Banca di Roma al servizio delle imprese per portarle in Europa

Il Tempo

Pubblichiamo i punti salienti dell’intervento che il presidente della Banca di Roma, Cesare Geronzi, ha svolto al convegno “Come prepararsi all’euro: una guida per le imprese”, che si è tenuto ieri a Roma

L’avvicinamento alla scadenza della moneta unica europea avviene oggi in un quadro di minori incertezze sia sui tempi e le modalità di avvio del progetto, sia sul novero dei potenziali partecipanti, fra cui a buon titolo quasi tutti pongono ormai l’Italia. Questa circostanza lascia sullo sfondo le grandi questioni macroeconomiche e riporta in primo piano quelle concrete esigenze di conoscenza degli aspetti istituzionali, economici e finanziari dell’unione Monetaria che sono destinati ad incidere sulle gestioni aziendali.
È ovvio che in una prospettiva Euro gli ormai noti problemi strutturali del nostro sistema creditizio si stagliano con evidenza anche maggiore: la troppo modesta dimensione dei principali istituti, la qualità del mix di servizi, la scarsa flessibilità del fattore lavoro, l’insufficiente redditività. Questa consapevolezza ha orientato, cedo con sufficiente anticipo, le strategie della Banca di Roma: prima con l’operazione di concentrazione, poi, più di recente, con l’elaborazione di un “Piano industriale”. Infine, a tutela degli obiettivi di generale recupero di efficienza e di redditività che ci proponiamo, abbiamo posto nuovi assetti di “corporate governante”. Se l’operazione di privatizzazione e di ampliamento del capitale sociale che abbiamo in corso andrà, com’è negli auspici, a buon fine conseguiremo sia un più stretto vaglio del mercato sulla qualità della gestione, sia convenienti intese operative di integrazione, ad ampio raggio, con altri intermediari.
La Banca di Roma si è mossa con particolare tempestività articolando il proprio “progetto Euro” in opportune “fasi”: esaurita la pria fase di analisi e di “fattibilità”, stiamo ormai affrontando le fasi della “progettazione” e della concreta “realizzazione” degli interventi. Basterà solo qualche dato per configurare al dimensione dell’impegno intrapreso: il Gruppo di Progetto Emu, presso la Banca di Roma, ha coordinato nella prima fase 40 sottogruppi di lavoro ripartiti in 7 aree funzionali con il compito di individuare ed attuare gli specifici interventi organizzativi, informatici, di comunicazione ecc.; altrettanti gruppi sono attivi nelle principali Società partecipate. Le prima stime hanno consentito di individuare circa 240 “interventi” (cioè modifiche della struttura organizzativa a cui il nostro Progetto attribuisce carattere unitario e rilievo consistente) necessari per la Banca di Roma, 180 “interventi” per la Bna e 190 per le altre Società del Gruppo. L’impegno delle sole strutture informatiche coinvolte è stimato in circa 200 anni/uomo per la banca e altri 200 nel Gruppo. La maggioranza degli interventi è necessariamente rivolta alla trasformazione dell’attuale “macchina operativa”, dalla gestione in lire alla doppia gestione lire/euro; una trasformazione imposta alle banche dalle modalità decise per al fase di transizione 1999-2001.
La transizione verso l’Euro non può e non deve restare solo un problema organizzativo ma bisogna coglierne la valenza strategica. È questo un messaggio che sentirei di rivolgere, in particolare, alle piccole e medie imprese del nostro Centro/Sud. Quelle imprese che costituiscono, sia detto per inciso, uno fra i segmenti più promettenti della clientela del gruppo Banca di Roma.
La tesi prevalente è oggi che l’approfondimento del processo di integrazione europea collegato all’Unione economica e Monetaria comporta, almeno nel breve-medio termine, rilevanti rischi per le aree europee più deboli e quindi, ance per il nostro mezzogiorno. Sono tesi che prefigurano l’azione di forza “centrifughe”: un’accelerazione delle aree a più elevata produttività, l’accentuazione delle economie di scala e di specializzazione fino alla localizzazione di attività che penalizza la crescita delle aree più arretrate. L’esperienza storica a livello internazionale dimostra, tuttavia, che il progredire dell’integrazione dei sistemi economici non si risolve necessariamente a sfavore delle aree più deboli. L’integrazione può generare e diffondere sviluppo e successi delle economie asiatiche – nonostante i problemi di questi mesi – ne sono una prova. I costi che le aree deboli affrontano tendono a precedere i benefici e sono in larga misura “automatici” e inevitabili perché l’integrazione tende immediatamente a colpire le imprese e i settori che, spesso a causa dei trasferimenti pubblici, sono stati protetti dalla concorrenza e resi meno efficienti. Tuttavia, il livello dei costi che possono gravare sulle regioni più arretrate e, soprattutto, i potenziali benefici ad esse destinati, dipendono in larga misura da “comportamenti attivi”: dalle politiche economiche di accompagnamento alla integrazione e – consentitemi di aggiungere – dalle “micro decisioni” che le singole imprese assumeranno in relazione alle proprie strategie.
Le nostre imprese centro-meridionali, ancora prevalentemente dipendenti dal mercato interno o locale, potranno e dovranno cogliere queste opportunità per tentare il salto qualitativo che le avvicini alle realtà oggi più dinamiche operanti nelle aree “export oriented” del nostro Paese.
A fondamento di questa possibile trasformazione vi è, in sostanza, l’idea base che il “mutamento deve e può tradursi in opportunità”, che l’approfondimento dell’integrazione europea, rimettendo in discussione posizioni ed equilibri consolidati, offrirà a chi parte da situazioni di ritardo l’occasione di forti aumenti di competitività e di crescita.
La Banca di Roma, avendo già accumulato una significativa esperienza dell’analisi del fenomeno Euro e nell’organizzazione del processo di transizione, ha in avanzata fase di progettazione un servizio di consulenza e assistenza specifica alle imprese. Il progetto ha individuato quali primi destinatari del servizio le medie e medio-piccole imprese clienti che intrattengono rapporti con l’estero e che, in una ridefinizione dei propri obiettivi strategici, ritengono di dover perseguire una maggiore apertura ai mercati esteri. In linea di larga massima, nell’ambito dell’attuale clientela del nostro Gruppo le imprese potenzialmente interessate all’iniziativa potrebbero essere circa 50 mila.
In relazione all’ampia varietà di imprese clienti e in relazione alle molteplici esigenze da coprire, si stanno ipotizzando modalità di offerta del servizio articolate in moduli e livelli distintivi. Il servizio potrà estendersi da una forma generica “assistenza” su temi specifici, effettuata dalla normale rete commerciale della Banca, fino a vere e proprie consulenze erogate con l’apporto di esperti organizzativo-informatici da affiancare, per più giorni o settimane, alle strutture dell’azienda cliente. La cosiddetta informativa di base – la “panoramica” del fenomeno Euro, gli impatti generali sulle imprese (contabilità, marketing, personale, legale, ecc.), nonché l’articolazione dei servizi della Banca collegati all’Euro – verrà resa disponibile, oltreché nella tradizionale documentazione cartacea anche attraverso Internet o gli altri canali dei “remote banking” destinati alle imprese. Un semplice collegamento telematico attraverso tali reti consentirà al cliente di individuare e richiedere informazioni e servizi di consulenza a livelli diversi di estensione: dalla sommaria indicazione delle fasi organizzative da affrontare, allo scambio “interattivo” di informazioni, quesiti e risposte dalla Banca, fino alla soluzione personalizzata dell’intero adeguamento organizzativo all’Euro o di singoli problemi connessi (legali, contabili, finanziari eccetera). Sulle stesse reti telematiche sarà organizzato e coordinato dalla anca lo scambio di informazioni ed esperienza fra imprese clienti omogenee con il fine di valorizzare un patrimonio di conoscenze e massimizzare le economie i scala nella risoluzione dei problemi.
Si tratta, com’è intuibile, di un’iniziativa molto ambiziosa che comporta significativi costi di progettazione, di formazione del personale e di gestione, ma che riteniamo possa avere positivi ritorni sia in termini di consolidamento di quei legami preferenziali tra impresa minore e banca di riferimento, che costituisce oggi la naturale evoluzione del tradizionale rapporto “banca-impresa”, sia in termini più strettamente commerciali.
Non saranno solo il mezzogiorno e l’Italia, le imprese e le banche italiane a dover cogliere le opportunità e le sfide della Moneta Unica. È ormai l’interra economia dell’Europa continentale a dover recuperare capacità competitiva, a dover riattivare l’innovazione e i processi di investimento, a dover recuperare prontezza e flessibilità di risposta ad una domanda internazionale in rapida evoluzione quantitativa e qualitativa; a dover trovare le modalità per accrescere l’utilizzo delle risorse, soprattutto del fattore lavoro. Le risposte che l’Europa saprà are, i tempi o i ritardi con cui verranno fornite, orienteranno le scelte degli operatori e condizioneranno pesantemente le nostre prospettive future. La nascita del “più vasto mercato finanziario interno del mondo”, quale quello che l’Euro contribuirà a creare, non costituirà certo la “soluzione” ai problemi strutturali del nostro Continente. Costituirà, probabilmente, solo un’opportunità, ma un’opportunità storica e irripetibile.