La reazione Mediobanca: una «presa d'atto» al consiglio dell'8 marzo
Il sole 24 ore
L'interdizione dalle cariche del presidente di Capitalia Cesare Geronzi avrà l'effetto di congelare anche la seconda posizione di vertice in Mediobanca.
MILANO - L'interdizione dalle cariche del presidente di Capitalia Cesare Geronzi avrà l'effetto di congelare anche la seconda posizione di vertice in Mediobanca. Nella storia decennale di Piazzetta Cuccia è successo anche di peggio, quando a metà degli anni Ottanta fu arrestato, perché implicato nella vicenda dei fondi neri dell'Iri, il presidente Fausto Calabria, che di conseguenza si dimise.
Ma per l'interdizione temporanea (due mesi secondo il provvedimento emanato dal Gip di Parma Pietro Rogato) non sono previsti automatismi. Il consiglio di amministrazione di Mediobanca, già in programma l'8 marzo per l'esame della semestrale, si limiterà a prendere atto della comunicazione attesa da Capitalia sulla misura interdittiva che ha colpito il suo presidente, che fino a ieri sera non risultava comunque pervenuta. Del tutto improbabile che il cda di Mediobanca prenda posizione — diversamente dal consiglio e dal patto di Capitalia che hanno fatto quadrato intorno al presidente — su un'operazione del passato che non riguarda l'istituto.
Per la quotidianità di Mediobanca non cambierà molto, tanto più che i vice-presidenti sono due: oltre a Geronzi, il presidente di UniCredit Carlo Salvatori. Ma per gli sviluppi futuri è chiaro che il provvedimento del Gip parmense lascerà il segno e la poltrona di presidente di Mediobanca, se mai fosse stata in predicato nell'ambito di ipotetici disegni di riassetto del sistema o come autonoma ambizione, difficilmente resterà tra le opzioni del banchiere romano.
Che la presidenza di Mediobanca potesse essere sul piatto di possibili negoziati nell'ambito di un'ipotesi di aggregazione tra Capitalia e Intesa è stata oggetto di voci. Voci rimaste senza conferme, mentre sono state smentite da entrambe le parti trattative in corso per la formazione di un polo sulla direttiva Milano-Roma, al quale nonostante tutto Piazza Affari continua a dar credito. Da un'aggregazione tra le due banche nascerebbe infatti un campione nazionale con la più vasta copertura del territorio (oltre 5400 sportelli) e una capitalizzazione superiore ai 45 miliardi, seconda solo a UniCredit che in Borsa vale oltre 63 miliardi. In Piazza Affari circolano già studi che quantificano in quasi un miliardo le sinergie pre-tasse raggiungibili a regime dall'ipotetica combinazione. Fatto sta che il Credit Agricole, primo singolo azionista di Intesa, con una quota intorno al 18%, si è premurato di far sapere ancora ieri che nessun dossier è stato portato all'attenzione del patto. È vero che finora l'Agricole ha sostenuto il processo di crescita dell'istituto presieduto da Giovanni Bazoli, ma in ambienti finanziari si fa presente che i francesi sono molto attenti all'aspetto dei conti e che qualsiasi opzione dovrà comunque essere in grado di convincerli dell'opportunità di creare valore. I "tecnici" del settore tendono a frenare gli entusiasmi della Borsa. Conquistare Capitalia implicherebbe riconoscerle un ulteriore premio, valutandola almeno 20 miliardi dai 17 di capitalizzazione attuale. Ciò significherebbe pagare circa 20 volte gli utili e per l'Agricole aggiungere altri 4 miliardi, oltre ai 5 già impegnati in Intesa, per non diluirsi.
Il titolo Capitalia ieri si è rafforzato del 2,5% e le quotazioni raggiunte, 6,3 euro per azione, sono già di un buon 15% superiori alle valutazioni fondamentali che collocano il fair value intorno a 5,5 euro. Segno che l'appeal speculativo persiste, anche se fintanto che permarrà la situazione di congelamento del vertice, Capitalia difficilmente potrà partecipare attivamente a processi aggregativi.
In listino ieri anche Mediobanca ha arrotondato le sue quotazioni a 17,5 euro, ma con un rialzo limitato allo 0,82%. Finora l'ascesa del titolo è stata frenata dalle vendite di Consortium, che nel giro di un mese ha liquidato il 3,8% del capitale. Il 14 febbraio la finanziaria ha comunicato alla Consob di essere scesa al di sotto del 5% e nel frattempo, secondo indicazioni attendibili, ha ridimensionato la sua partecipazione al 4,019% vincolato al patto. Tutte le azioni in eccedenza sarebbero cioè state vendute e da oggi sarà solo il mercato a fare prezzo.
Ma per l'interdizione temporanea (due mesi secondo il provvedimento emanato dal Gip di Parma Pietro Rogato) non sono previsti automatismi. Il consiglio di amministrazione di Mediobanca, già in programma l'8 marzo per l'esame della semestrale, si limiterà a prendere atto della comunicazione attesa da Capitalia sulla misura interdittiva che ha colpito il suo presidente, che fino a ieri sera non risultava comunque pervenuta. Del tutto improbabile che il cda di Mediobanca prenda posizione — diversamente dal consiglio e dal patto di Capitalia che hanno fatto quadrato intorno al presidente — su un'operazione del passato che non riguarda l'istituto.
Per la quotidianità di Mediobanca non cambierà molto, tanto più che i vice-presidenti sono due: oltre a Geronzi, il presidente di UniCredit Carlo Salvatori. Ma per gli sviluppi futuri è chiaro che il provvedimento del Gip parmense lascerà il segno e la poltrona di presidente di Mediobanca, se mai fosse stata in predicato nell'ambito di ipotetici disegni di riassetto del sistema o come autonoma ambizione, difficilmente resterà tra le opzioni del banchiere romano.
Che la presidenza di Mediobanca potesse essere sul piatto di possibili negoziati nell'ambito di un'ipotesi di aggregazione tra Capitalia e Intesa è stata oggetto di voci. Voci rimaste senza conferme, mentre sono state smentite da entrambe le parti trattative in corso per la formazione di un polo sulla direttiva Milano-Roma, al quale nonostante tutto Piazza Affari continua a dar credito. Da un'aggregazione tra le due banche nascerebbe infatti un campione nazionale con la più vasta copertura del territorio (oltre 5400 sportelli) e una capitalizzazione superiore ai 45 miliardi, seconda solo a UniCredit che in Borsa vale oltre 63 miliardi. In Piazza Affari circolano già studi che quantificano in quasi un miliardo le sinergie pre-tasse raggiungibili a regime dall'ipotetica combinazione. Fatto sta che il Credit Agricole, primo singolo azionista di Intesa, con una quota intorno al 18%, si è premurato di far sapere ancora ieri che nessun dossier è stato portato all'attenzione del patto. È vero che finora l'Agricole ha sostenuto il processo di crescita dell'istituto presieduto da Giovanni Bazoli, ma in ambienti finanziari si fa presente che i francesi sono molto attenti all'aspetto dei conti e che qualsiasi opzione dovrà comunque essere in grado di convincerli dell'opportunità di creare valore. I "tecnici" del settore tendono a frenare gli entusiasmi della Borsa. Conquistare Capitalia implicherebbe riconoscerle un ulteriore premio, valutandola almeno 20 miliardi dai 17 di capitalizzazione attuale. Ciò significherebbe pagare circa 20 volte gli utili e per l'Agricole aggiungere altri 4 miliardi, oltre ai 5 già impegnati in Intesa, per non diluirsi.
Il titolo Capitalia ieri si è rafforzato del 2,5% e le quotazioni raggiunte, 6,3 euro per azione, sono già di un buon 15% superiori alle valutazioni fondamentali che collocano il fair value intorno a 5,5 euro. Segno che l'appeal speculativo persiste, anche se fintanto che permarrà la situazione di congelamento del vertice, Capitalia difficilmente potrà partecipare attivamente a processi aggregativi.
In listino ieri anche Mediobanca ha arrotondato le sue quotazioni a 17,5 euro, ma con un rialzo limitato allo 0,82%. Finora l'ascesa del titolo è stata frenata dalle vendite di Consortium, che nel giro di un mese ha liquidato il 3,8% del capitale. Il 14 febbraio la finanziaria ha comunicato alla Consob di essere scesa al di sotto del 5% e nel frattempo, secondo indicazioni attendibili, ha ridimensionato la sua partecipazione al 4,019% vincolato al patto. Tutte le azioni in eccedenza sarebbero cioè state vendute e da oggi sarà solo il mercato a fare prezzo.