"Ma quale operazione di potere, a fine mese fuori da Generali"

La Repubblica

Il numero uno di Capitalia: "È una straordinaria mossa di mercato. Auspicabile un'intesa con SocGen"

ROMA — «L'integrazione Unicredit-Capitalia è stata imposta dalla competizione non dal potere. E mi meraviglio delle preoccupazioni del presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, mi sembrava di averle dissipate. Del resto, dimezzeremo al 9,39% la quota del nuovo gruppo in Mediobanca e usciremo completamente da Generali già entro la fine del mese». Cesare Geronzi è decisamente soddisfatto per essere riuscito a mandare in porto in tempi strettissimi il matrimonio bancario dell'anno con Unicredit. E «auspica» una successiva «operazione con SocGen», esclude rischi di attriti con Alessandro Profumo e non si sbilancia sull'ipotesi di un suo passaggio alla presidenza del comitato di sorveglianza di Mediobanca.
Presidente, quando avete iniziato a pensare a una possibile fusione con Profumo?  Le offerte su Abn Amro, azionista di Capitalia con l'8,6%, hanno favorito un'accelerazione?
«I ragionamenti in comune con Profumo sono avvenuti in concreto a partire dall'inizio di maggio. Certo in via generale i forti sommovimenti a livello bancario internazionale hanno indotto a una più profonda meditazione circa l'inopportunità di perdite di tempo».
Da più parti, pur riconoscendone la validità strategica e industriale, questa è stata definita un'operazione di grande concentrazione di potere resa possibile soprattutto dall'appoggio della maggioranza ulivista al governo. Alla luce anche dei suoi buoni rapporti non solo con D'Alema ma anche con Berlusconi, che la definì il solo grande banchiere non schierato a sinistra, come replica? E pensa che in realtà, anche politicamente, Unicredit-Capitalia rappresenti un contrappeso a Intesa Sanpaolo?
«Il ripetuto pregiudizio di voler definire per forza questa straordinaria operazione di mercato come un'operazione di potere è totalmente infondato. Se qualcuno ha un disegno di potere, non lo hanno Alessandro Profumo e Cesare Geronzi. È la competizione che impone certe scelte, non il potere. Se poi si vuole individuare questa come un'operazione di contrappeso... Diciamo che è un'operazione di competitività sui mercati bancari».
Il numero uno di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, però, è sembrato preoccupato per questa operazione che secondo molti crea un fronte a lui contrario.
«Mi meraviglio delle preoccupazioni di Bazoli. Mi sembrava di averle dissipate in un lungo colloquio che abbiamo avuto pochi giorni fa».
Lei e Profumo in passato siete già stati alleati come in occasione della difesa di Mediobanca-Generali dalle mire francesi, ma spesso avete anche avuto visioni diverse sulla presenza e sul ruolo delle banche in alcune operazioni o in alcune società, tipo Rcs. Prima però eravate i numeri uno di due gruppi diversi. Ora lei ha un ruolo importante ma il capo azienda del nuovo colosso è Profumo. In caso di nuove diversità di vedute e date le vostre esperienze e personalità non teme la possibilità di arrivare ad attriti insanabili?
«Mutate le condizioni e mutate le alleanze questo rischio è inesistente».
In passato ha più volte ribadito che Capitalia, avrebbe avuto un ruolo aggregante nel risiko bancario. Cosa le ha fatto cambiare idea fino ad accettare un ruolo di banca aggregata?
«Sono cambiati i tempi, sono cambiati gli uomini e, soprattutto, è cambiato il mercato sia nazionale che estero. Chi si ferma all'immutabilità del proprio pensiero compie sempre un gravissimo errore. Nelle circostanze attuali sarebbe mortale».
Lo scorso anno poteva stringere un matrimonio prima con Intesa poi con Abn Amro, ma nessuna delle due è andata in porto. Tornando indietro farebbe le stesse scelte?
«Io non mi sono mai opposto all'operazione Banca Intesa e chi deve saperlo lo sa. Mi sono al contrario opposto all'operazione Abn Amro perché la mia preferenza è sempre stata per un'aggregazione italiana. Ricordo che Cuccia quando un'operazione non andava a buon fine diceva: "Calma, chi ti dice che sia un male". E oggi sono soddisfatto così».
Questa operazione potrebbe essere propedeutica a un'ulteriore crescita all'estero? SocGen è un'ipotesi concreta?
«La valutazione dell'andamento dei mercati ci impone di ritenere che tutto è possibile. E un'operazione con SocGen è auspicabile».
Matteo Arpe, ha dichiarato che il nuovo progetto funzionerà ma che per lui si era chiuso un capitolo. Però, dopo il recente scontro al vertice, la sua non sembra una scelta volontaria. Perché non è stato neanche preso in considerazione per un incarico nel nuovo gruppo? E che giudizio dà sul banchiere Arpe?
«Dal punto di vista professionale il mio giudizio su Arpe è eccellente. È rimasto fuori dagli organici del nuovo gruppo perché in operazioni di questo tipo la guida non può che essere una, nello specifico Profumo».
È stata messa nero su bianco l'incompatibilità tra il suo ruolo di vicepresidente e eventuali incarichi in altre banche. Questo vuol dire che se le venisse offerta la presidenza del futuro comitato di sorveglianza di Mediobanca lascerebbe il vertice del nuovo gruppo? O ribadisce che lei non è interessato ad andare a Piazzetta Cuccia?
«Io non ho mai posto questioni di incompatibilità perché non ho mai avuto più di un incarico in nessuna circostanza e quando l'ho avuto è stato di irrilevante importanza. Se mi venisse chiesto di andare in Mediobanca, ne parleremo».
Lei ha la delega alle partecipazioni strategiche a cominciare da Mediobanca, di cui adesso avete il 18% circa. Conferma che dimezzerete questa quota? E avete già deciso a chi andrà la parte eccedente?
«La partecipazione del nuovo gruppo in Mediobanca sarà alla fine del 9,39%. La destinazione della quota eccedente non è stata però ancora discussa. Lo sarà al momento opportuno».
E dalle Generali uscirete alla scadenza dei bond convertibili?
«Siamo già in corso d'uscita dalle Generali: nel giro di questo mese Capitalia ne uscirà completamente e credo che Unicredit abbia lo stesso orientamento».
Sulla partecipazioni in Rcs lei e Profumo avete trovato un'intesa o rimanete su posizioni differenti?
«Quella in Rcs è una banale partecipazione del 2%. E non è in discussione».
Come hanno preso questa operazione Bolloré e Botin del Santander, che sicuramente un progetto su Capitalia l'aveva fatto?
«Da veri amici mi hanno fatto tutti e due grandissimi complimenti».
L'integrazione in Unicredit indebolisce il legame di Capitalia con Roma? Il sindaco Veltroni ha lanciato un allarme sulla perdita di peso della capitale. È dovuta a questo la scelta di dare a Roma la sede legale del nuovo gruppo?
«Nessuno è intervenuto nella definizione degli aspetti contrattuali dell'operazione. Se il sindaco Veltroni non ha fiducia nelle capacità di questo grande gruppo di sostenere le attività produttive di Roma e del Lazio cade in errore, perché questo grande gruppo potrà meglio soddisfare la politica infrastrutturale che ha in testa il sindaco e sostenere più efficacemente gli operatori economici e i risparmiatori della città e del territorio».
Dai sindacati sono già arrivati segnali di preoccupazione su possibili esuberi di personale in Capitalia. Sono timori fondati?
«Sia Unicredit che Capitalia sono nate da numerosissime acquisizioni e fusioni e hanno sempre dato dimostrazione di saperle gestire senza gravare sui dipendenti. Sarà così anche questa volta».