Cesare promette: “Farò grande il Leone” ma l’asse Nagel-privati lo imbriglia

La Repubblica

TRIESTE — Non so nulla di assicurazioni, ma sono pronto a imparare. Non conosco ancora il mondo Generali, che mi appresto diligentemente a conoscere a partire da lunedì, il mio primo giorno di scuola a Trieste.

TRIESTE — Non so nulla di assicurazioni, ma sono pronto a imparare. Non conosco ancora il mondo Generali, che mi appresto diligentemente a conoscere a partire da lunedì, il mio primo giorno di scuola a Trieste. E’ un Cesare Geronzi pimpante e per nulla reticente quello che si presenta in conferenza stampa da neo presidente Generali. Una posizione a cui puntava da tempo come coronamento di una carriera svolta tutta all’interno del sistema bancario: “Non ho scelto nulla perchè molto spesso si è scelti  e questo è il mio caso” —, ha detto confermando che sarà un presidente non operativo: “Io mi occuperò di gestire gli organi della società — spiega — non avrò nessun potere esecutivo individuale”.

Il cda che lo ha nominato si è concluso da poco, echeggiando ancora le parole sferzanti di Antoine Bernheim (in lacrime per la cacciata, a suo dire, orchestrata da qualcuno di Mediobanca anche
se resterà consigliere del Santander) ma fino all’ultimo momento nella foresteria del palazzo generali sono proseguite le trattative sui poteri e sulla nuova governante del Leone. I francesi Vincent Bolloré e Tarak Ben Ammar, futuri protagonisti anche a Trieste, tentano di resistere al fianco di Geronzi all’attacco dell’inedito asset  tra Alberto Nagel e i soci privati, compattato già al cocktail della sera prima. Franceso Gaetano Caltagirone, Lorenzo Pellicioli, Leonardo Del Vecchio, e Angelo Miglietta (Fondazione Crt), tutti in forte perdita con le azioni Generali, hanno fatto sentire la propria voce più che in passato.
Ottenendo alcuni riconoscimenti importanti come la vicepresidenza a Caltagirone, la terza, a fianco di Bollorè e Nagel, e l’ingresso di Del Vecchio in comitato esecutivo. Ma anche la proposta di un country manager modello territori sposato recentemente da Unicredit e Intesa SanPaolo.

L’asse Nagel-privati è anche riuscito ad affidare a Giovanni Perissinotto la responsabilità ultima delle decisioni mentre Sergio Balbinot sarà sostanzialmente il suo secondo anche se continuerà a occuparsi dei mercati esteri e se dovrà guardarsi dalla competizione con il direttore generale Raffaele Agrusti, portato in palmo da Geronzi. Certamente la volontà di crescere sui mercati esteri è un obiettivo fondamentale e io lo perseguirò fortemente, ha risposto il neo presidente alle
varie domande sul consolidamento della compagnia triestina in Russia come in Spagna, mostrando comunque un cambio di passo rispetto al ruolo che aveva in Mediobanca. Ma glissando in maniera elegante sui futuri rapporti con il principale azionista, piazzetta Cuccia appunto, vista ora come una longa manus da cui liberarsi in modo graduale. “Non è allo studio alcuna fusione Mediobanca-Generali”, ha tagliato corto.

Si misurerà col tempo se l’imbrigliatura di Mediobanca e dei soci privati sarà sufficiente a domare il Leone Geronzi. L’ultima mossa dell’astuto Nagel, sempre in accordo con i privati, è quella della creazione del comitato investimenti, nel quale sono confluiti Francesco Saverio Vinci e il ceco Petr Kellner. Vale a dire competenze tecniche per valutare eventuali investimenti anche fuori dal core business che Geronzi non nasconde di poter proporre in nome di esigenze superiori, magari anche politiche. “Le Generali devono curare il proprio core business, siamo una grande compagnia con investimenti stabilie di lungo periodo – ha tenuto a rimarcare il neo presidente – che al tempo stesso potrebbero coincidere con interessi più ampi e generali che abbiamo il dovere di tenere in considerazione”. Il primo riferimento specifico va all’operazione Telco-Telecom, importante ma al momento in perdita. “Telco non è un investimento finanziario”, ha scandito Geronzi fugando così i dubbi di una prossima fuoriuscita della galassia del nord. E confermando, se mai ve ne fosse bisogno, che le Generali del futuro si pongono traguardi ambiziosi: “Puntiamo a un’ulteriore crescita, un forte radicamento in Italia e porre le condizioni per una ancora più vivace concorrenza nel campo delle assicurazioni”.

Parole alate che però non sarà facile mantenere, anche perché la battaglia interna sembra appena cominciata. L’ultimo sgambetto ha riguardato l’area della comunicazione, i cui budget di spesa sono rimasti sotto la competenza di Perissinotto considerato più affidabile dai soci privati. Il soccorso, se sarà necessario, potrebbe arrivare ancora una volta dalla Francia, da quel Bolloré che ha già annunciato di voler acquistare azioni Generali. O dalla Banca d’Italia se vorrà costringere Mediobanca a ridurre la sua partecipazione.