Geronzi pronto alla presidenza Mediobanca

Il Giornale

Il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, ha una gran fretta. Ha capito, e il suo amministratore delegato Matteo Arpe non perde occasione per rimarcarlo, che la banca romana in splendido isolamento non può restare. Troppi soci con poco capitale e conti ormai a posto. Prima o poi una sistemazione alla sua banca, e dunque a se stesso, la deve pur trovare

Il  presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, ha una gran fretta. Ha capito, e il suo amministratore delegato Matteo Arpe non perde occasione per rimarcarlo, che la banca romana in splendido isolamento non può restare. Troppi soci con poco capitale e conti ormai a posto. Prima o poi una sistemazione alla sua banca, e dunque a se stesso, la deve pur trovare. Con abilità Geronzi ieri ha messo in fila due colpi. Al pubblico ha fatto intendere che Roma è pronta alla chiamata di Unicredit (il giorno prima il suo ad Alessandro Profumo non aveva escluso una fusione con Capitalia). Nel privato, a piazzetta Cuccia dove si è riunito il board di Mediobanca, ha ottenuto un sistema di regole societarie tali per le quali la strada per la sua presidenza (dì Mediobanca intendiamo) sia in discesa. Non è però detto che le due vie si incrocino: il processo messo in moto per ottenere la guida di Mediobanca è avviato. Non altrettanto si può dire per la fusione con Unicredit.
Partiamo da Mediobanca. Ieri una riunione informale dei grandi soci ha stabilito l'adozione di un sistema di governo societario duale: i manager, che sono la forza dell'Istituto, alla guida del consiglio di gestione e agli azionisti il consiglio di sorveglianza, senza pasticci e commistioni. Piergaetano Marchetti ha praticamente già fatto il progetto che potrebbe essere approvato a giugno. Ma per questioni tecniche (la Banca d'Italia non vuole che il cambiamento avvenga ad esercizio in corso) esso prenderà vita solo dopo l'assemblea di bilancio di fine ottobre. C'è stata comunque un'accelerazione improvvisa, figlia proprio dell'attivismo romano. Alla rapidità dei tempi e dei modi nella gestione degli affari di Mediobanca, non corrisponde altrettanta incisività nel progetto di fusione tra Capitalia e Unicredit. La loro partecipazione congiunta in Mediobanca dovrebbe, secondo le regole, venire dimezzata: ma questo non sarebbe un problema, allargando il patto e riducendo la sua presa sul capitale, come mesi fa aveva chiesto Alberto Nagel (direttore generale di piazzetta Cuccia). Piuttosto, la fusione Uni-Capitalia creerebbe e giustificherebbe la presidenza di Mediobanca affidata a Geronzi.
Ma ci sono due o tre elementi che ancora «remano contro». Le fusioni, un po' come le scalate, si fanno e poi si annunciano. Sembra avvenire il contrario: è tutto un susseguirsi di indiscrezioni che più che alimentare i matrimoni aizzano gli appetiti delle amanti. C'è un secondo elemento nell'attività romana che fa pensare. In queste ultime settimane si è consumato uno scontro acceso tra Geronzi ed Arpe. Conclusosi con la predisposizione di regole nuove da adottare nel funzionamento della banca. Consigli e comitati sono impegnati nel predisporle.
Non è esattamente il comportamento logico di una banca che intende mettersi sul mercato, o meglio vendersi (come sarebbe nel caso di accordo con il «colosso europeo» Unicredit). Sono regole che verrebbero spazzate via nell'espace d'un matin. Infine Costamagna. L'ex manager di Goldman Sachs,  neoassunto da Geronzi. «Sembra più un consulente di Prodi - dice un banchiere che vuole mantenere l'anonimato - che di Geronzi. Se avesse voluto davvero accelerare su una fusione complessa avrebbe ingaggiato un vera banca d'affari e non un singolo, per quanto abile, consulente».
Nel mezzo Alessandro Profumo. La sua operazione ideale resta con i francesi di Société Generale. Stanno però trattando da posizioni di relativa forza e  potrebbero così diluire la presa manageriale di Profumo sul nuovo aggregato. È per questo che l'opzione con Roma prende corpo. Geronzi naviga in questo mare da molti anni. E sta giocando le carte scoprendole una alla volta. Non è detto che il punto finale sia Unicredit, è probabile la sua investitura in Mediobanca, non è escluso che il dossier Unipol (ricca di capitale in eccesso, ma malconcia per il dopo-Consorte) ritorni in auge.