Bene Tremonti. Per Alitalia siamo aperti

La Stampa

Sul prezzo del petrolio esistono «alcune discrasie» che il ministro dell'Economia «vuole eliminare e secondo me fa bene a farlo». Promosso dunque Giulio Tremonti, per la sua «Robin tax» sui petrolieri, ma anche per l'accordo con le banche sui mutui: «Un fatto positivo». Approvazione pure per il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi che sulla crisi finanziaria «è stato, come si conviene a un banchiere centrale, molto prudente» anche se, tra subprime e affini, «è chiaro che i problemi non sono finiti».

Sul prezzo del petrolio esistono «alcune discrasie» che il ministro dell"Economia «vuole eliminare e secondo me fa bene a farlo». Promosso dunque Giulio Tremonti, per la sua «Robin tax» sui petrolieri, ma anche per l'accordo con le banche sui mutui: «Un fatto positivo». Approvazione pure per il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi che sulla crisi finanziaria «è stato, come si conviene a un banchiere centrale, molto prudente» anche se, tra subprime e affini, «è chiaro che i problemi non sono finiti».
Così parla Cesare Geronzi, presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, oggi forse il banchiere più influente del panorama nazionale. Intervistato pubblicamente mercoledì sera a Firenze dal direttore della Stampa Giulio Anselmi, per un incontro dell'Osservatorio Giovani-Editori - sul palco anche il presidente di Rcs Piergaetano Marchetti e quello dell'Osservatorio Andrea Ceccherini - Geronzi si propone come banchiere di sistema e al centro del sistema. Come quando parla di Alitalia. Sulla compagnia di bandiera cita ancora Tremonti: «Credo che si debba riconoscere al ministro dell'Economia, come portatore del pacchetto di maggioranza, il diritto a individuare una scelta». Poi spiega che «Mediobanca viene tirata molto in ballo e questo ci inorgoglisce... ma la verità è che noi non ce ne siamo finora interessati». Però... «in un contesto ben definito, nel quale il ministro dell'Economia ha ipotizzato il disegno da  realizzare, anche con la collaborazione di Banca Intesa», Mediobanca potrebbe fare la sua parte perché «noi facciamo parte di un sistema, non siamo fuori dal sistema. Il sistema paese deve reggere». Sull'altra grande «incompiuta» aziendale, quella di Telecom, il banchiere ha idee chiare, a partire dal pieno sostegno all'ex presidente Marco Tronchetti Provera, per il quale «ho grande apprezzamento come manager oltre che come uomo». Nella Telecom di Tronchetti, spiega «ci sono state situazioni anomale non incidentali, ma che hanno creato problemi che non hanno nessun riferimento all'economia aziendale». Adesso «la situazione è complessa», ed «è tempo di mettere mano ai problemi. Nessuno meglio di Franco Bernabé può farlo».
Geronzi banchiere di sistema, ma non - si scrolla di dosso l'etichetta con qualche fastidio - «banchiere politico». «Io non sono un uomo che ha fatto banca e al tempo stesso politica, tutto il contrario» - risponde ad Anselmi che evoca anche la figura di Andreotti. «Certo, da banchiere ho incontrato la politica ma dovreste sapere - aggiunge con malizia - Roma com'è attraversata da banchieri di peso che non stanno a Roma, e come sono ascoltati in quei corridoi dove si fa la politica». Così come archivia i suoi problemi giudiziari - ultimo un rinvio a giudizio per il caso Parmalat - con frasi secche: «Se noi vivessimo in un paese nel quale le responsabilità si accompagnano alle funzioni e alle deleghe che vengono utilizzate, le mie vicende giudiziarie non esisterebbero. In nessuno dei casi si può provare che io abbia non solo fatto, ma concorso a fare, alcunché». E le banche e i suoi colleghi banchieri. Che opinione ne ha il presidente di Mediobanca? Sul mondo del credito e soprattutto sui suoi clienti arriva - un pò a sorpresa - un'autocritica: «È vero, il sistema bancario ha fatto moltissimo, si è ristrutturato. Ma non ha meditato abbastanza sui danni reputazionali che derivano dal malessere dei consumatori». E proprio su quella commissione di massimo scoperto evocata da Draghi come sintomo di ciò che non va nel mondo del credito, «in tutta evidenza non è sostenibile. È necessario ripensarla, è necessario che il sistema faccia i conti con i propri clienti. Di più: «Siamo stati distratti sul rapporto banca-cliente, adesso è tempo di farlo».
Nella sua critica, Geronzi sembra comprendere anche i banchieri più giovani: «Più il manager è pagato, più vale: questo è ciò che s'insinua nelle giovane classe dirigente. Una cosa che va corretta perché non si può assolutamente pensare che l'azienda, una volta creato valore per sé e per i propri azionisti, abbia esaurito i propri compiti». Visioni lontane mille miglia, insomma, da quelle dei banchieri tutti orientati al mercato finanziario, così come distante da loro il presidente di Mediobanca si sente sul capitolo dei mega-stipendi. «Personalmente - dice - mi ritengo esente: non ho mai voluto appartenere alla categoria dei destinatari di stock option, non perché non allettato, ma perché ho sempre ritenuto che almeno una persona deve avere indipendenza di giudizio e tornaconto al momento di prendere una decisione». E i 20 milioni di premio che il cda di Capitalia ha ritenuto di versargli lo scorso anno dopo la fusione con Unicredit? «Era una liquidazione dopo venticinque anni di lavoro nella stessa azienda e non la mia retribuzione che è sempre stata molto più bassa». Dove invece i rapporti sono ottimi, assicura, è con l'altro grande banchiere italiano suo omologo e coetaneo: quel Giovanni Bazoli che sta a capo del consiglio di sorveglianza Intesa-Sanpaolo: «Niente di più inverosimile», che definirli avversari. Anzi, «il nostro rapporto dura da anni e abbiamo sempre fatto prevalere il buonsenso e la saggezza di chi ha il dovere di essere saggio». E per il banchiere di sistema la conclusione è quasi obbligata: «È un rapporto che, piaccia o non piaccia, ha determinato una solida stabilità del sistema».