Perché c'é la fila a entrare (o a salire) in Mediobanca

Il Foglio

La partita Generali, il futuro di Telecom, Rcs e il patto di sindacato in scadenza

Roma. Rieccoli Chi? Tutti quelli che hanno in mente un'idea: il potere reale è quello finanziario e quando ce n'è un pezzo in gioco bisogna darsi da fare per partecipare alla partita. Soprattutto se quel pezzo di potere si chiama Mediobanca. Negli ultimi giorni del 2008 due protagonisti si sono fatti avanti, acquisendo o arrotondando le loro partecipazioni nella banca presieduta con cortesia formale, ma sostanziale pugno di ferro, da Cesare Geronzi. Il primo si chiama Paolo Biasi, presidente della Fondazione Cassa di Verona (primo azionista di Unicredit con il 5 per cento), che ha portato la partecipazione nell'istituto di piazzetta Cuccia al 3,13 per cento. Il secondo protagonista si chiama Jp Morgan ed è salito al 2,036 per cento nella banca milanese. Sullo sfondo ci sono altri personaggi ed enti desiderosi di avanzare: ancora alcune fondazioni bancarie e - perché no? - qualche fondo sovrano.
Ma perché tutti si candidano per entrare alla corte di Geronzi? Che cosa si aspettano di ottenere in cambio? Per Biasi, le motivazioni sono più di una. La Fondazione ha il problema di diversificare gli investimenti. Nel 2008 il 73 per cento dei suoi incassi sono arrivati dal dividendo di 170 milioni per l'esercizio 2007 distribuito da Unicredit: troppo dipendente da un'unica fonte che, oltretutto, per il 2008 non elargirà dividendi in contanti. Per questo, se bisogna diversificare, non è sbagliato per un investitore istituzionale - dicono gli addetti ai lavori - puntare su Mediobanca perchè piazzetta Cuccia è ritenuta un buon affare: il suo bilancio 2008 non dovrebbe uscire troppo malinconico e il dividendo molto probabilmente ci sarà. A questi due ragionamenti se ne aggiunge un terzo, ancora più importante. La finanza italiana ruota attorno a pochissimi perni e il più importante di questi si chiama proprio Mediobanca. A fine anno scade il patto di sindacato che lega gli attuali soci delle prima merchant bank italiana, altrettanti membri del salotto buono della finanza nazionale più alcuni potenti partner stranieri (in particolare francesi), tutti alleati leali ma anche sospettosi e guardinghi. Oltre alla questione del patto, c'è da considerare che due azionisti di rilievo, Unicredit e la Tasssara di Romain Zaleski, dovranno vendere le quote. Quindi nei prossimi mesi ci sarà movimento nei piani alti che controllano piazzetta Cuccia.

I movimenti al pian terreno
Altrettanto interessanti le partite che stanno per aprirsi al piano di sotto, cioè nelle controllate di piazzetta Cuccia. Le Generali, di cui Mediobanca possiede circa il 15 per cento, stanno per assistere a grandi cambiamenti: alcuni soci sono in uscita (Tassara, Ligresti, De Agostini), altri vogliono crescere (Caltagirone) altri ancora vorrebbero entrare (i fondi libici che trovano però ostilità del presidente Antoine Bernheim). I giochi si apriranno tra breve e saranno decisivi per l'assetto di potere nella finanza italiana. Biasi è interessato perchè già una volta ha puntato, senza successo, alla poltrona di numero uno del Leone di Trieste. Altra partita destinata a entrare a breve nel vivo è quella di Telecom. Mediobanca vi partecipa attraverso Telco (azionista di riferimento della società di tlc), i cui soci di  maggioranza relativa sono gli spagnoli di Telefonica. Si sa che se ne andrebbero volentieri, ma trovare chi li sostituisce nel ruolo non è facile di questi tempi. Potrebbe provarci Jp Morgan, grande esperta in materia avendo già organizzato e finanziato la scalata di Roberto Colaninno.
Ma sono anche altre (sebbene di minore peso finanziario) le questioni da risolvere. C'è per esempio Rcs. La casa editrice del Corriere della Sera soffre la crisi del settore come tutti i suoi concorrenti. Ma ha un problema in più: l'acquisizione della spagnole Recoletos è costata una cifra da alcuni giudicata esorbitante e ha portato l'indebitamento a 1,3 miliardi. Nulla di drammatico, ma qualcosa di cui prima o poi bisognerà occuparsi, magari prendendo decisioni delicate che riguardano le prime linee del management. E a chi toccherà muovere per primo? Naturalmente al principale azionista: Mediobanca.