Prodi mette a segno un altro colpo
La Repubblica
Prodi ha messo a segno un altro colpo. Il 51 per cento del Banco di Santo Spirito è stato ceduto alla Cassa di Risparmio di Roma, in vista della successiva fusione tra i due istituti
Prodi ha messo a segno un altro colpo. Il 51 per cento del Banco di Santo Spirito è stato ceduto alla Cassa di Risparmio di Roma, in vista della successiva fusione tra i due istituti. E' stato pagato un acconto di 765 miliardi di lire. Il prezzo definitivo verrà stabilito nei prossimi mesi da una società internazionale di certificazione che verrà designata dall'Iri. E' prevista la salvaguardia dell'occupazione. Questi i termini del colpo messo a segno dal professore. La Cassa di Risparmio di Roma compra 306 milioni di azioni al prezzo di 2500 lire l'una ed è stato stabilito un premio di maggioranza del 10,5 per cento sulla valutazione successiva che verrà fatta dalla società internazionale. L'operazione, la prima nel settore ed estremamente importante per il sistema bancario italiano, ha ottenuto ieri il via libera del consiglio di amministrazione dell'istituto di Via Veneto. Dieci consiglieri su dodici presenti hanno votato a favore, due i contrari: il repubblicano Pietro Armani, componente il comitato di presidenza, e Giuseppe Ammassari, rappresentante del ministero dell'Industria. Soltanto negli ultimi giorni e a poche ore dall'approvazione del consiglio Iri la fusione ha trovato alcune opposizioni. Oltre ai due consiglieri c'è stata quella dell'attuale amministratore delegato del Santo Spirito Elio Tartaglia. Il dirigente ha tentato in extremis di bloccare l'operazione con Ciampi. Ma il Governatore della Banca d'Italia, da mesi convinto della grande necessità di questa operazione, ha decisamente respinto obiezioni e opposizioni. Sono state sufficienti poco più di due ore per approvare una operazione-pilota per l'intero settore bancario che permette la nascita di un colosso bancario con una raccolta di 40 mila miliardi di lire e con impieghi per circa 20 mila miliardi. E' il primo significativo passo per eliminare l'eccessiva polverizzazione dell'offerta di credito esistente nel nostro paese. Da tempo francesi, inglesi e soprattutto tedeschi hanno avviato vere e proprie fusioni tra diversi istituti bancari. Anche per questo l'operazione Cassa di Risparmio di Roma-Banco di Santo Spirito è stata voluta fermamente dal Governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi e dal ministro del Tesoro Giuliano Amato. Il disco verde di Amato è venuto dopo le sue obiezioni ad una operazione che voleva la vendita soltanto di una quota del 33 per cento del Banco di Santo Spirito (così inzialmente fu pensata). Il matrimonio tra i due istituti è andato in porto ieri dopo dieci mesi di intense trattative fra Romano Prodi da un lato e Pellegrino Capaldo e Cesare Geronzi dall'altro, rispettivamente presidente e direttore generale della Cassa romana. Un iter iniziato nel maggio dello scorso anno quando questi tre protagonisti si misero intorno ad un tavolo per discutere i primi aspetti della futura fusione. Ad opporsi subito fu Tartaglia. Ma la sua posizione rimase subito abbastanza isolata. L'ipotesi di cessione del Santo Spirito venne esaminata per la prima volta formalmente dall'Iri in occasione di una riunione del consiglio di amministrazione dell'istituto di via Veneto nel luglio del 1988, due mesi dopo l' incontro tra Prodi, Capaldo e Geronzi. L'operazione, successivamente, venne limata (la quota da vendere passa dal 33 per cento al 51 per cento) e raccolse così i consensi politici e tecnici necessari. L'attuale stato di salute del Banco di Santo Spirito non è esaltante e nel raffronto con la Cassa di Risparmio è innegabilmente perdente. Basta confrontare la raccolta della clientela con i risultati economici per accorgersene. La Cassa di Roma gestisce una raccolta di 11558 miliardi, a fronte di una del Santo Spirito solo leggermente superiore, 11662 miliardi, ma ha in organico circa 1500 dipendenti in meno. I conti del Santo Spirito non brillano neppure dal lato degli impieghi alla clientela (5505 miliardi a fronte dei 5167 della Cassa di Roma) dal momento che l'utile lordo del S. Spirito è di 283 miliardi rispetto dei 523 della Cassa la quale quindi riesce a produrre un reddito molto più elevato. Dalla fusione risulterà un istituto di notevoli dimensioni che andrà a collocarsi fra le primissime banche italiane con oltre 400 sportelli, 40000 miliardi di mezzi amministrati e circa 10000 dipendenti. L'operazione ha suscitato i primi commenti. Per Bruno Corti, componente socialdemocratico del comitato di presidenza Iri, la fusione rientra nell'impostazione generale dell'istituto di dismettere ciò che non è indispensabile alle strategie complessive del gruppo e che può essere invece in grado di camminare per conto proprio. Da questa operazione l'Iri ricava liquidità per altre operazioni e al tempo stesso promuove la costituzione di un gruppo bancario più forte avviando quel processo di concentrazione che anche la Banca d'Italia, in vista del '92, va sollecitando ha sostenuto. Ed ha aggiunto: naturalmente trattandosi di azienda pubblica l'operazione va realizzata nella massima trasparenza sia per le valutazioni di merito, sia per gli aspetti tecnici ed organizzativi. Un importante banchiere - ha concluso Corti - ha detto che le banche italiane nei prossimi tre anni dovranno fare quello che le altre hanno già fatto in quaranta anni: mi pare dunque che non ci sia molto tempo da perdere.