Geronzi spegne l’allarme della Lega - “I libici sono azionisti eccellenti”
la Repubblica
L’incontro con Gheddafi. Nel 1997 era dubbioso sull’ingresso in un paese che aveva fatto strage dei suoi cittadini. Prese il 5% del Banco di Roma e ci fu il rilancio dell’istituto
RIMINI - Non sarà un travolgente oratore, Cesare Geronzi, presidente delle Generali e da decenni uno degli uomini-chiave dei grandi giochi della finanza italiana. Lui - lo ammette - non è avvezzo ai convegni. Non vi partecipa mai. Parla, da sempre, nelle sedi private, quelle che contano e dove, dunque, si decide. Così, quello di ieri al Meeting di Comunione e liberazione di Rimini è stato praticamente il suo esordio davanti a un pubblico indistinto.
Ma i messaggi - Cesare Geronzi, uomo della prima e della seconda Repubblica, andreottiano prima e oggi si direbbe berlusconiano- sa mandarli comunque chiari. Netti. Ne manda almeno tre dalla Fiera riminese, per non sprecare l' occasione. Anche se dai giovani ciellini, che riempiono la Sala Neri dove Geronzi discute della crisi mondiale insieme alla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, riceve solo gli applausi di cortesia. Il suo linguaggio involuto non buca in un pubblico che vuole pensieri ma anche un po' di passione. L'importante, però, è che sia chiaro ciò che dice. Questo gli interessa, come i destinatari dei messaggi. E Geronzi, già banchiere (dalla Cassa di risparmio di Roma a Mediobanca)e ora assicuratore, dice che i libici (ai tempi del Banco di Roma) sono «i migliori azionisti» che abbia mai avuto. Messaggio chiaro ai riottosi leghisti, guidati dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, che mugugnano di fronte alla scalata libica nell'azionariato di Unicredit (oltre il 7 per cento tra le quote della Banca centrale e quelle del fondo sovrano). Messaggio anche di sostegno alla politica filo-libica del premier Silvio Berlusconi che lunedì prossimo riceverà a Roma il colonnello Muammar Gheddafi.
Ma a Silvio Berlusconi saranno arrivati anche altri due messaggi: che se ci dovesse essere una crisi di governo si dovrà andare alle elezioni e, secondo, a quel punto «si vedrà chi è l'autore della caduta del governo». Chi - ancora più chiaro - «si dissocia dalla maggioranza». Difficile non intravedere, mentre il già "banchiere di Marino" parla, definirsi via via la sagoma del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e dei suoi fedelissimi di Futuro e libertà. E chiarissimo è anche il messaggio "globale" del suo intervento: questo governo sta facendo bene nella gestione dei conti pubblici, nella scelta federalista, nel progetto di riforma del mercato del lavoro. Bene nella politica fiscale e anche nell'aver messo il Mezzogiorno tra le prossime priorità. Berlusconi promosso, insomma. E soprattutto Giulio Tremonti, super ministro dell'Economia, con il quale il feeling con il banchiere- assicuratore ha sempre stentato, per usare un eufemismo.
Che quello di ieri sia stato una sorta di esordio, è lo stesso Geronzi a dirlo. Spiegando perché è arrivato al Meeting. Racconta che nei primi anni ' 80 ci fu un incontro a casa sua, ai Castelli romani, tra Guido Carli («il mio maestro»), ex governatore della Banca d'Italia, e Don Giussani, fondatore di Cl. Nasce così, dice, il legame con il movimento dal quale - aggiunge - si sente «quasi conquistato» pur restando «un apolide».
Ricordi anche sui libici. «Gheddafi - dice - l' ho incontrato nel deserto di Saba nel 1997 e l' ho trovato un uomo molto ispirato nel manifestare il suo odio nei confronti dell'America, ma anche pieno di dubbi nell' entrare nella vita economico-finanziaria di un paese come l' Italia che aveva fatto strage dei suoi cittadini. Poi entrò con il 5% nel Banco di Roma e fu una decisione alla base della ripresa dell'istituto». Dunque «i libici sono stati i migliori azionisti che io abbia mai avuto. Non hanno mai posto ostacoli. Sono stati eccellenti collaboratori. Non posso dire nulla di male del capitale libico». Messaggio chiaro, appunto. Per Berlusconi e per la Lega di Umberto Bossi.
Roberto Mania
Ma i messaggi - Cesare Geronzi, uomo della prima e della seconda Repubblica, andreottiano prima e oggi si direbbe berlusconiano- sa mandarli comunque chiari. Netti. Ne manda almeno tre dalla Fiera riminese, per non sprecare l' occasione. Anche se dai giovani ciellini, che riempiono la Sala Neri dove Geronzi discute della crisi mondiale insieme alla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, riceve solo gli applausi di cortesia. Il suo linguaggio involuto non buca in un pubblico che vuole pensieri ma anche un po' di passione. L'importante, però, è che sia chiaro ciò che dice. Questo gli interessa, come i destinatari dei messaggi. E Geronzi, già banchiere (dalla Cassa di risparmio di Roma a Mediobanca)e ora assicuratore, dice che i libici (ai tempi del Banco di Roma) sono «i migliori azionisti» che abbia mai avuto. Messaggio chiaro ai riottosi leghisti, guidati dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, che mugugnano di fronte alla scalata libica nell'azionariato di Unicredit (oltre il 7 per cento tra le quote della Banca centrale e quelle del fondo sovrano). Messaggio anche di sostegno alla politica filo-libica del premier Silvio Berlusconi che lunedì prossimo riceverà a Roma il colonnello Muammar Gheddafi.
Ma a Silvio Berlusconi saranno arrivati anche altri due messaggi: che se ci dovesse essere una crisi di governo si dovrà andare alle elezioni e, secondo, a quel punto «si vedrà chi è l'autore della caduta del governo». Chi - ancora più chiaro - «si dissocia dalla maggioranza». Difficile non intravedere, mentre il già "banchiere di Marino" parla, definirsi via via la sagoma del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e dei suoi fedelissimi di Futuro e libertà. E chiarissimo è anche il messaggio "globale" del suo intervento: questo governo sta facendo bene nella gestione dei conti pubblici, nella scelta federalista, nel progetto di riforma del mercato del lavoro. Bene nella politica fiscale e anche nell'aver messo il Mezzogiorno tra le prossime priorità. Berlusconi promosso, insomma. E soprattutto Giulio Tremonti, super ministro dell'Economia, con il quale il feeling con il banchiere- assicuratore ha sempre stentato, per usare un eufemismo.
Che quello di ieri sia stato una sorta di esordio, è lo stesso Geronzi a dirlo. Spiegando perché è arrivato al Meeting. Racconta che nei primi anni ' 80 ci fu un incontro a casa sua, ai Castelli romani, tra Guido Carli («il mio maestro»), ex governatore della Banca d'Italia, e Don Giussani, fondatore di Cl. Nasce così, dice, il legame con il movimento dal quale - aggiunge - si sente «quasi conquistato» pur restando «un apolide».
Ricordi anche sui libici. «Gheddafi - dice - l' ho incontrato nel deserto di Saba nel 1997 e l' ho trovato un uomo molto ispirato nel manifestare il suo odio nei confronti dell'America, ma anche pieno di dubbi nell' entrare nella vita economico-finanziaria di un paese come l' Italia che aveva fatto strage dei suoi cittadini. Poi entrò con il 5% nel Banco di Roma e fu una decisione alla base della ripresa dell'istituto». Dunque «i libici sono stati i migliori azionisti che io abbia mai avuto. Non hanno mai posto ostacoli. Sono stati eccellenti collaboratori. Non posso dire nulla di male del capitale libico». Messaggio chiaro, appunto. Per Berlusconi e per la Lega di Umberto Bossi.
Roberto Mania