Geronzi presidente: «Generali strategiche per l’Italia»

Il Piccolo

Il costruttore Caltagirone terzo vicepresidente con Vincent Bolloré e Alberto Nagel

TRIESTE «Siamo la prima multinazionale italiana e la nostra missione è anche quella di sostenere settori strategici per il Paese. Da lunedì inizierò a lavorare nel mio ufficio a Trieste. Non so nulla di assicurazioni. Sarà come il mio primo giorno di scuola»: alle Generali comincia l’era di Cesare Geronzi che subito smentisce gli scenari delle ultime settimane (”non esiste una ipotesi di fusione Mediobanca- Generali”) o la necessità di un aumento di capitale per la compagnia. La svolta arriva nel pomeriggio quando Bernheim abbandona l’assemblea infilandosi in un’auto blu e in assemblea viene pronunciato per la prima volta il nome di Cesare Geronzi dopo il via libera alla lista del nuovo cda, formato da 19 componenti. Il nuovo presidente si presenta disteso e sorridente poco dopo dopo un’assemblea dominata dal fluviale discorso di Bernheim protagonista di un sofferto amarcord e di una faticosa e difficile uscita di scena. Solo in parte attenuata dalla nomina a presidente onorario decisa dal consiglio.

GOVERNANCE. Il banchiere di Marino, nominato presidente non esecutivo dal cda triestino, guider la nuova governante del gruppo in stile anglosassone. Una svolta per la compagnia triestina da sempre abituata a riconoscere le proprie radici storiche nella spartizione dei poteri. Giovanni Perissinotto diventa Ceo Group, con poteri rafforzati, il manager a cui spetterà l’ultima parola su tutte le decisioni. Un passo in avanti, sostenuto soprattutto dai soci privati e con l’imprimatur di Mediobanca. Sergio Balbinot, il ministro degli Esteri della compagnia, ottiene tutte le deleghe assicurative e sull’estero. Ma nel complesso incastro della nuova governance del Leone è arrivata la sorpresa. Alla fine i vicepresidenti saranno tre e non due: Vincent Bolloré, il finanziere transalpino socio di Mediobanca (artefice della complessa uscita di scena dell’ultraottantenne Bernheim), l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, e Francesco Gaetano Caltagirone.

CALTAGIRONE. L’ingresso del costruttore e editore romano, considerato molto vicino a Geronzi, è la novità uscita da un difficile e a volte teso negoziato con i sei principali soci industriali del Leone che tutti assieme hanno investito oltre 5 miliardi per il 12% delle Generali. Fra tutti proprio Caltagirone ma anche il multimiliardario ceco Petr Kellner, alleato delle Generali nella holding in Cechia e di recente salito oltre il 2% del gruppo triestino. E lo stesso Leonardo Del Vecchio che assieme a Lorenzo Pelliccioli (il patron della De Agostini molto attivo nel cercare e ottenere una rappresentanza adeguata per i soci privati) entra nel nuovo comitato esecutivo oltre al presidente, ai vice presidenti e agli amministratori delegati. La terza vicepresidenza è stata spiegata così da Geronzi: «Più intelligenze ci sono e meglio si decide». Per l’ad di Mediobanca Nagel il rafforzamento dei poteri di Perissinotto è la migliore premessa per una più univoca e incisiva azione manageriale della compagnia. Non è stata considerata necessaria alla fine la creazione di un comitato strategico.

KING MAKER. La Mediobanca di Pagliaro e Nagel si è ritrovata nelle alchimie della nuova governante dove Geronzi si appresta a ritagliarsi un ruoloì da king maker soprattutto sul fronte degli indirizzi strategici della compagnia: «Amo le cose complesse -ha detto ieri un raggiante Geronzi. Non avrò alcun potere esecutivo, il mio compito sarà quello di governare una azienda che ha reso più efficiente la sua attività operativa. Voglio migliorare anche i rapporti fra la compagnia e il sistema del risparmio: dagli investimenti immobiliari a quelli finanziari».

PERCORSO. Per Geronzi il passaggio dal vertice di Piazzetta Cuccia alla presidenza delle Generali («compagnia gestita molto bene») è la fine di un lungo percorso: «Ho lavorato per stabilizzare l'azionariato di Mediobanca con l'entrata dei francesi». Questa stabilità «dura da dieci anni» a vantaggio del sistema «che ruota attorno a Generali». Il neopresidente delle Generali rilegge la storia finanziaria recente e promuove la Mediobanca di Cuccia e Maranghi «che sacrificò se stesso per la stabilità delle Generali e di Mediobanca».

BEN AMMAR. In prima fila in assemblea c’era anche un altro grande negoziatore, il finanziere franco- tunisino Tarak Ben Ammar, che, come ha rivelato Bernheim, avrebbe fornito i suoi buoni uffici per fare entrare nel capitale delle Generali i soci libici attraverso un aumento di capitale riservato. Geronzi liquida l'ipotesi dei libici come un flatus vocis e incassa anche gli auguri di ”ogni successo” da parte dello stesso Bernheim. «Mi piacerebbe vedere al termine del mandato –dice Geronzi- un aumento dimensionale della compagnia ». Il comitato per il controllo interno è composto da Alessandro Pedersoli (presidente), Angelo Miglietta e Carlo Carraro, mentre Paolo Scaroni (presidente), Leonardo Del Vecchio e Lorenzo Pellicioli saranno i membri del Comitato per le Remunerazioni. Membri del Comitato per la Corporate Governance sono stati nominati, Geronzi (presidente), Ana Patricia Botin, Alberto Nicola Nagel, Alessandro Pedersoli, Lorenzo Pellicioli e Paolo Scaroni, mentre membri del Comitato per gli Investimenti saranno Giovanni Perissinotto (presidente), Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Saverio Vinci e Petr Kellner.

Piercarlo Fiumanò