Mediobanca-UniCredit, l'assurdità di un progetto mai concepito

Milano Finanza

Il giorno dell’Epifania, sul Sole 24 Ore, in armonia con l’etimologia della denominazione della giornata, appare un’indiscrezione:

Il giorno dell’Epifania, sul Sole 24 Ore, in armonia con l’etimologia della denominazione della giornata, appare un’indiscrezione: si starebbe riflettendo sull’ipotesi di un’aggregazione tra Unicredit e Mediobanca. Sembra di capire che il motivo presunto scatenante della costruzione di una tale ipotesi sia l’aumento di capitale di Unicredit che è garantito dall’istituto di Piazzetta Cuccia, il quale, come banca depositaria, deterrà le azioni su cui tuttavia non eserciterà i diritti di voto. Fin qui, troppo poco, quasi nulla. È il mestiere di Mediobanca, tra l’altro, garantire aumenti di capitale. Gli istituti interessati, nella stessa giornata, smentiscono seccamente. E tuttavia, il giorno dopo, il suddetto quotidiano torna a sottolineare che “il progetto resta comunque la centro delle discussioni informali dei grandi soci”. Anche qui, assai poco. Di questo passo, ci si avvia verso l’impalpabile, come tale non facilmente smentibile, anzi, un terreno dove è facile trovare chi mutat quadrata rotundis.
Solo alcuni mesi orsono, il medesimo giornale aveva presentato un altro complesso progetto – peraltro anticipato da MF-Milano Finanza come semplice ipotesi di scuola – riguardante il ribaltamento dei rapporti tra le Generali (partecipate) e Mediobanca (partecipante), con il Leone che avrebbe assorbito l’istituto milanese. Quest’ultima ipotesi fu accompagnata da un bel contorno di asserite connessioni politiche e dall’indicazione di un possibile favore di questo o di quell’azionista, in specie nel mondo delle fondazioni ex bancarie. Anche il progetto Unicredit-Mediobanca viene contornato da una serie di presunti possibili avvalli politici e finanziari.
Pur essendo doveroso dopo le recise smentite, archiviare l’argomento epifanico, così come avvenne per l’ipotesi Generali – immediatamente smentita e rapidamente finita nel dimenticatoio – può essere, tuttavia, opportuna qualche considerazione.
In casi del genere, quali che siano i soggetti interessati propulsori verso la stampa di “notizie” simili, è facile, a tavolino, compiere voli pindarici, magari ritenendo onestamente che ciò che è (presunto) razionale sia hegelianamente tale. Ma sarebbe veramente razionale l’operazione in questione? E poi, chi sarebbe l’aggregante e chi l’aggregando?
Mediobanca sta affrontando egregiamente questa che è la vera fase post Cuccia (e post Maranghi). Fatto il consuntivo del breve funzionamento del sistema dualistico e tratti gli insegnamenti relativi, è da poco decollata la revisione della governance. L’istituto si è pienamente sintonizzato con le trasformazioni finanziarie intervenute nel decennio in corso e con l’evoluzione del contesto ordinamentale, funzionale e operativo: ha costituito una banca al dettaglio; ha varato un piano di apertura delle filiali; ha rafforzato il proprio interesse e la propria presenza a livello internazionale. Sono decisioni forse impensabili un tempo, ma risultate necessarie oggi per fronteggiare la concorrenza e integrare le tradizionali funzioni, per le quali l’istituto che fu di Enrico Cuccia eccelle e, a suo tempo, meritò le aggettivazioni di “ircocervo” o “tricefalo” (per l’esercizio congiunto delle funzioni di merchant bank, holding di partecipazioni, istituto di credito a medio e lungo termine). Alla tricefalia, oggi ulteriormente affinata, ha così aggiunto l’accennata nuova operatività nel credito al consumo. Ora si potrebbe parlare di quadricefalia, con la differenza – rispetto al passato, quando Mediobanca fruiva di un quasi monopolio legale – che si tratta di attività disimpegnabili anche dal altri intermediari, ove siano concorrenzialmente in grado.
L’eredità di Cuccia ha richiesto non una piatta custodia, da vestale immobilistica, ma innovazioni e nuove spinte propulsive. Non a caso Mediobanca è tra gli istituti meno toccati dalla crisi finanziaria. Ora è chiamata alla prova – alla quale finora ha risposta adeguatamente – di un agire non avulso da una logica di sistema, ma nel contempo mai disattento o indulgente nei confronti della redditività. Se questo è il profilo dell’istituto, quali sarebbero le ragioni che dovrebbero portare alla costituzione di un colosso bancario (o di un megacolosso, se così può dirsi) in un momento nel quale una delle esperienze in corpore della crisi finanziaria segnala, oltretutto, che proprio i grandi intermediari sono i più colpiti? Quale sarebbero i riflessi sul piano della concorrenza in Italia? Quali conseguenze nella rete di incroci azionari che ne scaturirebbero? Sarebbe assurdo ritenere che questo matrimonio debba farsi per aiutare Unicredit, colpito dalla crisi finanziaria. Quest’ultimo è pur sempre la prima banca italiana, un istituto di tutto rispetto, con notevoli professionalità; gode di vasto prestigio. Ora è impegnato, con le sue forse, nel fronteggiare gli impatti della crisi e nel digerire pienamente tutte le complesse operazioni di aggregazione, soprattutto a livello internazionale. A oggi, quali comunque sarebbero i vantaggi in termini di integrazioni e sinergie, dati i profili dei due istituti? Chi mai potrebbe avere interesse a un progetto della specie? Potrebbe, per esempio, un’operazione del genere essere promossa da fondazioni ex bancarie, soggetti tutti che finora sono stati ampiamente apprezzati per il modo in cui hanno contribuito al consolidamento del sistema bancario senza tuttavia ingerirsi nelle strategie sia strutturali sia operative? Chi potrebbe immaginare nella crisi un diverso protagonismo di questi “soggetti privati di utilità sociale”?
Si deve concludere nonostante “le discussioni informali dei grandi soci” rilanciate nuovamente ieri che alla fin fine si tratta di una mitopoiesi finanziaria. D’altro canto, bisogna valutare anche il fatto che notizie su questi argomenti possono oggettivamente influenzare i mercati e orientare i risparmiatori-investitori. In ogni caso, i giorni futuri sono i testimoni più saggi. Che si ripetano casi come quello Generali-Mediobanca forse fa parte della singolarità della finanza italiana, ma anche dell’assai fervida fantasia (per fermarci a questo carattere) dei suoi attori, dei suoi cantori e dei suoi spettatori.