Ripartiamo con le riforme
Formiche
Le opportunità da cogliere in questa fase di debole rilancio
Gli effetti della crisi finanziaria globale e della successiva tempesta innescata dalla Grecia non sono ancora superati. In Europa, la ripresa, che può dirsi avviata, e appare migliore delle previsioni, è tuttavia ancora discontinua e incerta. Come ha detto di recente il presidente della Repubblica, dobbiamo guardare avanti, al futuro. [...] Sarà fondamentale affrontare le riforme di struttura, reagire al calo demografico [...] contrastare quel vero e proprio bradisismo economico che ci caratterizza da un quindicennio per il quale avanziamo sempre della metà rispetto ai nostri concorrenti nei versanti della competitività, della produttività, della quota di commercio internazionale ecc. Non possiamo continuare a vivere a spese delle generazioni future. Non ce lo consentirebbero neppure i nostri legami europei e internazionali. Tutti, allora, debbono fare la propria parte, l’Europa, il governo, le istituzioni della politica in genere, le imprese — ivi comprese, ovviamente, le banche e le assicurazioni — i sindacati, le altre organizzazioni sociali. Nel versante dell’Unione europea, è fondamentale dare avvio alla costruzione di un governo economico, per la quale non è sufficiente la pur importante revisione della struttura e dei contenuti del Patto di stabilità e di crescita. Nel frattempo, occorrono, in ogni caso, scelte concrete, che facciano avvertire effettivamente l’essenzialità del ruolo dell’Unione, quale potrebbe essere un programma di emissione di titoli europei per finanziare un piano comunitario di sviluppo nelle infrastrutture e nella ricerca. All’interno, e in coerenza con gli indirizzi europei, come accennato, è cruciale rialimentare la crescita. Dobbiamo, così, contrastare dati non esaltanti (anche se comparativamente, a livello europeo, non peggiori) sul lato del tasso di disoccupazione, della partecipazione delle forze di lavoro, dei cosiddetti “scoraggiati”, degli “inattivi”. Bisognerà fare di più. L’impegno del governo è valso a evitare impatti straordinari della crisi finanziaria globale. Gli ammortizzatori hanno svolto un ruolo importante. Ma occorre ora guardare alla prospettiva, in maggiore lontananza. Una nuova regolamentazione dei rapporti di lavoro, un nuovo statuto (non dei lavoratori) ma dei lavori, che privilegi, secondo le linee che stanno emergendo, il momento della partecipazione di chi lavora al processo produttivo aziendale prevedendo un più efficace aggancio dei salari alla produttività senza, tuttavia, superare alcune garanzie di carattere nazionale, potrebbe essere la via da seguire secondo un modello di nuova, diversa, concertazione. Finita la centralità della fabbrica – nel senso che essa molto meno che nel passato influenza costumi sociali, scelte di senso, linee politiche, visioni locali – superata la centralità della classe operaia, ma non il valore del lavoro nella fabbrica grande o piccola che sia, è il tempo di allargare la visione dei partecipanti alla produzione e al lavoro in genere. Un modello di contrattazione e di rapporti di lavoro che dia maggiore stabilità di prospettive all’impiego ma, nel contempo, ne renda più flessibile lo svolgimento in relazione alle sorti della produzione potrebbe essere la via da seguire. Una riorganizzazione del mercato del lavoro, lungo le linee prospettate dal governo, deve consentire una riforma organica e di lunga durata degli ammortizzatori sociali. [...] Esistono in materia interessanti proposte di legge parlamentari. Un piano per il lavoro fatto di nuovi strumenti e di nuove impostazioni potrebbe essere la risposta che valorizzi il merito, assicuri parità dei punti di partenza, dia una prospettiva ai giovani e alle famiglie, naturalmente nel presupposto che sia possibile attivare una crescita maggiore. E a tal fine si pone l’urgenza di sostenere la ricerca e l’innovazione con un maggiore concorso pubblico-privato. Vanno sperimentare forme articolate di partecipazione ai risultati aziendali. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale, come Benedetto XVI afferma nell’enciclica Caritas in veritate. E si deve trattare di un lavoro “decente”, che sia espressione della dignità e della libertà dell’uomo. Preparare il futuro significa darsi carico, hic et nunc, delle conseguenze dell’allungamento della vita media con tutto ciò che ne consegue sul piano dello sviluppo demografico, delle immigrazioni, dell’assistenza, insomma di un nuovo welfare. Crescono, in particolare, i bisogni della cura degli anziani, dell’assistenza ai non autosufficienti. Forme di specifica previdenza e di assicurazioni private debbono fare i conti con l’onerosità delle prestazioni. E’ tuttora irrisolta, nonostante tanti sforzi, la questione meridionale. Un riconcepito ruolo dello Stato, nel sostegno, è includibile. Non possiamo accettare l’indirizzo — che, qua e là, in campo internazionale, sembra prendere piede — del “new normal”. Dobbiamo impegnarci ancora di più [...].
La cruciale questione-lavoro passa per la necessaria apertura di una stagione di riforme di cui il Paese ha grande bisogno. Dobbiamo lavorare per una crescita maggiore. Questa è decisiva per conseguire una maggiore occupazione, con la rivisitazione dell’ordinamento del lavoro. Fondamentali sono la produttività e la competitività. Esigono innovazioni a livello aziendale e di sistema. Diversamente, ogni sostegno pubblico sarebbe vano. Vanno adeguate le relazioni industriali. Occorrono certezze per chi intraprende e per chi lavora. Condotta positivamente dal governo l’azione di contrasto della crisi, ora siamo chiamati tutti — esecutivo, Parlamento, istituzioni, in genere parti sociali — a una Fase di impegno e di costruzione del futuro. Spetta alla politica, nelle sue espressioni rappresentative, individuare, con le sue scelte istituzionali, la via più idonea per corrispondere a queste esigenze, per rafforzare l’incerta ripresa, in un momento assai delicato, nel quale ritornano segnali di difficoltà in campo internazionale fino a far parlare di ipotesi di deflazione, comunque di stagnazione e, all’interno, il Tesoro si appresta a ricorrere al mercato per una cospicua raccolta di fondi in questa parte finale dell’anno (160 miliardi). La crescita tedesca attesa per il 2010 apre un nuovo terreno di impegno, di confronto e di opportunità. È senz’altro positivo avere incluso fisco e Mezzogiorno nei prioritari indirizzi programmatici che si propongono per l’azione del governo in questa fase. Sarà interessante verificare gli interventi che si progettano sotto questi titoli. La continuazione della lotta a quella iniqua tassazione — che è, per i contribuenti onesti, l’evasione fiscale, lotta sulla quale si registrano significativi progressi — è fondamentale per la prospettiva di una riforma tributaria che riduca l’imposizione sul lavoro e sull’impresa. La rivisitazione tributaria si intreccia con il federalismo fiscale. Il pacco, “foedus” — da cui il federalismo — deve essere equilibrato e solidale. Un federalismo cooperativo per unire, come è negli intenti del legislatore. Così può costituire una cruciale innovazione per il Paese. Occorre dare concretezza, a tutti i livelli, al principio di sussidiarietà che, oggi, ha pure rilievo istituzionale. Un ruolo rilevante spetta al mondo del credito e della finanza. Dobbiamo operare con decisione per migliorare l’immagine e, in generale, il rapporto con la clientela, imprese e famiglie. Prima ancora di insistere su posizioni rivendicazioniste nei confronti delle istituzioni della politica. Quelle posizioni saranno più forti se verrà data prova di essersi mossi autonomamente per sostenere le esigenze dell’utenza e gli interessi del Paese. Il settore del noprofit è chiamato, anche esso, a fare la sua parte. Si parla, oggi, di nuova filantropia, un orizzonte che, di pari passo con il necessario riequilibrio della finanza pubblica e con l’evoluzione di settori come quello dell’istruzione e della ricerca, dovrebbe mobilitare le intelligenze e la capacità di antivedere del legislatore, del governo, dell’iniziativa privata. In un momento nel quale si manifestano anche correnti di pensiero relativistiche e scettiche, desiderare, con Camus, l’impossibile forse può apparire fuori dai tempi. E tuttavia dobbiamo proporci obiettivi più ambiziosi, capaci di una nuova sintesi tra la vita e gli interessi dei singoli e la vita della comunità di cui si è parte, per un’esistenza, insomma, degna di essere vissuta, nella quale non vengano meno gli ideali. Nella crisi — sia pure in fase di superamento — c’è un “cairòs”, un’opportunità che dobbiamo saper cogliere.
di Cesare Geronzi
La cruciale questione-lavoro passa per la necessaria apertura di una stagione di riforme di cui il Paese ha grande bisogno. Dobbiamo lavorare per una crescita maggiore. Questa è decisiva per conseguire una maggiore occupazione, con la rivisitazione dell’ordinamento del lavoro. Fondamentali sono la produttività e la competitività. Esigono innovazioni a livello aziendale e di sistema. Diversamente, ogni sostegno pubblico sarebbe vano. Vanno adeguate le relazioni industriali. Occorrono certezze per chi intraprende e per chi lavora. Condotta positivamente dal governo l’azione di contrasto della crisi, ora siamo chiamati tutti — esecutivo, Parlamento, istituzioni, in genere parti sociali — a una Fase di impegno e di costruzione del futuro. Spetta alla politica, nelle sue espressioni rappresentative, individuare, con le sue scelte istituzionali, la via più idonea per corrispondere a queste esigenze, per rafforzare l’incerta ripresa, in un momento assai delicato, nel quale ritornano segnali di difficoltà in campo internazionale fino a far parlare di ipotesi di deflazione, comunque di stagnazione e, all’interno, il Tesoro si appresta a ricorrere al mercato per una cospicua raccolta di fondi in questa parte finale dell’anno (160 miliardi). La crescita tedesca attesa per il 2010 apre un nuovo terreno di impegno, di confronto e di opportunità. È senz’altro positivo avere incluso fisco e Mezzogiorno nei prioritari indirizzi programmatici che si propongono per l’azione del governo in questa fase. Sarà interessante verificare gli interventi che si progettano sotto questi titoli. La continuazione della lotta a quella iniqua tassazione — che è, per i contribuenti onesti, l’evasione fiscale, lotta sulla quale si registrano significativi progressi — è fondamentale per la prospettiva di una riforma tributaria che riduca l’imposizione sul lavoro e sull’impresa. La rivisitazione tributaria si intreccia con il federalismo fiscale. Il pacco, “foedus” — da cui il federalismo — deve essere equilibrato e solidale. Un federalismo cooperativo per unire, come è negli intenti del legislatore. Così può costituire una cruciale innovazione per il Paese. Occorre dare concretezza, a tutti i livelli, al principio di sussidiarietà che, oggi, ha pure rilievo istituzionale. Un ruolo rilevante spetta al mondo del credito e della finanza. Dobbiamo operare con decisione per migliorare l’immagine e, in generale, il rapporto con la clientela, imprese e famiglie. Prima ancora di insistere su posizioni rivendicazioniste nei confronti delle istituzioni della politica. Quelle posizioni saranno più forti se verrà data prova di essersi mossi autonomamente per sostenere le esigenze dell’utenza e gli interessi del Paese. Il settore del noprofit è chiamato, anche esso, a fare la sua parte. Si parla, oggi, di nuova filantropia, un orizzonte che, di pari passo con il necessario riequilibrio della finanza pubblica e con l’evoluzione di settori come quello dell’istruzione e della ricerca, dovrebbe mobilitare le intelligenze e la capacità di antivedere del legislatore, del governo, dell’iniziativa privata. In un momento nel quale si manifestano anche correnti di pensiero relativistiche e scettiche, desiderare, con Camus, l’impossibile forse può apparire fuori dai tempi. E tuttavia dobbiamo proporci obiettivi più ambiziosi, capaci di una nuova sintesi tra la vita e gli interessi dei singoli e la vita della comunità di cui si è parte, per un’esistenza, insomma, degna di essere vissuta, nella quale non vengano meno gli ideali. Nella crisi — sia pure in fase di superamento — c’è un “cairòs”, un’opportunità che dobbiamo saper cogliere.
di Cesare Geronzi