Geronzi in Mediobanca a fine giugno. Rcs primo banco di prova con Profumo

La Repubblica

Lanuova banca dismetterà tutte le partecipazioni non attinenti al core business. Il ruolo di Piazzetta Cuccia

MILANO — Quale sarà il destino del 2% di Rcs nel portafoglio di Unicredit?, hanno chiesto ieri mattina i giornalisti a Cesare Geronzi.
«Sarei felicissimo se tutti gli azionisti di Rcs apportassero le loro azioni ad una Fondazione», è stata la risposta a sorpresa. La materia è delicata anche perché dalle prime dichiarazioni ai giornali Alessandro Profumo e Cesare Geronzi, che da qualche giorno sembrano parlare la stessa lingua in fatto di banche, sull'argomento Rcs non sembrano avere la stessa idea. «Mi ritrovo una partecipazione in Rcs governata da un patto che ha determinate scadenze. Fatemi arrivare a quella data e poi vedrete se sono in contraddizione o no», ha detto Profumo in un'intervista al Corriere della Sera. «Quella in Rcs è una banale partecipazione del 2%. E non è in discussione», ha spiegato Geronzi a Repubblica. E poco prima che il presidente in pectore di Mediobanca estraesse dal cilindro l'idea della Fondazione, Profumo di fronte alla platea degli analisti finanziari aveva tenuto a precisare che «tutto ciò che non è core business verrà dismesso».
Quella partecipazione pari al 2% di Rcs era stata acquistata da Capitalia nell'estate del 2004, al termine del riassetto azionario che aveva visto la Gemina della famiglia Romiti scendere dall'8 all'1%.Con un blitz estivo Geronzi si era presentato ai soci del patto di sindacato della casa editrice chiedendo di essere ammesso insieme a Salvatore Ligresti, Diego Della Valle e Francesco Merloni. Essendo Banca Intesa già presente nel patto, Geronzi riteneva di controbilanciare la presenza di Giovanni Bazoli nei delicati equilibri della gestione del Corriere. Ma proprio quell'incursione fu occasione di scontro con Profumo che immediatamente decise di vendere le azioni che Unicredit aveva in portafoglio offrendo contemporaneamente le dimissioni dalla Rcs Quotidiani.
Che cosa succederà adesso? Per fine giugno Geronzi sarà nominato presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, cioè con l'assemblea straordinaria che approverà definitivamente la governance dualistica. A quel punto il posto di vicepresidente in Unicredit Group verrà ricoperto da Berardino Libonati «sebbene non con le stesse caratteristiche», è scritto nella presentazione agli analisti di ieri. Ciò vuol dire che probabilmente Libonati non avrà la delega alle partecipazioni che in questo momento spetta a Geronzi, avendo contrattato direttamente con Profumo tale competenza. Ma ciò vuole anche dire che da luglio in poi lo stesso Profumo sarà libero di vendere le partecipazioni "non core" a chicchessia in linea con la sua strategia di uscita dai salotti ad esclusione di Piazzetta Cuccia. Potrebbe vendere le quote in Pirelli e Camfin, quella in Gemina e in Investimenti Infrastrutture, la holding dei Romiti.
In alcuni casi le quote sono vincolate ai patti di sindacato, come quella in Rcs, la cui scadenza è prevista nel marzo 2009. Ed è anche possibile che Geronzi, passando al vertice di Mediobanca, possa cercare di riallocare le partecipazioni ex Capitalia sotto l'ombrello di Piazzetta Cuccia.
Ma non sarà così facile. Per esempio, proprio nel caso della casa editrice che controlla il Corriere, Mediobanca possiede già il 15%, la quota massima per non incorrere in un diritto di veto, e dunque difficilmente potrà incrementare la sua partecipazione. Così come risulta a prima vista di non facile esecuzione l'idea di conferire tutte le azioni Rcs, quotate in Borsa, in una Fondazione con determinate regole di governance. Forse questa proposta può essere più facilmente applicabile al solo Corriere della Sera ma anche in questo caso occorrerebbe fare uno spin off dell'attività più importante di tutta la casa editrice.
Più praticabile, invece, l'uscita di Unicredit da Pirelli anche in anticipo rispetto alla scadenza del patto (15 aprile 2010): l'1,5% potrebbe essere facilmente offerto in opzione agli altri partecipanti, tra cui anche Intesa Sanpaolo.
Di certo, considerando anche la dismissione del 9% di Mediobanca entro la fine del 2007 (anche questa in prelazione ai componenti del patto), la fusione Unicredit-Capitalia comporterà anche un riassetto di alcuni punti chiave del capitalismo nostrano.