Banca Roma, spuntano i libici
Corriere della Sera
L'interesse del banchiere Saudi. Malumori nella fondazione e Bam rinvia la decisione
ROMA - E ora nell'operazione Banca di Roma spunta anche un investitore libico. Il nome di Abdulla Saudi, il banchiere gia' protagonista nel '76 dell'ingresso della Lafico nel capitale della Fiat, e' entrato infatti nella lista dei potenziali azionisti della banca. Non si tratta, a quel che sembra, dell'esiguo elenco dei candidati al ruolo di socio stabile ma di quello, ben piu' numeroso, degli investitori istituzionali ai quali sara' destinata una parte dell'aumento di capitale che sara' deliberato dall'assemblea straordinaria convocata per il 27 ottobre prossimo. In vista di quella data l'advisor, Mediobanca, sta studiando i dettagli dell'operazione nonche' sta raccogliendo manifestazioni di interesse e conducendo trattative per assicurare la completa sottoscrizione dell'aumento di capitale, che dovrebbe aggirarsi sui 3 mila miliardi. I soldi arabi potrebbero dunque affluire nelle casse della banca - scosse dalle perdite record del primo semestre '97, oltre 2.800 miliardi - assieme a quelli degli altri investitori e dei cosiddetti soci stabili. Ad aver finora confermato la partecipazione al nucleo piu' ristretto degli azionisti di riferimento, che potranno contare sulla sigla di un patto di sindacato con l'azionista piu' forte, cioe' la fondazione - ente Cassa di Roma, sono la Toro (che investira' 700 miliardi e sottoscrivera' quindi il 7-8% del capitale), l'Eds, che deve peraltro ancora formalizzare l'impegno di 150 milioni di dollari. E mentre si attende di conoscere il nome dell'altro "importante" futuro azionista stabile, indicato in possibile arrivo dal presidente della Banca di Roma, Cesare Geronzi, e' stato confermato l'impegno di Comit e Credit nella schiera degli investitori istituzionali. Intanto, pero', serpeggia il malumore tra i soci della fondazione presieduta da Emanuele Emmanuele, che dopo l'aumento di capitale scendera' dall'attuale 51% a circa il 32% e coabitera' nella gestione con gli altri azionisti stabili. "Un malumore diffuso", afferma uno dei 120 soci dell'ente Rinaldo Chidichimo, che lamenta la mancanza di informazioni, oltre che di coinvolgimento dell'ente (l'assemblea dell'ente cassa di risparmio si riunira' domani 24 per valutare le decisioni prese dal consiglio di amministrazione della banca) nell'operazione che ribaltera' l'assetto azionario della banca e ridurra' in maniera consistente ("circa 1.600 miliardi"), il valore della quota in mano alla fondazione. Difficile prevedere se le tensioni alla fine scoppieranno in assemblea: la maggior parte del "gruppo dei gentiluomini", come si autodefiniscono i 120 soci della banca, sembra infatti piu' sollevata per il fatto di avere a disposizione un progetto in grado di risolvere i problemi patrimoniali della banca, che afflitta per l'inevitabile perdita di ruolo e di patrimonio della fondazione. Patrimonio, peraltro, che non appartiene ai soci che rappresentano il mondo dell'impresa, dell'alta burocrazia, delle libere professioni nonche' dell'aristocrazia della capitale e che sono stati, via via, cooptati dagli altri. E che, in sostanza, hanno trasferito nella holding i poteri di vigilanza sulla banca. Tra i piu' accesi oppositori del progetto presentato da Geronzi con l'assenso del ministro del Tesoro e del governatore della Banca d'Italia, e' proprio il rappresentante della nobilta' romana nel consiglio, il principe Sforza (Lillio) Ruspoli che l'11 settembre scorso ha inviato a tutti gli altri soci una lettera per indicare i motivi del malumore e anche le sue proposte. In pratica, dopo aver chiesto la sostituzione in blocco dell'intero management, il principe banchiere - gia' sostenitore di Alleanza nazionale ma che presentera' alle elezioni comunali una sua lista - chiede la convocazione di un'assemblea straordinara che rimetta in campo la decisione sulla diminuzione della partecipazione dell'ente nella banca e soprattutto, visto che l'ente non ha i soldi per partecipare a un aumento di capitale, quella sulla scelta se seguire o meno la strada presa dall'Iri, attuale azionista di minoranza dell'istituto romano: cioe' di uscire totalmente dalla banca, vendendo in blocco l'intera quota.