Unicredit-Capitalia al traguardo domenica il via libera dai consigli

La Repubblica

MILANO — Manca solo la convocazione dei consigli, che dovrebbe partire oggi per riunire i due fronti domenica. Inizierà, salvo sorprese improbabili, la strada comune di Unicredit e Capitalia

MILANO — Manca solo la convocazione dei consigli, che dovrebbe partire oggi per riunire i due fronti domenica. Inizierà, salvo sorprese improbabili, la strada comune di Unicredit e Capitalia. Fino all'autunno, quando l'integrazione dovrebbe compiersi e dare vita alla sesta banca mondiale con 100 miliardi di capitalizzazione. La giornata è trascorsa senza sussulti, affinando gli ultimi dettagli. Anche il mercato s 'è placato, continua a preferire il titolo romano (+0,72% a 7,92 euro) a quello milanese (-0,45% a 7,48 euro). A questi prezzi il rapporto di cambio è attorno a 1,06, e quello ufficiale non dovrebbe allontanarsi troppo.
L'intesa c'è anche sulle poltrone: Alessandro Profumo e Dieter Rampl restano ad e presidente del gruppo italotedesco che incorporerà Capitalia, il romano Cesare Geronzi dovrebbe spuntare la presidenza del consiglio di sorveglianza di Mediobanca e una vicepresidenza nel polo nascente, con delega alle partecipazioni. Un ruolo che pare tagliato per lui, abituato a farsi carico delle partite nostrane più calde. Il nuovo gruppo avrà infatti una rosa di partecipazioni senza uguali in Italia: il 18% di Mediobanca (circa la metà sarà da ricollocare, però), il 6,5% di Generali (in bond convertibili entro un paio d'anni passerebbero agli investitori istituzionali), e quote rotonde in Fiat, Pirelli, Camfin e Rcs.
Sempre nei vertici, non è chiara la collocazione  di Matteo Arpe. Secondo fonti a lui vicine, l'ad di Capitalia continua a supportare la fusione, ma non sembra che ci sia posto per lui nel polo. Potrebbe quindi mettersi in proprio, forte magari di un gruzzolo personale di rilievo. Grazie alla decuplicazione del titolo, cui Arpe ha contribuito in sei anni, e ai pacchetti di stock option in essere, il banchiere monetizzerà almeno 35 milioni di euro uscendo. Sempre meno di quel che stanno per guadagnare i suoi soci, che in pochi anni hanno almeno quintuplicato l'investimento. Chi guadagna in proporzione un po' meno sono gli olandesi di Abn Amro, primi azionisti con l'8,6% nel patto romano. Il loro valore di carico è 4,4 euro ad azione, quindi per loro si avvicina una plus valenza (virtuale, visto che l'operazione avviene attraverso lo scambio di titoli) di quasi 1 miliardo, sempre che non restino soci di Unicredit-Capitalia. Allo stato, con Abn preda e stretta nella morsa di due colossi mondiali, gli olandesi hanno poco da replicare; così si appresterebbero a votare sì alla fusione, come il resto del patto Capitalia, che sindaca il 31%. Per alcuni pattisti ci sarà posto nel futuro cda unito: sembra siano attesi da quattro poltrone, in rappresentanza del peso specifico della banca acquisita, che vale un quarto di Unicredit.
I preparativi della nascita del secondo polo nazionale si affiancano a un piccolo giallo azionario. Ieri lntesa Sanpaolo, leader del mercato creditizio e arcirivale del tandem Profumo-Geronzi, ha segnalato alla Consob di essere salita fino al 2,5% del capitale Unicredit.
Il gruppo guidato da Corrado Passera lo spiega con «l'abituale attività di negoziazione, coperta da derivati». Poco prima, il gruppo aveva superato il 2% anche in Capitalia. Sempre «per trading», dissero a Intesa, addebitando gli sfondamenti all'ampiezza delle masse gestite e alle incertezze della piattaforma informatica. Qualche osservatore, più maliziosamente, ora legge quegli acquisti come una forma di pressione verso i rivali, perché con la fusione allo studio non sconvolgessero gli equilibri del sistema. Quel che è sicuro è che quegli acquisti a oggi si rivelano un buon investimento.