Geronzi: «Macché politica. Oggi vincono gli azionisti»

Il Corriere della Sera

II banchiere romano: «Un accordo per il potere? Ma se stiamo vendendo. Abbiamo anche deciso di cedere le quote nel Leone e in Piazzetta Cuccia. Abbiamo fatto percorsi diversi ma fra persone intelligenti ci si capisce. Mps? Sono sulla Rocca, non si muoveranno mai. Caos su Abn non mi è piaciuto, non sono portato per queste cose. Potevo parlarne con Groenink, ma gli ho detto di no

MILANO — «Chi la butta in politica sbaglia. Non è un'operazione di potere». La lunga giornata che ha sancito la nascita della più grande banca italiana è finita. Alle ventuno Cesare Geronzi è montato sull'aereo che lo ha portato a Milano, dove oggi ha appuntamento con gli analisti finanziari. Finalmente si rilassa il presidente di Capitalia. E parlando ai suoi più stretti collaboratori confessa che sentir parlare di potere e politica nell'operazione Unicredit-Capitalia non gli piace.
L'unica logica dietro al matrimonio è quella del mercato, «una scelta di concorrenza» la definisce. «Abbiamo deciso di vendere è non è cosa di poco conto — spiega —. Come si fa a parlare di potere?». Certo, con una fetta consistente del capitale di Mediobanca e di Generali in mano alla nuova banca, difficile pensare che il matrimonio con Unicredit non rischi di cambiare gli equilibri. Tanto più che qualcuno da Banca Intesa avrebbe già fatto presente al governatore Mario Draghi che ora servono maggiori garanzie per la stabilità del sistema. È davvero così? «Abbiamo deciso di cedere la quota detenuta nel patto di sindacato di Mediobanca e le nostre azioni delle Generali» è il commento del banchiere romano mentre seduto all'Hotel Principe di Savoia dà un'ultima occhiata alle carte che domani illustrerà alla business community. «Ci devono spiegare dove sarebbe questo accrescimento del potere».
Anche la politica non c'entra con la fusione, aggiunge. L'operazione è stata illustrata al ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, poi al sindaco di Roma Walter Veltroni «dal quale sono stato rimproverato perché della fusione l'ha saputo prima dai giornali». Eccolo il ruolo della politica. Mercato, è solo la logica del mercato che gli avrebbe fatto incontrare Alessandro Profumo, insiste.
«Il feeling è stato costruito in tanto tempo» racconta ai suoi. Con l'amministratore delegato di Unicredit si è incontrato molte volte e «sempre per cose molti importanti». È vero, «abbiamo fatto percorsi diversi, ma tra persone intelligenti ci si capisce». E il banchiere milanese, a detta di Geronzi, avrebbe capito in fretta che dopo la fusione tra Intesa e Sanpaolo le quote di mercato di Unicredit si stavano riducendo «e non poteva non tenerne conto». Ma anche Capitalia aveva capito qualcosa: «Dopo la fusione tra Bpu e Banca Lombarda, tra le popolari di Verona Novara e Lodi e ora Bpm e Bper, correvamo il rischio di dover rincorrere. Il mercato ti morde e devi reagire per tenere il passo». Insieme al Montepaschi, la banca capitolina era una delle due «zitelle» più ambite del risiko. E per qualche tempo si è parlato proprio di una possibile fusione con Siena. «Impensabile — secondo Geronzi — Sono sulla Rocca e non si muoveranno mai». Anche di Abn Amro si è a lungo parlato. Ma «il caos che si è creato attorno ad Abn non mi è piaciuto, non sono portato per questo genere di cose. E poi, se avessi voluto l'operazione l'avrei fatta a suo tempo parlandone direttamente con Groenink, ma gli ho detto di no».
L'unica alternativa possibile, insomma, era Unicredit: un'operazione che «riequilibra il mercato ». Ma che, però, è costata la poltrona a Matteo Arpe, l'enfant prodige portato a Roma da Geronzi che in cinque anni ha decuplicato il valore di Capitalia e che ora lascia, dopo duri contrasti con il presidente. Ma d'altra parte «l'operazione di fusione comportava dei sacrifici — così la vede il banchiere — Io stesso non sono più presidente. Serviva un solo amministratore delegato e non poteva che essere Profumo». Geronzi, tuttavia, presidente potrebbe tornare ad esserlo: nel consiglio di sorveglianza di Mediobanca. Ma adesso non ci pensa, «ora bisogna fare in fretta la fusione». Se prenderà casa a Milano «decideremo al momento opportuno».