"Il bersaglio era Geronzi"

Il Sole 24 Ore

"Il piano Mediobanca all'origine dello scontro? Ma se non esiste! Arpe ha irriso il presidente"

"Sono iscritto da 52 anni all'albo degli avvocati. Ho un patrimonio professionale da difendere". Vittorio RIpa di Meana, presidente dimissionario del patto di Capitalia, non ci sta. "Sono stato pesantemente attaccato in una lettera pubblicata sui giornali, che la maggior parte dei consiglieri ancora non aveva letto, dato che è stata depositata alle 20.30. Non posso accettarlo".
Ma l'idea delle dimissioni è stata sua o le è stato chiesto?
È un'iniziativa totalmente mia. In questo modo lascio liberi i membri del patto di giudicare la correttezza del mio operato. Mi rimetto al loro giudizio, ma se i soci mi rinnovassero la fiducia sarei contento.
Nella lettera a cui lei fa riferimento si dice che lei ha contattato l'amministratore delegato di Banca di Roma, Fabio Gallia, prima che scadesse il termine per la risposta dell'amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe.
Sì, è vero. Ho fatto quello che mi è stato chiesto di fare. Ma ho anche informato il dottor Arpe che avrei convocato all'indomani la riunione del patto di sindacato dove il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, avrebbe svolto una relazione per chiedere di revocargli le deleghe. Gli ho suggerito di valutare se fosse possibile trovare una soluzione meno traumatica. Mi sembrava giusto che lo sapesse da me e non dai giornali.
Si aspettava l'attacco di Arpe?
No, tant'è che al termine di quel colloquio Arpe mi ringraziò. La verità è che l'attacco a me è strumentale.
In che senso?
Nel senso che Arpe voleva attaccare Geronzi, non me.
L'amministratore delegato di Capitalia nella lettera contesta anche il fatto che non gli fossero stati spiegati i motivi per cui si riteneva di revocargli le deleghe.
I motivi non li conoscevo. Li avrebbe illustrati Geronzi nella relazione.
Su "La Stampa" si dice che esisteva un piano attribuito al presidente Geronzi per trasferire in una newco quote importanti di Capitalia e Mediobanca. In questo modo la nuova holding avrebbe controllato entrambe le banche e di riflesso Generali. E si dice anche che questo sarebbe stato uno dei motivi alla base dello scontro al vertice di Capitalia. Lei conosceva l'esistenza di questo piano?
Assolutamente no. Secondo me è un'invenzione, come quella dell'aggregazione tra Capitalia e Santander o tra Capitalia e Abn. Comunque ritengo questa ipotesi altamente improbabile.
Perché improbabile?
Perché altrimenti si sarebbe saputo, lo avrei saputo. E poi il presidente Geronzi l'ha detto chiaro: per i prossimi tre mesi, fintanto che non sarà rinnovato il patto Mediobanca e il consiglio Generali, in Capitalia non succederà niente.
E allora il contrasto tra Geronzi e Arpe a cosa è dovuto?
Ma il contrasto ha tutt'altre origini! Le pare che un amministratore delegato possa fare dichiarazioni come "Francia o Spagna purché se magna", irridendo in pubblico contemporaneamente il suo presidente, una delle più grandi banche europee e uno dei maggiori investitori francesi?
Ha fatto bene, a suo giudizio, il presidente Geronzi a ritornare sui suoi passi e a non insistere nel chiedere la revoca dei poteri all'amministratore delegato?
Geronzi ha accettato le scuse di Arpe in una situazione che, come potrà immaginare, non era gradita alla Banca d'Italia. Lo ha fatto responsabilmente per il bene della banca.