Banca di Roma ai privati, Geronzi accelera
Il Messaggero
Un’assemblea calda per il problema egli esuberi approva il bilancio ’96: utile di 103 miliardi ma niente dividendo. La Fondazione scenderà sotto il 51%. E il presidente si riduce lo stipendio del 20%
ROMA – La Fondazione scenderà a regime sotto il 51% nel controllo della Banca di Roma. Il bilancio ’96 del gruppo si chiude con un utile di 103,1 miliardi (88,2 nel ’95) ma per il terzo anno consecutivo non saranno distribuiti dividendi agli azionisti. Il presidente della holding, Cesare Geronzi, si autoridurrà del 20% il proprio emolumento, quale gesto simbolico di chi chiede ai dipendenti la riduzione del 15% del costo del lavoro nei prossimi tre anni per fronteggiare un momento difficile. La ristrutturazione del gruppo, infine, è la strada obbligata per portare sul mercato una banca risanata e restituita alla piena efficienza.
In un’assemblea resa calda dai malumori di alcuni piccoli soci e dell’intervento di rappresentanze sindacali, Geronzi ha indicato le strategie e la rotta che i vertici hanno disegnato per il gruppo: “La privatizzazione – ha subito chiarito – noi la vogliamo, e prima la facciamo, prima il nostro futuro sarà stabile”. L’ideale struttura societaria – ha aggiunto – potrebbe essere con un socio assicurativo, una banca estera e soci privati italiani. “In tale contesto sarà facilitata la soluzione del problema della partecipazione dell’Iri”, che detiene il 13,89% della banca e il 35% della cassa di Risparmio di Roma holding. Ma per centrare l’obiettivo della privatizzazione occorre produrre redito da distribuire e diventare investimento appetibile. La via, ha indicato Geronzi rispondendo alle proteste di alcuni azionisti rimasti “a bocca asciutta” per il terzo anno di seguito (l’utile è stato messo in riserva), è quella indicata da Fazio: ridurre il costo del lavoro, dal momento che difficilmente nel prossimo futuro i ricavi potranno aumentare, e dal momento che il contratto dei bancari implica per gli automatismi di carriera una crescita annua dei salari pari al 4%. Ecco perché ha
razione in discussione in questi giorni è il nodo più urgente da sciogliere. Come noto il gruppo è alle prese con la necessità di smaltire 4.260 esuberi in tre anni; i vertici bancari avrebbero elaborato un’uscita delle eccedenze soft, alla quale dovrebbe però concorrere una riduzione del costo del lavoro a regine del 15%, ottenuta con la sospensione di alcuni istituti contrattuali (quali premi e benefit). Ma proprio il problema delle relazioni sindacali, aggiunto alle difficoltà di alcuni settori, ha spinto il presidente a invitare i sindacati a uno sforzo comune: “Dobbiamo governare insieme la situazione, pena l’espulsione del gruppo dall’attività dei servizi”.
E per quanto riguarda il delicato capitolo conti, ieri l’assemblea dei soci ha approvato il bilancio ’96. Ha votato contro l’Anpad, l’associazione nazionale dei piccoli azionisti, che denunciando in una nota l’aumento del 12% di sofferenze e crediti incagliati e i 400 miliardi di debiti accumulati alle partecipate, ha chiesto le dimissioni del cda. Nel corso dell’assemblea tuttavia Geronzi ha sottolineato come la ristrutturazione delle partecipazioni sia in corso, e ha annunciato l’intenzione del gruppo di cedere la Bank generale du commerce (“una banca vendibile che è bene che stia sul mercato”) e di uscire dal fondiario. Ai soci che hanno lamentato problemi di redditività (dal bilancio emergono una perdita della gestione ordinaria per oltre 107 miliardi ed un saldo attivo delle componenti straordinarie per 282 miliardi), Geronzi ha risposto: “I risultati del bilancio devono tranquillizzare. La banca ha un margine di interesse che altre banche non hanno”. Quanto alle sofferenze (sono salite a 7.562 miliardi, mentre i crediti incagliati sono cresciuti a 3.913 miliardi, per un totale di 1.270 miliardi, superiore al patrimonio che ammonta a 10.603,9 miliardi), il presidente ha richiamato alle difficoltà dell’area in cui la banca prevalentemente opera e ha fatto notare come la Bnaca di Roma sia in una situazione “abissalmente diversa” da quella del banco di Napoli. Infine una aggiornamento dei conti al marzo ’97 la raccolta in lire delle filiali italiane indica un tasso di crescita annuo del 6,7%, mentre gli impieghi, meno sostenuti, sono cresciuti al tasso annuo del 2%.