Il gioco Generali, Del Vecchio e Caltagirone
Il Sole 24 Ore
RAPPORTI DI FORZA I due puntano a una maggiore presenza nell'azionariato della compagnia. Lentamente ma inesorabilmente, almeno nelle ultime settimane, il titolo Generali sta perdendo quota. All'inizio di aprile era arrivato a sfiorare i 30 euro per azione. In settimana è sceso verso 26 euro. Eppure la convinzione generalizzata è che proprio le Generali di Trieste siano la vera posta in palio nella partita per il controllo dei centri di potere ai confini tra finanza, economia reale e politica.
RAPPORTI DI FORZA
I due puntano a una maggiore presenza nell'azionariato della compagnia
Lentamente ma inesorabilmente, almeno nelle ultime settimane, il titolo Generali sta perdendo quota. All'inizio di aprile era arrivato a sfiorare i 30 euro per azione. In settimana è sceso verso 26 euro. Eppure la convinzione generalizzata è che proprio le Generali di Trieste siano la vera posta in palio nella partita per il controllo dei centri di potere ai confini tra finanza, economia reale e politica. La
compagnia rappresenta,di gran lunga, la concentrazione maggiore sul mercato italiano di risorse e attività economiche. Tanto da farne uno dei pochi gruppi in grado di farsi rispettare a livello internazionale. La conseguenza è che le Generali non sfuggono alla logica del "tanta gloria, tanti oneri". Per questo, sia pure dietro le quinte, restano al centro di manovre variamente assortite, con l'obiettivo di stabilire nuovi rapporti di forza. Un dato di fatto, oltre alla sconfitta del fondo Algebris nel corso dell'ultima assemblea di fine aprile, è la strategia dell'attenzione che mostrano verso la compagnia due imprenditori di forza patrimoniale notevole: Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone.
Il primo, proprietario di Luxottica, multinazionale degli occhiali, ha raddoppiato la partecipazione nelle Generali arrivando al 2 per cento. Ma non è finita. Del Vecchio vuole crescere ancora. Ed è pronto a investire massicciamente, convinto che il tesoro Generali sia l'eredità migliore da lasciare agli eredi. Lo vuole fare però a una condizione: il via libera degli altri maggiori azionisti. Ecco perché, peraltro con assoluta discrezione, sta sondando il terreno per verificare che aria tira nei suoi confronti. Non solo. La disponibilità arriva perfino a immaginare un coinvolgimento personale che vada oltre l'incarico ricoperto attualmente come consigliere di amministrazione. Qui la disponibilità di Del Vecchio può collegarsi al nodo rappresentato dalla partecipazione in Generali della Banca d'Italia, che si aggira intorno al 44 per cento. Va considerata una presenza stabile? Certamente è in portafoglio da tempo, ma c'è chi la ritiene un'anomalia. È un pacchetto di titoli destinato, prima o poi, a finire sul mercato? Nel caso, in tutto o in parte, Del Vecchio può risultare protagonista. C'è però chi non scommette un euro sul fatto che Del Vecchio avrà semaforo verde dagli altri soci. Anche perché, nei fatti, lo ritiene collegato ai De Agostini (2,5% del capitale) e alla Edizione holding dei Benetton (1%). Tutti, forse non casualmente, in rapporti eccellenti con Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo. Quest'ultima è azionista delle Generali con una quota limitata (149%) che, peraltro, va sommata all'1,6% circa della Fondazione Cariplo (a sua volta tra i soci maggiori di Intesa Sanpaolo) e al 2% del finanziere Romain Zaleski. Generali, da sempre, è una delle priorità che Bazoli tiene ben presente anche se la vittoria clamorosa del centro-destra alle ultime elezioni lo ha messo sulla difensiva, costringendolo a rivedere riferimenti e prospettive. Per ragioni opposte Cesare Geronzi, presidente del consiglio di sorveglianza Mediobanca (che controlla il 15,6% di Generali), sta vivendo una sorta di seconda giovinezza. E può far pesare anche il rapporto diretto con gli azionisti francesi di Mediobanca, a partire dal finanziere Vincent Bolloré. Geronzi, che nelle ultime settimane è stato con una certa frequenza a Parigi, ha poi buone relazioni con Caltagirone, interessato ad aumentare la presenza in Generali
(attualmente intorno all'1%). Secca la sintesi del pensiero di Caltagirone: «La mia presenza in Generali - ama ripetere - va considerata stabile».
I due puntano a una maggiore presenza nell'azionariato della compagnia
Lentamente ma inesorabilmente, almeno nelle ultime settimane, il titolo Generali sta perdendo quota. All'inizio di aprile era arrivato a sfiorare i 30 euro per azione. In settimana è sceso verso 26 euro. Eppure la convinzione generalizzata è che proprio le Generali di Trieste siano la vera posta in palio nella partita per il controllo dei centri di potere ai confini tra finanza, economia reale e politica. La
compagnia rappresenta,di gran lunga, la concentrazione maggiore sul mercato italiano di risorse e attività economiche. Tanto da farne uno dei pochi gruppi in grado di farsi rispettare a livello internazionale. La conseguenza è che le Generali non sfuggono alla logica del "tanta gloria, tanti oneri". Per questo, sia pure dietro le quinte, restano al centro di manovre variamente assortite, con l'obiettivo di stabilire nuovi rapporti di forza. Un dato di fatto, oltre alla sconfitta del fondo Algebris nel corso dell'ultima assemblea di fine aprile, è la strategia dell'attenzione che mostrano verso la compagnia due imprenditori di forza patrimoniale notevole: Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone.
Il primo, proprietario di Luxottica, multinazionale degli occhiali, ha raddoppiato la partecipazione nelle Generali arrivando al 2 per cento. Ma non è finita. Del Vecchio vuole crescere ancora. Ed è pronto a investire massicciamente, convinto che il tesoro Generali sia l'eredità migliore da lasciare agli eredi. Lo vuole fare però a una condizione: il via libera degli altri maggiori azionisti. Ecco perché, peraltro con assoluta discrezione, sta sondando il terreno per verificare che aria tira nei suoi confronti. Non solo. La disponibilità arriva perfino a immaginare un coinvolgimento personale che vada oltre l'incarico ricoperto attualmente come consigliere di amministrazione. Qui la disponibilità di Del Vecchio può collegarsi al nodo rappresentato dalla partecipazione in Generali della Banca d'Italia, che si aggira intorno al 44 per cento. Va considerata una presenza stabile? Certamente è in portafoglio da tempo, ma c'è chi la ritiene un'anomalia. È un pacchetto di titoli destinato, prima o poi, a finire sul mercato? Nel caso, in tutto o in parte, Del Vecchio può risultare protagonista. C'è però chi non scommette un euro sul fatto che Del Vecchio avrà semaforo verde dagli altri soci. Anche perché, nei fatti, lo ritiene collegato ai De Agostini (2,5% del capitale) e alla Edizione holding dei Benetton (1%). Tutti, forse non casualmente, in rapporti eccellenti con Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo. Quest'ultima è azionista delle Generali con una quota limitata (149%) che, peraltro, va sommata all'1,6% circa della Fondazione Cariplo (a sua volta tra i soci maggiori di Intesa Sanpaolo) e al 2% del finanziere Romain Zaleski. Generali, da sempre, è una delle priorità che Bazoli tiene ben presente anche se la vittoria clamorosa del centro-destra alle ultime elezioni lo ha messo sulla difensiva, costringendolo a rivedere riferimenti e prospettive. Per ragioni opposte Cesare Geronzi, presidente del consiglio di sorveglianza Mediobanca (che controlla il 15,6% di Generali), sta vivendo una sorta di seconda giovinezza. E può far pesare anche il rapporto diretto con gli azionisti francesi di Mediobanca, a partire dal finanziere Vincent Bolloré. Geronzi, che nelle ultime settimane è stato con una certa frequenza a Parigi, ha poi buone relazioni con Caltagirone, interessato ad aumentare la presenza in Generali
(attualmente intorno all'1%). Secca la sintesi del pensiero di Caltagirone: «La mia presenza in Generali - ama ripetere - va considerata stabile».