Geronzi guida la Mediobanca duale ma non c'è Intesa sul dopo Galateri

Il Foglio

Cesare Geronzi ieri è stato nominato alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, nei fatti nel ruolo che è stato di Enrico Cuccia. La nomina di Geronzi è stata voluta da tutti gli azionisti e in particolar modo dai soci bancari e dai francesi

Milano. Cesare Geronzi ieri è stato nominato alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, nei fatti nel ruolo che è stato di Enrico Cuccia. La nomina di Geronzi è stata voluta da tutti gli azionisti e in particolar modo dai soci bancari e dai francesi. Il consolidamento dell'asse con gli azionisti transalpini è la chiave di lettura più interessante della leadership di Geronzi. I soci francesi hanno sempre smentito le indiscrezioni secondo le quali, oltre al dieci per cento del capitale di Mediobanca vincolato al patto, vi sarebbe un altro pacchetto di azioni dal peso equivalente in mani amiche. Queste smentite hanno sempre convinto a metà il mercato e anche molti azionisti della merchant bank I richiami al mantenimento dell'indipendenza di Mediobanca che nel corso di questi anni sono arrivati da Vincent Bollorè e Tarak Ben Ammar sono stati quindi spesso letti come dei caveat a non tentare intemerate sulla società. I francesi hanno sempre supportato il management mantenendo però una certa cautela e un fondo di scetticismo sull'effettivo appoggio completo degli altri soci alle loro istanze. Geronzi ha convinto a tal punto i francesi, da portarli dalla sua parte quando si è trattato di chiedere al presidente di Generali, Antoine Bernheim, molto vicino a Bolloré, di rettificare le dichiarazioni con le quali aveva espresso delle perplessità sull'effettiva volontà di Unicredit-Capitalia di non variare gli equilibri di Mediobanca e Generali. Il primo problema che dovrà risolvere lunedì prossimo il consiglio di sorveglianza targato Geronzi, nel quale sono entrati anche Luigi Zunino e Francesco Denozza in rappresentanza degli azionisti di minoranza, è quello relativo alla nomina del consiglio di gestione. L'incognita principale è legata al ruolo del presidente. Il candidato naturale è Gabriele Galateri di Genola, che fino a oggi è stato il presidente del consiglio di amministrazione e che alcuni vorrebbero a capo di Telecom, al posto di Pasquale Pistorio, nel momento in cui avverrà il passaggio di consegne da Olimpia a Telco della quota di controllo della società telefonica. La candidatura di Galateri è stata in qualche modo stoppata da Corrado Passera, che l'altro ieri ha proferito parole di supporto a Pistorio. L'eventuale uscita di Galateri da Mediobanca è profondamente osteggiata dai soci francesi che ieri hanno speso parole di elogio per il lavoro svolto finora in Mediobanca. Galateri si è detto pronto a qualunque soluzione per il bene dell'azienda. Qualora Galateri dovesse uscire, il candidato al momento più accreditato per la presidenza è l'attuale condirettore generale Renato Pagliaro. Pagliaro nel 2003, all'uscita di Vincenzo Maranghi, avrebbe dovuto essere nominato direttore generale assieme ad Alberto Nagel. Il progetto fu stoppato dall'allora Governatore Antonio Fazio che pretese che la banca fosse guidata da uno solo. Venne scelto Nagel - più giovane di Pagliaro - in quanto considerato meno maranghiano.
La nomina a presidente in qualche modo potrebbe essere una compensazione per il sacrificio patito quattro anni fa. Secondo alcuni osservatori, la partita per la presidenza del consiglio di gestione potrebbe risolversi anche con un pareggio. Qualora il consiglio di sorveglianza non dovesse trovare un equilibrio condiviso su un nome, il tema della nomina di un presidente potrebbe essere semplicemente rimosso lasciando la carica vacante. Lo statuto di Mediobanca, secondo quanto hanno spiegato alcune fonti, prevede che il consiglio di gestione possa esistere anche senza la figura del presidente, perché può essere governato dal consigliere delegato, che sarà Alberto Nagel. Una soluzione che potrebbe essere letta come un compromesso, ma che avrebbe il pregio di evitare contrapposizioni forti in seno al consiglio di sorveglianza nella sua fase di rodaggio.