Geronzi e Mieli stanno mettendo la minigonna al forte Partito della crisi
Il Foglio
Non sono solo il Cav. e W a volere le elezioni. La fine di Prodi è segnata dal rafforzamento del Partito della crisi, che trova nel mondo borghese del Corriere della Sera e di Mediobanca il motore mobile
Non sono solo il Cav. e W a volere le elezioni. La fine di Prodi è segnata dal rafforzamento del Partito della crisi, che trova nel mondo borghese del Corriere della Sera e di Mediobanca il motore mobile. In occasione della prima epoca ulivista fu l'asse Cuccia-Mieli-Merlo (ora gran parigino per Repubblica) a fare del Corriere la principale forza d'opposizione, come lo definì l'Economist. Oggi la vocazione crisista di via Solferino, coltivata sul fronte liberista "di sinistra" da Francesco Giavazzi, su quello euroliberale da Mario Monti, su quello castale da Stella & Rizzo e su quello pragmatico-economico da Dario Di Vico, ritrova sbocco nell'antiendorsement caprese del direttore Paolo Mieli (riforme subito: se no, meglio il voto). Non si può parlare di una riedizione del trio con Geronzi-Mieli-Di Vico, ma alla scrivania di Cuccia c'è di nuovo un dominus vero.
Cesare Geronzi appunto, che per indole da regista di sistema è già oltre nel tracciare alleanze: terra sotto lo stesso tetto i liberal (non prodiani) Benetton, il mondo berlusconiano, (il non certo prodiano) Marco Tronchetti Provera e ovviamente l'Unicredit di Alessandro Profumo. Geronzi predilige scenari fluidi e nella fase decisiva della partita su Generali. Antitrust il milieu geronziano non vede di malocchio un indebolimento del fronte bazoliano, dunque almeno in parte prodiano. Veltroni in passato aveva preferito come interlocutore in Capitalia Matteo Arpe, ma ora, fuoriuscito il giovane ad e fatto pagare dazio al sindaco di Roma (pare che seppe dalla stampa della fusione tra Unicredit e Capitalia), c'è attesa per W. Negli ultimi mesi anche dai vertici di Intesa, dallo stesso Bazoli e da Corrado Passera, sono venuti segnali di presa di distanza dal prodismo. Altro sintomo di forza del Partito della crisi, colto dal ministro degli Esteri. Massimo D'Alema, dopo le chiacchiere primaverili con Geronzi e Bazoli, l'amicizia stretta con Profumo, si è fatto garante silenzioso e sconfitto della pace politica sul riassetto bancario, con da una parte Super Intesa e il Monte dei Paschi di Giuseppe Mussari (lo stesso che due giorni fa ad Arezzo era col ticket Veltroni-Franceschini) e Super Unicredit dall'altra. Oggi D'Alema, sentito il peso del Partito della crisi, si è preso Guido Rossi come avvocato e cerca per sé una buonuscita europea. Dopo i chiari di luna caprese Geronzi e Mieli stanno mettendo la minigonna al forte Partito della crisi.
Si tratta pero di capire a chi spetta la tessera n.1 del Partito della crisi. Da qui la concorrenza tra Corriere e Repubblica, dove solo Eugenio Scalfari non coltiva ambizioni crisiste. Il patron di Repubblica, Carlo De Benedetti, a Capri per parlare di "una democrazia bloccata", una tessera n.1 l'ha già chiesta, quella del Pd. E da domenica il Pd avrà come guida il leader da lui prescelto. Ovvio che l'ingegnere, con l'arrivo di W, consideri chiusa la fase di ordinaria amministrazione condominiale affidata a Prodi. Le conferme, dopo Capri, dello stallo ormai insopportabile sono giunte dai poteri neutri: Corte dei conti e governatore Draghi.
Un'eco dal Quirinale: basta polemiche, fate cose concrete. E per tradizione il Corriere è attento agli umori di Bankitalia e Quirinale. La presidenza della Repubblica invece non può non essere sensibile allo scenario europeo, e il governo più europeista di tutti, tra una scivolata e l'altra in commissione Difesa sulla manovra tagliafondi ai militari, raccoglie dubbi a Bruxelles: dal commissario Joaquin Almunia e dalla Bce.
Il Partito della crisi trova sponde perfino nella maggioranza. Antonio Di Pietro è voglioso di urne, forte di un patto con Beppe Grillo e di sondaggi favorevoli. L'ex pm per natura sa sentire la pancia dell'opinione pubblica e per ruolo di governo, dalle Infrastratture, conosce il sentimento delle imprese. II mondo centrista è in sommovimento. La capogruppo Ds al Senato, Anna Finocchiaro, chiede azzeramenti ministeriali, mentre il futuro leader del Pd vuole dare un senso a una legislatura che finora, dunque, un senso non ce l'ha avuto. Pensano i prodiani: ma il Prof. può contare sul rapporto con le organizzazioni di categoría e il referendum sul welfare fa respirare il governo. Però l'asse con Guglielmo Epifani é saltato per la debolezza del leader della Cgil. Mentre Confindustria ha giovanilmente approntato a Capri un incontro sull'Italia del dopo Prodi. Il presidente Montezemolo intanto si vede con Veltroni, auspicando alleanze di nuovo conio senza la sinistra estrema, e c'è chi dice che Alberto Bombassei si sia quasi giocato la successione a Luca Cordero di Montezemolo per eccesso di cautela con Prodi. "Tra gli imprenditori - dice una fonte informata - il primo che cavalca il Partito della crisi ottiene la guida di Confindustria".
Cesare Geronzi appunto, che per indole da regista di sistema è già oltre nel tracciare alleanze: terra sotto lo stesso tetto i liberal (non prodiani) Benetton, il mondo berlusconiano, (il non certo prodiano) Marco Tronchetti Provera e ovviamente l'Unicredit di Alessandro Profumo. Geronzi predilige scenari fluidi e nella fase decisiva della partita su Generali. Antitrust il milieu geronziano non vede di malocchio un indebolimento del fronte bazoliano, dunque almeno in parte prodiano. Veltroni in passato aveva preferito come interlocutore in Capitalia Matteo Arpe, ma ora, fuoriuscito il giovane ad e fatto pagare dazio al sindaco di Roma (pare che seppe dalla stampa della fusione tra Unicredit e Capitalia), c'è attesa per W. Negli ultimi mesi anche dai vertici di Intesa, dallo stesso Bazoli e da Corrado Passera, sono venuti segnali di presa di distanza dal prodismo. Altro sintomo di forza del Partito della crisi, colto dal ministro degli Esteri. Massimo D'Alema, dopo le chiacchiere primaverili con Geronzi e Bazoli, l'amicizia stretta con Profumo, si è fatto garante silenzioso e sconfitto della pace politica sul riassetto bancario, con da una parte Super Intesa e il Monte dei Paschi di Giuseppe Mussari (lo stesso che due giorni fa ad Arezzo era col ticket Veltroni-Franceschini) e Super Unicredit dall'altra. Oggi D'Alema, sentito il peso del Partito della crisi, si è preso Guido Rossi come avvocato e cerca per sé una buonuscita europea. Dopo i chiari di luna caprese Geronzi e Mieli stanno mettendo la minigonna al forte Partito della crisi.
Si tratta pero di capire a chi spetta la tessera n.1 del Partito della crisi. Da qui la concorrenza tra Corriere e Repubblica, dove solo Eugenio Scalfari non coltiva ambizioni crisiste. Il patron di Repubblica, Carlo De Benedetti, a Capri per parlare di "una democrazia bloccata", una tessera n.1 l'ha già chiesta, quella del Pd. E da domenica il Pd avrà come guida il leader da lui prescelto. Ovvio che l'ingegnere, con l'arrivo di W, consideri chiusa la fase di ordinaria amministrazione condominiale affidata a Prodi. Le conferme, dopo Capri, dello stallo ormai insopportabile sono giunte dai poteri neutri: Corte dei conti e governatore Draghi.
Un'eco dal Quirinale: basta polemiche, fate cose concrete. E per tradizione il Corriere è attento agli umori di Bankitalia e Quirinale. La presidenza della Repubblica invece non può non essere sensibile allo scenario europeo, e il governo più europeista di tutti, tra una scivolata e l'altra in commissione Difesa sulla manovra tagliafondi ai militari, raccoglie dubbi a Bruxelles: dal commissario Joaquin Almunia e dalla Bce.
Il Partito della crisi trova sponde perfino nella maggioranza. Antonio Di Pietro è voglioso di urne, forte di un patto con Beppe Grillo e di sondaggi favorevoli. L'ex pm per natura sa sentire la pancia dell'opinione pubblica e per ruolo di governo, dalle Infrastratture, conosce il sentimento delle imprese. II mondo centrista è in sommovimento. La capogruppo Ds al Senato, Anna Finocchiaro, chiede azzeramenti ministeriali, mentre il futuro leader del Pd vuole dare un senso a una legislatura che finora, dunque, un senso non ce l'ha avuto. Pensano i prodiani: ma il Prof. può contare sul rapporto con le organizzazioni di categoría e il referendum sul welfare fa respirare il governo. Però l'asse con Guglielmo Epifani é saltato per la debolezza del leader della Cgil. Mentre Confindustria ha giovanilmente approntato a Capri un incontro sull'Italia del dopo Prodi. Il presidente Montezemolo intanto si vede con Veltroni, auspicando alleanze di nuovo conio senza la sinistra estrema, e c'è chi dice che Alberto Bombassei si sia quasi giocato la successione a Luca Cordero di Montezemolo per eccesso di cautela con Prodi. "Tra gli imprenditori - dice una fonte informata - il primo che cavalca il Partito della crisi ottiene la guida di Confindustria".