Lo schiaffo di Bernheim. Parla in francese

Il Tempo

E meno male che voleva difendere l’italianità. Ha parlato per un’ora in francese. Il commento al vetriolo percorre le ultime file dei presenti all’assemblea delle Generali.

E meno male che voleva difendere l’italianità. Ha parlato per un’ora in francese. Il commento al vetriolo percorre le ultime file dei presenti all’assemblea delle Generali.

Così raccontano a Il Tempo alcuni dei partecipanti all’assise estenuati da un un intervento fiume del presidente uscente Antoine Bernheim.
Già l’ultimo schiaffo del francese ai grandi soci che lo hanno scaricato è stato linguistico. Ha cominciato a parlare nella lingua di Molière e solo ogni dieci minuti ha lasciato spazio alla traduzione. Insomma anche l’uscita finale è stata rallentata e tesa a rimarcare il distacco da quella italianità vessillo da difendere. Così il suo intervento che doveva durare meno di un’ora si è praticamente raddoppiato. Ma tant’è. Non poteva essere altrimenti in un’assemblea in cui la tensione era palpabile. Il cambio della guardia non era così semplice anche per fattori strettamente ambientali.
Le Generali, azienda globale e internazionalizzata, è vissuta come una cosa fortemente radicata nel territorio della città friulana. Ieri non sono stati pochi i triestini piccoli azionisti che hanno raggiunto la sede assembleare in autobus. Insomma una questione di famiglia. E Bernheim era così fortemente collegato a questo concetto di territorio che la sua uscita è stata considerata alla stregua di alto tradimento. I grandi soci hanno preferito non interferire. Profilo basso è stata la parola d’ordine. Seguita da tutti. Anche da Diego Della Valle. A memoria di chi partecipa all’assemblea da anni, il patron della Tod’s si è sempre distinto per interventi spumeggianti. Ieri anche lui ha preferito restare in disparte.
E che Bernheim non avesse gradito l’investitura e l’incoronazione di Geronzi è stato palese anche ieri. Una mancata accettazione preceduta da interviste e schermaglie sui giornali. Ma ieri nel suo intervento il francese non ha mai citato Geronzi se non per ragioni anagrafiche. Un solo passaggio per dire: ho girato mezzo mondo per le Generali voglio vedere se ce la farà il mio successore.
La claque lo ha comunque sostenuto. Nella relazione ai soci Bernheim ha ripercorso i 37 anni nella compagnia, dodici dei quali alla presidenza, rivendicando soprattutto il merito nella forte crescita del Leone. Diverse volte la voce gli si è rotta per l’emozione e in tre casi ha dovuto interrompersi per le lacrime, incoraggiato a riprendere una volta anche dall’applauso dei soci (“Non sono una star del cinema”, si è schermito).

Un canto del cigno che ha reso la sala della Stazione Marittima di Trieste dove erano convenuti i soci in un ambiente ad alta concentrazione di emozioni e tensioni. Nella consapevolezza che la centralità geografica di Trieste potrebbe essere messa in discussione dall’arrivo in forze di Roma. Geronzi e Caltagirone. Quanto di meglio e forte ha espresso la dinamica economia romana negli ultimi anni. Bernheim resta come presidente onorario. Nelle ultime file la sensazione è che, da domani, qualcosa cambi davvero.



Filippo Caleri