Geronzi: non sono il grande Belzebù della finanza
Italia oggi
Uscita pubblica a Firenze per il banchiere Cesare Geronzi, che, davanti a una platea di studenti ed esponenti del mondo industriale e finanziario, ha trattato tre temi: la politica, Telecom e la situazione personale nei conti con la giustizia
Uscita pubblica a Firenze per il banchiere Cesare Geronzi, che, davanti a una platea di studenti ed esponenti del mondo industriale e finanziario, ha trattato tre temi: la politica, Telecom e la situazione personale nei conti con la giustizia. «Non mi raffiguro con il grande Belzebù della finanza», ha detto Geronzi facendo riferimento ad Andreotti. In pratica, il messaggio è: non sono stato io a incrociare la politica, è stata la politica incrociare me allorquando ha deciso di modificare leggi come la riforma delle casse di risparmio, di introdurre la legge Amato-Ciampi o la riforma Andreatta. Ma, soprattutto, è stata la politica a incontrare Geronzi quando, dal 1983, ha iniziato un processo di fusioni bancarie a ripetizione fino all'ultima, quella fra Capitalia e UniCredit, definita dallo stesso Geronzi «una straordinaria operazione».
Su Telecom, il numero uno di Mediobanca ha usato parole vellutate, che in realtà sono una sciabolata: la situazione è complessa. «Ci sono state delle situazioni anomale, che non sono state viste tali, e che hanno in qualche modo creato problemi che non hanno riferimento con l'economia aziendale». La critica è tutta rivolta al governo Prodi, che ha determinato l'uscita di Tronchetti Provera, forzando la mano con un piano industriale che era tutto di matrice pubblica e da cui è nato un aspro scontro fra Prodi e lo stesso Tronchetti. A Geronzi quella mossa del governo non è piaciuta, e adesso lo ha fatto sapere.
Sulle vicende giudiziarie la difesa in pubblico è stata totale. Geronzi non riesce a capire «come mai i magistrati non si rendano conto che il presidente di una banca, come fu Capitalia, era distante anni luce da concessioni di fidi per 2 miliardi di vecchie lire in un caso (crack Italcase) o di 13 milioni di euro nell'altro (vicenda Ciappazzi)». Il banchiere, comunque, si sente tranquillo sull'esito finale delle procedure pendenti.
E il diverbio con Bazoli in occasione della fusione Capitalia-UniCredit? «Non siamo duellanti», ha replicato Geronzi, «niente di più inverosimile. Il mio rapporto con Bazoli è un rapporto che dura da anni e che, piaccia o non piaccia, ha determinato una qualche solidità al sistema. È vero, ci sono state incomprensioni durante la fase di progettazione della maxi fusione, perché Bazoli temeva lo strapotere di piazza Cordusio su Mediobanca e sulla filiera delle partecipazioni, ma quando ha capito che i fatti sminuzzavano pezzo dopo pezzo le ansie di egemonia, tutto è tornato normale».
Su Telecom, il numero uno di Mediobanca ha usato parole vellutate, che in realtà sono una sciabolata: la situazione è complessa. «Ci sono state delle situazioni anomale, che non sono state viste tali, e che hanno in qualche modo creato problemi che non hanno riferimento con l'economia aziendale». La critica è tutta rivolta al governo Prodi, che ha determinato l'uscita di Tronchetti Provera, forzando la mano con un piano industriale che era tutto di matrice pubblica e da cui è nato un aspro scontro fra Prodi e lo stesso Tronchetti. A Geronzi quella mossa del governo non è piaciuta, e adesso lo ha fatto sapere.
Sulle vicende giudiziarie la difesa in pubblico è stata totale. Geronzi non riesce a capire «come mai i magistrati non si rendano conto che il presidente di una banca, come fu Capitalia, era distante anni luce da concessioni di fidi per 2 miliardi di vecchie lire in un caso (crack Italcase) o di 13 milioni di euro nell'altro (vicenda Ciappazzi)». Il banchiere, comunque, si sente tranquillo sull'esito finale delle procedure pendenti.
E il diverbio con Bazoli in occasione della fusione Capitalia-UniCredit? «Non siamo duellanti», ha replicato Geronzi, «niente di più inverosimile. Il mio rapporto con Bazoli è un rapporto che dura da anni e che, piaccia o non piaccia, ha determinato una qualche solidità al sistema. È vero, ci sono state incomprensioni durante la fase di progettazione della maxi fusione, perché Bazoli temeva lo strapotere di piazza Cordusio su Mediobanca e sulla filiera delle partecipazioni, ma quando ha capito che i fatti sminuzzavano pezzo dopo pezzo le ansie di egemonia, tutto è tornato normale».