Aspettando Godot, tutti alla corte di Giulio
Il Giornale
Onore alla preveggenza per Corrado Passera, il "regista" del colosso bancario Intesa-SanPaolo. Un tempo braccio destro dell'Ingegnere (Carlo De Benedetti, pretendente alla tessera n. 1 del Partito democratico), è stato fra i pochissimi al pari di Cesare Geronzi dominus di Mediobanca, a fiutare il vento del dopo-Prodi. Fin dall'autunno del 2007, non aveva condiviso le scelte governative di svendere Alitalia ad Air France, voluta con tenacia degna di miglior causa dall'accoppiata Prodi-Padoa Schioppa. Sostenendo la Air One di Carlo Toto. Così entrando in rotta di collisione col suo super presidente Giovanni Bazoli.
Con l'arrivo di Tremonti si prefigurano nuovi scenari nel mondo bancario
Onore alla preveggenza per Corrado Passera, il "regista" del colosso
bancario Intesa-SanPaolo. Un tempo braccio destro dell'Ingegnere (Carlo De Benedetti, pretendente alla tessera n. 1 del Partito democratico), è stato fra i pochissimi al pari di Cesare Geronzi dominus di Mediobanca, a fiutare il vento del dopo-Prodi. Fin dall'autunno del 2007, non aveva condiviso le scelte governative di svendere Alitalia ad Air France, voluta con tenacia degna di miglior causa dall'accoppiata Prodi-Padoa Schioppa. Sostenendo la Air One di Carlo Toto. Così entrando in rotta di collisione col suo super presidente Giovanni Bazoli.
Non fosse intervenuta la crisi di governo, la cessione sarebbe andata in porto. Invece tutto è saltato e l'intuito del bravo Corrado s'è rivelato provvidenziale.
Infatti, con Berlusconi rientrato a Palazzo Chigi, la Lega di Bossi allo zenit, la difesa dell'italianità della Compagnia di bandiera e il mantenimento dell'hub di Milano Malpensa sono fuori discussione. Ma Corrado Passera non è più solo: accreditando le voci correnti, anche Enrico Salza (ex San Paolo e presidente del Consiglio di gestione) nonché lo stesso Bazoli sia pure con scarso slancio, hanno
sposato la posizione del loro consigliere delegato. Dunque una sostanziale disponibilità della Banca ad appoggiare il salvataggio di Alitalia.
Esattamente come nei desiderata berlusconiani. Le novità non finiscono qui. Giuseppe Guzzetti, ultra sessantenne democristiano di lungo corso, assunto con discusse manovre a presidente della Fondazione Cariplo (il più ricco fra gli Enti italiani ed importante azionista di Intesa-SanPaolo), nonché alla guida della galassia delle Fondazioni bancarie, ha mostrato disponibilità ad intervenire nell'operazione Alitalia. Quanto meno riduttivo spiegare questo salto della quaglia con una captatio nei confronti del nuovo governo. Certamente, ma senza sottacere l'elemento sostanziale: l'intero sistema bancario-finanziario è...in attesa di Godot! Nella fattispecie il ritorno sulla plancia di comando del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. In passato per nulla tenero sia nei confronti del Sistema bancario che delle Fondazioni, che nella sua visione sarebbero dovute uscire dall'azionariato degli Istituti di credito. Nel 2002, Tremonti voleva tra l'altro sostituire il potente Guzzetti con il già allora fedelissimo berlusconiano Bruno Ermolli, consulente finanziario di grido (è lui, oggi, a tessere le fila della nuova cordata Alitalia); e fu sconfitto, per il venir meno del sostegno di un paio di consiglieri di amministrazione leghisti in Cariplo. Tornerà alla carica Tremonti?
Equilibrismi politici a parte, l'intero mondo bancario è in fibrillazione. La girandola di fusioni, oltre a non aver prodotto alcun vantaggio per l'economia reale, e semmai il contrario penalizzando il minuto risparmio e lesinando alle piccole imprese, rischia sgradite sorprese. Non era tutt'oro quel che si tendeva a far rilucere! Il mitizzato Alessandro Profumo di Unicredit, vicino a Veltroni che lo scorso anno lo convinse ad acquistare Capitalia, ha grosse gatte da pelare: il pesante ribasso in borsa dovuto ai magri risultati del primo trimestre 2008, ma soprattutto il declassamento di Moody's a seguito del pessimo andamento della consociata tedesca Hvb invischiata nella palude dei mutui subprime. Non sorride nemmeno Intesa-SanPaolo, sotto la scure del severo monito degli analisti di Dresdner- Kleinwort: «Non riteniamo più adeguatamente supportato il nostro giudizio favorevole». Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha messo le banche sotto osservazione per verificarne l'effettiva solidità; inoltre insiste poiché cedano le quote azionarie della stessa Banca d'Italia, ponendo fine all'anomalia di un sistema bancario in cui coloro che dovrebbero essere controllati sono i padroni, capitalisticamente parlando, del controllore. Peraltro il governatore Draghi ed il ministro Tremonti hanno visioni non proprio collimanti. Liberista ed internazionalizzatore il primo; "colbertista" il secondo. E Jean Baptiste Colbert, economista e ministro di Luigi XIV riorganizzò le finanze della monarchia francese, con piglio nazionale e centralista. D'altra parte è innegabile che Giulio Tremonti si collochi su questa linea. Nato a Sondrio nel 1947, carattere duro, fece ingresso in politica da tecnico, collaborando con l'allora ministro delle Finanze e craxiano doc Rino Formica (siamo all'inizio degli anni Novanta). Notorie le simpatie di Tremonti per il Garofano. Scrisse in quel periodo un eccellente libro, Le 100 tasse degli italiani, sostenendo che spesso costano più di quel che rendono. Eletto nel 1994 col Patto Segni migra in Forza Italia. Ministro all'Economia e alle Finanze godrà della totale fiducia del Cavaliere, sebbene sia fra i pochissimi che non si presentano genuflessi e col cappello in mano. Duttile politico oltre che tributarista insigne, da montanaro valtellinese nutre un rapporto affettivo col leghismo; il che lo portò a propiziare la riappacificazione fra Silvio ed Umberto, suggellata dall'impegno federalista. Il Gran Ritorno in via XX Settembre è quindi atteso col fiato sospeso dai banchieri. Tremonti, laico rigoroso refrattario alle etiche di comodo, non li ama e tende a considerarli corresponsabili del declino italiano per l'ossessiva autoreferenzialità, gli egoistici comportamenti verso la clientela e la piccola imprenditorialità. Appena insediato ha subito detto che saranno banche e banchieri, petrolieri e manager super pagati a doversi rimettere in riga. Quasi un pronunciamento da "vecchio cuore socialista".
Onore alla preveggenza per Corrado Passera, il "regista" del colosso
bancario Intesa-SanPaolo. Un tempo braccio destro dell'Ingegnere (Carlo De Benedetti, pretendente alla tessera n. 1 del Partito democratico), è stato fra i pochissimi al pari di Cesare Geronzi dominus di Mediobanca, a fiutare il vento del dopo-Prodi. Fin dall'autunno del 2007, non aveva condiviso le scelte governative di svendere Alitalia ad Air France, voluta con tenacia degna di miglior causa dall'accoppiata Prodi-Padoa Schioppa. Sostenendo la Air One di Carlo Toto. Così entrando in rotta di collisione col suo super presidente Giovanni Bazoli.
Non fosse intervenuta la crisi di governo, la cessione sarebbe andata in porto. Invece tutto è saltato e l'intuito del bravo Corrado s'è rivelato provvidenziale.
Infatti, con Berlusconi rientrato a Palazzo Chigi, la Lega di Bossi allo zenit, la difesa dell'italianità della Compagnia di bandiera e il mantenimento dell'hub di Milano Malpensa sono fuori discussione. Ma Corrado Passera non è più solo: accreditando le voci correnti, anche Enrico Salza (ex San Paolo e presidente del Consiglio di gestione) nonché lo stesso Bazoli sia pure con scarso slancio, hanno
sposato la posizione del loro consigliere delegato. Dunque una sostanziale disponibilità della Banca ad appoggiare il salvataggio di Alitalia.
Esattamente come nei desiderata berlusconiani. Le novità non finiscono qui. Giuseppe Guzzetti, ultra sessantenne democristiano di lungo corso, assunto con discusse manovre a presidente della Fondazione Cariplo (il più ricco fra gli Enti italiani ed importante azionista di Intesa-SanPaolo), nonché alla guida della galassia delle Fondazioni bancarie, ha mostrato disponibilità ad intervenire nell'operazione Alitalia. Quanto meno riduttivo spiegare questo salto della quaglia con una captatio nei confronti del nuovo governo. Certamente, ma senza sottacere l'elemento sostanziale: l'intero sistema bancario-finanziario è...in attesa di Godot! Nella fattispecie il ritorno sulla plancia di comando del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. In passato per nulla tenero sia nei confronti del Sistema bancario che delle Fondazioni, che nella sua visione sarebbero dovute uscire dall'azionariato degli Istituti di credito. Nel 2002, Tremonti voleva tra l'altro sostituire il potente Guzzetti con il già allora fedelissimo berlusconiano Bruno Ermolli, consulente finanziario di grido (è lui, oggi, a tessere le fila della nuova cordata Alitalia); e fu sconfitto, per il venir meno del sostegno di un paio di consiglieri di amministrazione leghisti in Cariplo. Tornerà alla carica Tremonti?
Equilibrismi politici a parte, l'intero mondo bancario è in fibrillazione. La girandola di fusioni, oltre a non aver prodotto alcun vantaggio per l'economia reale, e semmai il contrario penalizzando il minuto risparmio e lesinando alle piccole imprese, rischia sgradite sorprese. Non era tutt'oro quel che si tendeva a far rilucere! Il mitizzato Alessandro Profumo di Unicredit, vicino a Veltroni che lo scorso anno lo convinse ad acquistare Capitalia, ha grosse gatte da pelare: il pesante ribasso in borsa dovuto ai magri risultati del primo trimestre 2008, ma soprattutto il declassamento di Moody's a seguito del pessimo andamento della consociata tedesca Hvb invischiata nella palude dei mutui subprime. Non sorride nemmeno Intesa-SanPaolo, sotto la scure del severo monito degli analisti di Dresdner- Kleinwort: «Non riteniamo più adeguatamente supportato il nostro giudizio favorevole». Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha messo le banche sotto osservazione per verificarne l'effettiva solidità; inoltre insiste poiché cedano le quote azionarie della stessa Banca d'Italia, ponendo fine all'anomalia di un sistema bancario in cui coloro che dovrebbero essere controllati sono i padroni, capitalisticamente parlando, del controllore. Peraltro il governatore Draghi ed il ministro Tremonti hanno visioni non proprio collimanti. Liberista ed internazionalizzatore il primo; "colbertista" il secondo. E Jean Baptiste Colbert, economista e ministro di Luigi XIV riorganizzò le finanze della monarchia francese, con piglio nazionale e centralista. D'altra parte è innegabile che Giulio Tremonti si collochi su questa linea. Nato a Sondrio nel 1947, carattere duro, fece ingresso in politica da tecnico, collaborando con l'allora ministro delle Finanze e craxiano doc Rino Formica (siamo all'inizio degli anni Novanta). Notorie le simpatie di Tremonti per il Garofano. Scrisse in quel periodo un eccellente libro, Le 100 tasse degli italiani, sostenendo che spesso costano più di quel che rendono. Eletto nel 1994 col Patto Segni migra in Forza Italia. Ministro all'Economia e alle Finanze godrà della totale fiducia del Cavaliere, sebbene sia fra i pochissimi che non si presentano genuflessi e col cappello in mano. Duttile politico oltre che tributarista insigne, da montanaro valtellinese nutre un rapporto affettivo col leghismo; il che lo portò a propiziare la riappacificazione fra Silvio ed Umberto, suggellata dall'impegno federalista. Il Gran Ritorno in via XX Settembre è quindi atteso col fiato sospeso dai banchieri. Tremonti, laico rigoroso refrattario alle etiche di comodo, non li ama e tende a considerarli corresponsabili del declino italiano per l'ossessiva autoreferenzialità, gli egoistici comportamenti verso la clientela e la piccola imprenditorialità. Appena insediato ha subito detto che saranno banche e banchieri, petrolieri e manager super pagati a doversi rimettere in riga. Quasi un pronunciamento da "vecchio cuore socialista".