Le confessioni di Geronzi ex “banchiere di sistema”

l'Unità

“Confiteor” è la storia di trent’anni di banche, politica e scontri di potere, tra successi e delusioni. Ora ci vorrebbe un libro anche di Giovanni Bazoli

A una certa età, quando si avvicinano gli ottant’anni e la maturità forse addirittura la saggezza sembrano finalmente conquistate, anche gli uomini di potere, dei poteri, possono cedere alla tentazione di raccontare la propria storia, che non è mai solo una storia personale perché l’esercizio del potere, condiviso od ostacolato, si spalma su uomini, imprese, giornali, istituzioni diventando un processo collettivo. Che il cedimento alla tentazione della testimonianza pubblica possa essere un segno di coraggio, magari di vendetta, oppure di debolezza dipende naturalmente dai punti di vista.

Arrivato a 77 anni Cesare Geronzi, già presidente di Capitalia, di Mediobanca e delle Assicurazioni Generali, si è confidato e confrontato con Massimo Mucchetti, giornalista del Corriere della Sera, esperto cronista dei marciapiedi della finanza, e ne è uscito il libro “Confiteor” (Feltrinelli, 362 pagine, 18 euro), una cavalcata lunga trent’anni nel sistema bancario e finanziario e nella politica italiana. La confessione di Geronzi è formidabile non perché condivisibile, ma perché ricostruisce direttamente fatti e trame di potere di questo Paese a cavallo tra la Prima e la Seconda Repubblica, con particolari inediti, segreti, dettagli. Geronzi conduce le danze con piacere, quasi volesse emanciparsi finalmente dal lungo silenzio.

LA STORIA E QUALCHE VENDETTA
Traspare dalla scelta delle sue parole al volontà precisa di criticare, colpire o blandire questo o quel personaggio, a volte è generoso altre è crudele, ritagliandosi un ruolo quasi istituzionale, da padre della patria, al di sopra delle parti come si conviene a un “banchiere di sistema”, di un sistema che però oggi non c’è più. Il “banchiere di sistema” è al servizio del Paese, degli interessi generali e dello sviluppo, non si occupa dei propri interessi anche se deve risolvere la grana della nomina del direttore del Corriere della Sera, magari in condivisione con l’altro “banchiere di sistema” Giovanni Bazoli di Intesa SanPaolo. I due banchieri riportano Ferruccio de Bortoli in Via Solferino per evitare che Della Valle e Montezemolo, i due presunti modernizzatori, mantengano Paolo Mieli – “Un’eclatante delusione” per Geronzi – o promuovano Carlo Rossella. A proposito di giornali Geronzi racconta anche di aver finanziato la Repubblica assieme al Banco di Napoli del leggendario Ferdinando Ventriglia, ma nel libro non abbiamo trovato riferimenti ai possibili legami tra il banchiere e il quotidiano romano di Carlo De Benedetti anche se ricordiamo, se la memoria non c’inganna, una lunga stagione di vicinanza.

Oggi il “sistema” è svanito perché non c’è più la Mediobanca di Enrico Cuccia, ma Geronzi pare voler far coincidere la fine di quest’epoca con il suo siluramento dai vertici della Assicurazioni Generali, poco più di un anno fa. Geronzi è convinto che il golpe sia stato organizzato  e condotto dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, vittima di “un’ambizione sfrenata”, che “all’inizio del 2011 confidava, illudendosi, di poter spiccare il volo anche senza la spinta di un premier ormai in debito di ossigeno. Temo abbia pensato di conquistarsi la simpatia dei sedicenti padroni delle Generali benedicendo l’attacco a un presidente che non era facile da condizionare”.

Sistemato Tremonti, “l’unico banchiere non comunista”, secondo la definizione di Silvio Berlusconi, non nega la sua lunga e assidua vicinanza con il proprietario della Fininvest e rivendica di aver respinto le pressioni di Berlusconi che gli chiedeva di nominare il suo consulente Bruno Ermolli nel consiglio di Mediobanca. Ma la pagina storicamente più gustosa del rapporto tra Geronzi e Berlusconi riguarda lo sforzo del banchiere affinchè la Mediobanca di Cuccia portasse in Borsa la holding Mediaset, unica strada, oltre alla discesa nel campo della politica, per salvare il gruppo dai debiti esorbitanti. Le richieste di Cuccia dovrebbero essere studiate anche oggi: “…per acquisire la fiducia dei mercati ed evitare tensioni con il  governo e le Autorità di regolazione, la nascente Mediaset avrebbe dovuto riformare la governance allo scopo di sterilizzare, al di là di ogni ragionevole dubbio, il conflitto di interessi che gravava sul capo di Berlusconi, azionista delle tv, nel 1994 premier e nel 1996 aspirante a Palazzo Chigi”. Berlusconi non accettà le condizioni di Cuccia. Toccò a Marina Berlusconi entrare anni dopo nel consiglio di Meriobanca, presidente Geronzi.

IL BANCHIERE E LA SINISTRA
Il “banchiere di sistema” che assicura di non essere massone, mantiene rapporti con tutti, corre anche dei rischi come nei casi di Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti, e guarda alla politica con interesse e curiosità, senza preclusioni. Visto che scriviamo su l’Unità dobbiamo occuparci del rapporto tra Geronzi e la sinistra e con Massimo D’Alema in particolare “la persona con la quale ho più parlato di politica in questi anni” dice l’ex banchiere. Il rapporto di Geronzi con D’Alema nasce “sul piano professionale tra il 1995 e il 1996 e poi si sviluppò sul piano istituzionale personale… divenuto segretario dei Ds, D’Alema si ritrovò un partito e un giornale, l’Unità, tutti e due appesantiti da un ingente indebitamente… A complicare il quadro contribuivano le frequenti modifiche delle norme sul finanziamento pubblico dei partiti e pure le disavventure de l’Unità l a principale delle quali fu la promozione delle vendite in edicola allegando al giornale film in videocassetta, un’idea del cinefilo Walter Veltroni”. La stima verso l’ex segretario dei Ds è tale che consiglia Berlusconi all’epoca della Bicamerale di fidarsi di D’Alema “perché una persona seria, ma Silvio ribaltò il tavolo”.

Guardando ai nostri giorni il banchiere ha parole di apprezzamento per Mario Draghi – “Merita la riconoscenza di tutti” – e mostra qualche perplessità verso Mario Monti che non inciderebbe “sugli apparati in cui si annida la massoneria”. Così parlò Geronzi, già “banchiere di sistema” che non si sente un uomo di potere: “La funzione ricoperta, tempo per tempo, dà agli altri la sensazione che io abbia gestito un grande potere”. Ora, dopo Geronzi-confidential, per chiudere il cerchio ci vorrebbe un libro-confessione di Giovanni Bazoli. Tra pochi giorni compie ottant’anni e da trenta fa il banchiere. E’ perfetto.