Profumo ha disegnato la SuperUnicredit Geronzi in Mediobanca, Arpe all'addio

Il Riformista

I tratti dell'operazione finanziaria dell'anno che dovrebbe chiudesi domenica vanno chiarendosi. La nuova banca con ogni probabilità si chiamerà, semplicemente, Unicredit: il che rende bene il carattere profondo di acquisizione da parte di Piazza Cordusio, al di là della tecnicalità della fusione per incorporazione.

I tratti dell'operazione finanziaria dell'anno che dovrebbe chiudesi domenica vanno chiarendosi. La nuova banca con ogni probabilità si chiamerà, semplicemente, Unicredit: il che rende bene il carattere profondo di acquisizione da parte di Piazza Cordusio, al di là della tecnicalità della fusione per incorporazione. Il marchio e il nome di Capitalia dovrebbero dunque essere presto consegnati al passato. Cesare Geronzi, come già noto, avrà la presidenza della nuova SuperUnicredit con delega a Mediobanca. Dove di conseguenza, nonostante la smentita di pochi giorni fa, il presidente di via Minghetti, si accomoderà certamente sulla poltrona di presidente del consiglio di sorveglianza, sfruttando quella di governance duale che Mediobanca ha approvato e che Alessandro Profumo coerente con quanto dice in ogni sede da mesi ha invece fermamente escluso per il colosso che sta partorendo. In Piazzetta Cuccia, rispetto all'arrivo di Geronzi, permane freddezza. Per quanto riguarda la testa della catena, la nuova Unicredit, dovrebbero partecipare al board tre o quattro consiglieri in quota Capitalia, oltre a Geronzi: si fanno i nomi di Ligresti e della Regione Sicilia.
Segnato è anche il destino di Matteo Arpe, la cui estromissione è condizione "naturale" per il decollo dell'operazione. A giorni, o al più tardi a settimane, arriveranno dunque le dimissioni dell'amministratore delegato. Dimissioni che sono certo gradite a Cesare Geronzi, ma che non dispiacciono ad Alessandro Profumo. La gestione del nuovo colosso, la sesta banca del mondo con cento miliardi di capitalizzazione, la prima in Italia per dimensioni e la seconda alle spalle di Intesa-Sanpaolo per quota di mercato, non importerà dunque il dualismo che tanto ha animato nei mesi e negli anni scorsi le cronache finanziarie. Il dato sembra confermare quanto fonti milanesi vicine al dossier raccontano: al profilarsi dell'operazione, il presidente di Capitalia avrebbe trattato soprattutto la propria posizione futura, tanto che lo stesso Alessandro Profumo, memore del suo take over tedesco ma soprattutto del lungo lavorio preventivo e successivo che aveva portato a un punto di equilibrio su Intesa-Sanpaolo, sarebbe stato sorpreso dalla carta bianca ricevuta su molti dei punti nodali. In particolare, non sarebbero state avanzate particolari pretese sull'incorporazione di parte del management, né sembra che si stia dando particolare battaglia sul prezzo, e l'operazione - probabilmente realizzata tutta carta contro carta, salva la possibilità di un pagamento cash di azioni di via Minghetti per un 20% del totale - si chiuderà valutando il titolo attorno agli 8 euro. Un prezzo prossimo al valore corrente di mercato, cui non sarebbe aggiunto alcun premio. Tanto libera, la mano di Piazza Cordusio, che il documento di massima su cui si ragiona in vista del closing sarebbe stato sostanzialmente redatto nella banca milanese e inviato poi nelle stanze romane per un avallo. Al presidente Geronzi, l'onere di esercitare il suo personale potere nei confronti degli azionisti forti, e dei pattisti, ma nessuno dubita che ancora una volta riuscirà a fare quadrato attorno a sé.
Dalla sua, oltre alle carte di sempre, ha un accordo di sistema che coinvolge, pur con diversi gradi di consenso, tutti i principali attori del mondo bancario e finanziario italiano, la promessa di una strategia industriale affidata a un grande banchiere come Alessandro Profumo, e il sigillo autorevole, e assai attivamente impresso lungo la tratta Roma-Milano per un governatore sempre celebrato come terzo, che Mario Draghi in persona ha impresso all'operazione fin dal suo stato embrionale. Qualche problema gestionale della transizione, tuttavia, potrebbe profilarsi quando le sinergie per oltre un miliardo calcolate dagli advisor, e previste anche nella presentazione recapitata in via Minghetti da Piazzale Cordusio in forma di nuovi profitti e di riduzione dei costi, si tradurranno nella parola "esuberi", come già successe nel caso di Intesa-Sanpaolo. Difficile credere, infatti, che il contenimento della spesa non passi per una riduzione del personale - quanto numerosa lo diranno le prossime settimane -, tanto più che l'integrazione dei sistemi informatici e logistici richiederà invece un aumento delle voci di spesa. L'ultima volta che i dipendenti di via Minghetti si fecero sentire, lo scorso febbraio mentre ferveva la battaglia tra Geronzi ed Arpe, presero apertamente le parti dell'amministratore delegato. A partire dal suo rientro, il titolo allora attestato intorno ai 6,5 euro, riprese a crescere portandolo ai livelli attuali, che consentono un'operazione vantaggiosa. Di fronte alle prossime dimissioni Arpe, e magari con l'avanzarsi dell'ipotesi di esuberi, potranno forse rinnovare la loro solidarietà al banchiere lombardo. Che questa volta, tuttavia, saluterà davvero Via Minghetti.