clienti della banca.
I 3 mila miliardi andranno a reintegrare il patrimonio della banca, decurtato dai crediti in sofferenza che pesano in bilancio. Sotto questo profilo i dati della semestrale che vengono approvati oggi dal cda aiuteranno a chiarire il quadro. Attesissimo è anche il piano industriale per il quadriennio ’97-2000. Secondo fonti accreditate, tra taglio dei costi e incremento dei ricavi (soprattutto sul fronte dei nuovi servizi e bancassurance) Cesare Geronzi prometterà ai nuovi azionisti un rendimento del capitale (Roe) dell’8% nel ’99, e del 10% nel 2000, a fronte dell’attuale redditività prossima allo zero. Strategica è la trattativa con i sindacati che si è conclusa per ora con un taglio del costo del lavoro del 5% per quest’anno, e con un accordo di rimandare il nodo degli esuberi a quando sarà costituito il fondo nazionale di sostegno al reddito per i bancari, su cui sindacati e Abi riapriranno ad ottobre il confronto.
Attraverso l’emissione di obbligazioni convertibili l’Iri incasserà tra i 1.600 e i 1.800 miliardi (anche questo prezzo verrà definito a novembre). A dimostrazione del suo disimpegno, per lanciare ai soci privati il messaggio politico che in questa fase di limbo (fino alla conversione in azioni) svolgerà solo il ruolo di “azionista finanziario”, l’Iri ritirerà i suoi rappresentanti dal consiglio di amministrazione della banca.
Dalla riunione di oggi Banca di Roma (alla vigilia Cesare Geronzi è tornato a Palazzo Chigi per illustrare a Prodi il piano di privatizzazione) uscirà anche la data dell’assemblea straordinaria per il varo definitivo dell’operazione. Per legge non potrà tenersi prima della fine di ottobre. Entro questo mese ci sarà anche l’assemblea dei soci della fondazione. Novembre per la Banca di Roma sarà il mese della svolta.