Pax bancaria intorno a Bernheim

La Stampa

«Siamo la sola compagnia che non ha nemmeno un centesimo nei subprime, mentre altri gruppi hanno al momento perdite ben nascoste». Antoine Bernheim rivendica ancora una volta la «prudenza» delle Generali, di cui è presidente, alla cerimonia di conferimento della Gran Croce dell'ordine al merito della Repubblica Italiana.

di FRANCESCO MANACORDA
MILANO

«Siamo la sola compagnia che non ha nemmeno un centesimo nei subprime, mentre altri gruppi hanno al momento perdite ben nascoste». Antoine Bernheim rivendica ancora una volta la «prudenza» delle Generali, di cui è presidente, alla cerimonia di conferimento della Gran Croce dell'ordine al merito della Repubblica Italiana. E la consegna della massima onorificenza tricolore - ieri sera in una cerimonia presso l'ambasciata italiana a Parigi - diventa anche un'occasione per mostrare plasticamente la potenza dei rapporti dello stesso Bernheim mentre mancano ormai meno di tre settimane all'assemblea dei soci del Leone dove la sua riconferma appare praticamente scontata. Per festeggiare l'occasione accanto al finanziere francese, infatti, ci sono innanzitutto i due banchieri più potenti d'Italia: il presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca Cesare Geronzi e il suo omologo in Intesa-Sanpaolo Giovanni Bazoli.
E poi, oltre agli storici sodali Vincent Bollore e Tarak Ben Ammar, anche una selezione della finanza che conta davvero a cavallo delle Alpi. Per i francesi, tra gli altri, il presidente del Credit Agricole René Carron e quello di Lvmh Bernald Arnault, il finanziere Serge Weinberg. Tra gli italiani il banchiere d'affari Gerardo Braggiotti, il presidente dell'Ifil Gianluigi Gabetti e quello dell'Ifi John Elkann, l'amministratore delegato di Generali Sergio Balbinot. Specie la presenza contemporanea di Bazoli e Geronzi sembra segnalare un clima più disteso tra Mediobanca e Intesa- Sanpaolo sulle sorti di Generali. Nei mesi scorsi, infatti, di fronte alla fusione Capitalia- Unicredit, proprio Bazoli aveva lanciato espliciti segnali di allarme sul rischio di un rapporto troppo stretto tra Unicredit - via Mediobanca - e Generali, a loro volta sono azioniste con il 5% circa di Intesa-Sanpaolo. Un'uscita che aveva poi provocato le reazioni di Geronzi. Ora resta da capire se, al di là delle apparenze, le tensioni tra i due istituti sul futuro di Trieste sono rientrate o meno.
Il rapporto tra Bazoli e Bernheim è stretto e ieri il presidente delle Generali ha voluto spendere parole di apprezzamento anche per la nomina di Geronzi alla guida di Mediobanca: «Avevo bisogno di avere un sostegno in Italia». Ma in verità qualche schermaglia tra i due contendenti sui destini di Generali si registra ancora: nel caso della lista di minoranza per il collegio sindacale presentata da Algebris - l'hedge fund che da ottobre critica la governance di Generali sottolineando anche gli 83 anni di Bernheim - sarebbe stato proprio Pad di Mediobanca Alberto Nagel a sostenere che il nome del candidato sindaco Paolo Colombo era troppo vicino a Intesa. Un'affermazione che ha provocato l'immediato ritiro della propria candidatura da parte di Colombo, il quale voleva avere un consenso diffuso. Quello di Algebris resta comunque per Bernheim un capitolo aperto e dolente: «C'è stato un hedge fund che ha iniziatoad attaccarmi, che ha detto che sono vecchio, che guadagno troppo e che non siamo aggressivi negli investimenti». «Ma - è la replica del presidente - i soldi servono per i sinistri, non per speculare».