Il feeling Bazoli-Geronzi prepara la public company

La Repubblica

Come si è arrivati all'accordo tra le istituzioni finanziarie italiane. E Guido Rossi "scalda i muscoli"

"È finita l'epoca degli imprenditori senza soldi che spolpano la Telecom", commenta soddisfatto uno dei banchieri artefice dell'accordo di ieri sera tra la Pirelli e un pool di investitori formato da banche e assicurazioni italiane e della spagnola Telefonica. Di parere contrario il fronte che voleva una maggiore presenza degli imprenditori italiani nel capitale. "Per bloccare Colaninno e Berlusconi hanno dato la Telecom in pasto agli spagnoli con Benetton a fare da ago della bilancia". È abbastanza evidente che in queste due frasi si condensano due concezioni assai diverse di cosa ha rappresentato la Telecom in mano ai privati dal 1997 a oggi e di come dovrà essere gestita la società in futuro.
L'uscita di Tronchetti Provera e della Pirelli dal capitale Telecom in effetti segna uno spartiacque storico: nessuna famiglia imprenditoriale, per grande che sia, ha spalle sufficientemente larghe per gestire un colosso di queste dimensioni, con 30 miliardi di fatturato e 42 miliardi di capitalizzazione. Ci hanno provato gli Agnelli con il nocciolino duro, poi Colaninno e la razza padana con l'Opa a debito e quindi Tronchetti che ha detto stop prima che la discesa del titolo portasse a fondo tutta la struttura di scatole sovrastanti. Visto come è andata in passato ora è meglio tentare la via delle istituzioni finanziarie, Mediobanca, Generali e IntesaSanpaolo in primis, attraversate al loro interno da giochi di potere ma con spalle forti e visione di più lungo periodo. "Mediobanca ritorna al centro del sistema con uno stile nuovo, senza arroganza e con spirito collaborativo verso le altre istituzioni - osserva Tarak Ben Ammar, consigliere di Piazzetta Cuccia e rappresentante della componente francese -. Determinante per la riuscita dell'accordo è stata l'intesa tra Bazoli e Geronzi, veri garanti delle istituzioni italiane".
E qui sta la vera novità del capitalismo nostrano. Da tempo non si vedevano i presidenti di due grandi banche, entrambi determinati negli snodi vitali del sistema, andare così d'accordo. Un feeling trasversale tra due "grandi vecchi" che negli ultimi tempi si è dovuto scontrare con l'impostazione più aggressiva dei manager operativi, Matteo Arpe da una parte e Corrado Passera dall'altra. E che per certi versi impensierisce anche Alessandro Profumo. Quest'ultimo è entrato nella partita Telecom all'ultimo momento, dopo una frase sprezzante nei confronti del premio richiesto da Pirelli (oggi ottenuto), cercando di portare al tavolo delle trattative la tedesca Deutsche Telekom. E, questa volta, sul piano tecnico, occorre riconoscere che la terna al vertice di Mediobanca, composta da Gabriele Galateri, Alberto Nagel e Renato Pagliaro si è dimostrata più veloce e abile degli stessi Passera, Braggiotti e Profumo. Il primo, Galateri, ha coltivato il rapporto esclusivo con Cesar Alierta, grazie a un'amicizia risalente ai tempi della Columbia University. E mentre Intesa perdeva tempo inseguendo americani e messicani Nagel e Pagliaro trattavano in gran segreto il ritorno degli spagnoli con un'operazione tecnicamente ineccepibile. Non solo Mediobanca e Generali apportano le azioni che avevano già in portafoglio, ma sostanzialmente gli italiani non concedono molto a Telefonica in cambio del premio sul prezzo pagato. Due posti in consiglio, in proporzione alla quota di possesso diretta in Telecom, possibilità di uscita con azioni in caso di dissapori tra i soci o di vendita di asset importanti (come Tim Brasil), nessuna garanzia sulle sinergie industriali che verranno studiate dal management. Soci italiani con azioni di categoria diversa da quelle degli spagnoli per evitare saltafossi. Sembra proprio che siano state poste le premesse pre formare, magari fra tre anni, al termine dell'accordo siglato ieri, una grande public company europea tra italiani e spagnoli. Un sogno simile a quello cercato dieci anni da Prodi e Draghi e poi sfociato nel nulla tra nocciolini duri, Ops a debito, scatole cinesi e fregature per gli azionisti di minoranza. Un sogno che potrebbe tornare in auge. "Vedremo come si svilupperà in futuro e soprattutto come saranno scelti coloro che devono gestire questa azienda", è stato il commento di Prodi. Come a richiamare un percorso ancora lungo, che deve passare inevitabilmente per un'opera di pulizia interna dell'azienda dopo dieci anni a dir poco turbolenti. E Geronzi, Bazoli, Prodi e Benetton, oltre ai soci francesi di Mediobanca sono d'accordo che quest'opera di pulizia non potrà che essere ripresa e conclusa da Guido Rossi, estromesso in malo modo da Tronchetti forse proprio per evitare lo scoperchiamento delle pentole. Rossi, che aveva conosciuto Alierta proprio nel mezzo del duro confronto con Tronchetti, dovrà inoltre portare a buon fine il dialogo aperto con l'autorithy per la separazione della rete dal resto del gruppo. In questo disegno, Colaninno e Berlusconi, se entreranno, dovranno recitare la parte degli investitori finanziari puri, senza cercare accordi industriali con qualche galassia del mondo Telecom o qualche via preferenziale nella futura sistemazione de La7 e Mtv. Tra l'altro toccherà ad Intesa proporre i candidati investitori e con ogni probabilità Bazoli e Passera cercheranno di portare nella Telecom azionisti vicini al mondo Intesa in modo da riequilibrare, almeno parzialmente, il peso di Mediobanca e Generali. Mentre Benetton dovrà resistere al richiamo delle sirene iberiche che portano ad AutoAbertis.