Cirio, il pm chiede 15 anni per Cragnotti
Corriere della Sera
Trentuno imputati per il crac da un miliardo e 125 milioni. La difesa: la Consob al corrente delle operazioni. «Otto anni per Geronzi, sei per Fiorani». L'ex patron del gruppo: tesi assurde
ROMA - Quindici anni di reclusione all'ex patron della Cirio, Sergio Cragnotti, per il crac da un miliardo e 125 milioni del gruppo agroalimentare. Otto anni per l’allora numero uno della Banca di Roma e attuale presidente delle Generali, Cesare Geronzi, sei per l'ex presidente della Banca Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani. Queste le principali richieste dell'accusa al tribunale che sta processando 31 imputati e una società fisica per bancarotta, dopo il fallimento del 2003 che ha fatto andare in default le obbligazioni emesse fra il 2000 e il 2002 coinvolgendo migliaia di risparmiatori. Fonti vicine a Geronzi hanno fatto sapere che il presidente del Leone ha piena fiducia nel collegio giudicante e che «tutte le volte che la sua condotta, nell'esercizio dell'attività di banchiere, è stata sottoposta al vaglio della magistratura, essa è risultata sempre corretta, con la conseguenza della dichiarazione di non colpevolezza». Cragnotti ha parlato di «richiesta assurda dei pm» e ha sollecitato gli avvocati a preparare per l'arringa una «risposta adeguata al fine di dimostrare che di tutte le operazioni erano a conoscenza, e furono approvate dagli organismi di controllo». Uno dei difensori, Lorenzo Contrada, ha definito la richiesta della Procura «folle e sproporzionata rispetto alle risultanze del dibattimento. A Cragnotti è stata contestata la tipologia delle operazioni eseguite, ma tutto è stato fatto alla luce del sole. Addirittura la Consob è stata sempre messa al corrente di tutte le operazioni e dei piani di rientro, bond compresi».
Il pm Gustavo De Marinis ha chiesto ai giudici di infliggere, in totale, 221 anni di carcere. E ha sollecitato, tra gli altri, la condanna della società «Dianthus», di alcuni funzionari della Banca di Roma e di numerosi collaboratori di Cragnotti e dei suoi familiari: 6 anni di reclusione per la moglie Flora Pizzichemi e il figlio Massimo, 8 anni per gli altri figli Andrea ed Elisabetta, 12 anni per il genero Filippo Fucile. Per il magistrato deve essere dichiarato il «non doversi procedere per prescrizione» nei confronti di Cragnotti e Geronzi per un episodio di truffa e, nei loro confronti, deve essere disposta l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni.
Nella requisitoria il magistrato ha sostenuto che l'ex patron della Cirio «è stato il motore di tutte le operazioni ma anche un personaggio dal carattere accentratore, sempre al centro delle decisioni che hanno coinvolto il gruppo». Per l'accusa, inoltre, la Banca di Roma «era l'istituto di credito di appoggio del gruppo Cirio. Dai verbali dei comitati esecutivi dell'istituto dal 1997 in poi emerge che le strategie e le scelte di Cragnotti erano sempre discusse e condivise con i funzionari della banca». Il pm ha anche depositato una memoria in cui, soffermandosi sulla posizione di Geronzi, ha osservato come «in qualità di presidente del comitato esecutivo (della Banca di Roma, ndr) risulta sempre presente alle riunioni più importanti nelle quali sono state affrontate le tematiche riguardanti gruppo Cragnotti ed è quindi perfettamente a conoscenza delle difficoltà del gruppo negli anni 1998-1999 derivanti dalla forte esposizione bancaria, nonostante che l'operazione di cessione della Sagrit alla Bombril avesse consentito di rastrellare notevole quantità di capitali freschi dal mercato degli investitori brasiliani». L'accusa non manca comunque di mettere in evidenza come Geronzi «contribuisca all'assunzione delle delibere che riguardano il gruppo Cragnotti nell'ottica di ridurre l'indebitamento. A tal proposito, nel corso del suo interrogatorio esprimerà il concetto che di fronte ad un debito risulta indifferente per la banca quale dei soggetti appartenenti ad un gruppo provveda al pagamento, purché si paghi»
Flavio Haver
Il pm Gustavo De Marinis ha chiesto ai giudici di infliggere, in totale, 221 anni di carcere. E ha sollecitato, tra gli altri, la condanna della società «Dianthus», di alcuni funzionari della Banca di Roma e di numerosi collaboratori di Cragnotti e dei suoi familiari: 6 anni di reclusione per la moglie Flora Pizzichemi e il figlio Massimo, 8 anni per gli altri figli Andrea ed Elisabetta, 12 anni per il genero Filippo Fucile. Per il magistrato deve essere dichiarato il «non doversi procedere per prescrizione» nei confronti di Cragnotti e Geronzi per un episodio di truffa e, nei loro confronti, deve essere disposta l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni.
Nella requisitoria il magistrato ha sostenuto che l'ex patron della Cirio «è stato il motore di tutte le operazioni ma anche un personaggio dal carattere accentratore, sempre al centro delle decisioni che hanno coinvolto il gruppo». Per l'accusa, inoltre, la Banca di Roma «era l'istituto di credito di appoggio del gruppo Cirio. Dai verbali dei comitati esecutivi dell'istituto dal 1997 in poi emerge che le strategie e le scelte di Cragnotti erano sempre discusse e condivise con i funzionari della banca». Il pm ha anche depositato una memoria in cui, soffermandosi sulla posizione di Geronzi, ha osservato come «in qualità di presidente del comitato esecutivo (della Banca di Roma, ndr) risulta sempre presente alle riunioni più importanti nelle quali sono state affrontate le tematiche riguardanti gruppo Cragnotti ed è quindi perfettamente a conoscenza delle difficoltà del gruppo negli anni 1998-1999 derivanti dalla forte esposizione bancaria, nonostante che l'operazione di cessione della Sagrit alla Bombril avesse consentito di rastrellare notevole quantità di capitali freschi dal mercato degli investitori brasiliani». L'accusa non manca comunque di mettere in evidenza come Geronzi «contribuisca all'assunzione delle delibere che riguardano il gruppo Cragnotti nell'ottica di ridurre l'indebitamento. A tal proposito, nel corso del suo interrogatorio esprimerà il concetto che di fronte ad un debito risulta indifferente per la banca quale dei soggetti appartenenti ad un gruppo provveda al pagamento, purché si paghi»
Flavio Haver