Intesa-Capitalia, frenata sul matrimonio
Il Sole 24 Ore
Bazoli: «Con Geronzi ho sempre ottimi rapporti»
«Il progetto di fusione tra banca Intesa e Capitalia è un’operazione di interesse per le due banche per l’Italia». L’amministratore delegato di Intesa Corrado Passera, parlando all’assemblea degli azionisti, ribadisce l’interesse per un’alleanza con Capitalia, ma la risposta che ottiene quasi in tempo reale da Roma è tutt’altro incoraggiante. «Sarebbe solo nell’interesse di Intesa», ha ribattuto l’amministratore delegato di Capitalia Matteo Arpe. Puntualizzando di «non avere allo studio né ora né per il futuro ipotesi di aggregazione con Intesa».
Un secco botta e risposta che ha messo in evidenza i contrasti, e l'ormai evidente incompatibilità anche personale, tra i due manager. Tanto che Arpe, pur ribadendo ufficialmente «rispetto e stima» per i vertici di Intesa, arriva poi a definire «sfortunata» la dichiarazione di Passera sui vantaggi dell’integrazione tra i due gruppi. Più cauto, e più attento a non chiudere ogni possibilità di dialogo, è stato invece il presidente del patto di sindacato di Capitalia, Vittorio Ripa di Meana. «Finché uno non vede un piano industriale dal quale si possano arguire vantaggi e sinergie non commenta – ha commentato Ripa di Meana -. Passera è una persona prudente, avrà consultato le carte. Per il momento la sua è un’affermazione autorevole. Dato che io non ho visto le carte non può essere, non dico condivisa, ma commentata».
Affermazioni dai toni e dai contenuti indubbiamente più possibilisti di quelli di Arpe, che peraltro non ha mai nascosto la sua netta opposizione a valutare il progetto («me la faranno pagare», ha commentato poche settimane fa). Ma l’ipotesi di alleanza andrà avanti o no? A questo punto tocca ai presidenti delle due banche scendere in campo, riallacciando quel dialogo interrotto due mesi fa per l’interdizione dalle cariche del presidente di Capitalia Cesare Geronzi. Che posizione deciderà di tenere Geronzi? Sposerà la linea intransigente di Arpe? O riprenderà il dialogo con il presidente di Intesa Giovanni Bazoli? Ieri Bazoli è apparso volutamente prudente sull’argomento Capitalia, limitandosi a ripetere che «gli azionisti del patto di Intesa sono disponibili a esaminare ipotesi di crescita esterna». L’unico riferimento alla banca romana, probabilmente non a caso, è stato proprio il giudizio su Geronzi: «Con cui abbiamo rapporti amichevoli, cordiali e più che buoni». Come dire: con lui, si può trattare.
Ma Bazoli, forse anche per non farsi trascinare in sterili polemiche, ha preferito non andare oltre. E ha inserito l’esigenza della crescita dimensionale di Intesa in un più ampio contesto di mercato europeo. «Il momento che attraversiamo appare favorevole, offre prospettive interessanti. Noi vogliamo essere competitivi in Europa. Il problema della dimensione, pur non essendo assoluto, assume notevole importanza». Per quanto riguarda il ruolo del socio Credit Agricole, che in banca Intesa ha un potere di veto sulle operazioni straordinarie, Bazoli si è detto convinto che «avere un socio dello standing e dell’importanza del Credit Agricole nel sindacato è uno dei nostri punti di forza. I critici possono dire quello che vogliono».
L’Agricole, dato il proprio peso azionario, avrà indubbiamente un ruolo determinante nella crescita dimensionale di Intesa. E insieme agli altri grandi azionisti dovrà decidere anche quale sarà il futuro assetto di vertice. Un tema che è e resta centrale. A chi chiedeva a Passera, se si sentisse d’ostacolo a una fusione con Capitalia, il banchiere ha risposto che «il management lo decide l’azionariato, qualsiasi decisione mi andrà bene. Quando all’AmbroVeneto ho partecipato all’acquisizione della Cariplo mi sono tirato indietro, ero il più giovane». Un ricordo che, probabilmente era puramente riferito al passato e non al fatto che Arpe è più giovane di Passera.
Tra le domande rivolte in assemblea ai vertici di Intesa, più di un quesito ha riguardato i rapporti con il gruppo Telecom. Sull’uscita del capitale Olimpia, Passera ha detto che «saggiamente la banca si era tutelata. È stato fatto un investimento che non ha dato il rendimento che si desiderava ma si è evitata una perdita importante». Esclusa invece ogni ipotesi della nascita di una holding di partecipazioni stabili da parte del gruppo Intesa.
Un secco botta e risposta che ha messo in evidenza i contrasti, e l'ormai evidente incompatibilità anche personale, tra i due manager. Tanto che Arpe, pur ribadendo ufficialmente «rispetto e stima» per i vertici di Intesa, arriva poi a definire «sfortunata» la dichiarazione di Passera sui vantaggi dell’integrazione tra i due gruppi. Più cauto, e più attento a non chiudere ogni possibilità di dialogo, è stato invece il presidente del patto di sindacato di Capitalia, Vittorio Ripa di Meana. «Finché uno non vede un piano industriale dal quale si possano arguire vantaggi e sinergie non commenta – ha commentato Ripa di Meana -. Passera è una persona prudente, avrà consultato le carte. Per il momento la sua è un’affermazione autorevole. Dato che io non ho visto le carte non può essere, non dico condivisa, ma commentata».
Affermazioni dai toni e dai contenuti indubbiamente più possibilisti di quelli di Arpe, che peraltro non ha mai nascosto la sua netta opposizione a valutare il progetto («me la faranno pagare», ha commentato poche settimane fa). Ma l’ipotesi di alleanza andrà avanti o no? A questo punto tocca ai presidenti delle due banche scendere in campo, riallacciando quel dialogo interrotto due mesi fa per l’interdizione dalle cariche del presidente di Capitalia Cesare Geronzi. Che posizione deciderà di tenere Geronzi? Sposerà la linea intransigente di Arpe? O riprenderà il dialogo con il presidente di Intesa Giovanni Bazoli? Ieri Bazoli è apparso volutamente prudente sull’argomento Capitalia, limitandosi a ripetere che «gli azionisti del patto di Intesa sono disponibili a esaminare ipotesi di crescita esterna». L’unico riferimento alla banca romana, probabilmente non a caso, è stato proprio il giudizio su Geronzi: «Con cui abbiamo rapporti amichevoli, cordiali e più che buoni». Come dire: con lui, si può trattare.
Ma Bazoli, forse anche per non farsi trascinare in sterili polemiche, ha preferito non andare oltre. E ha inserito l’esigenza della crescita dimensionale di Intesa in un più ampio contesto di mercato europeo. «Il momento che attraversiamo appare favorevole, offre prospettive interessanti. Noi vogliamo essere competitivi in Europa. Il problema della dimensione, pur non essendo assoluto, assume notevole importanza». Per quanto riguarda il ruolo del socio Credit Agricole, che in banca Intesa ha un potere di veto sulle operazioni straordinarie, Bazoli si è detto convinto che «avere un socio dello standing e dell’importanza del Credit Agricole nel sindacato è uno dei nostri punti di forza. I critici possono dire quello che vogliono».
L’Agricole, dato il proprio peso azionario, avrà indubbiamente un ruolo determinante nella crescita dimensionale di Intesa. E insieme agli altri grandi azionisti dovrà decidere anche quale sarà il futuro assetto di vertice. Un tema che è e resta centrale. A chi chiedeva a Passera, se si sentisse d’ostacolo a una fusione con Capitalia, il banchiere ha risposto che «il management lo decide l’azionariato, qualsiasi decisione mi andrà bene. Quando all’AmbroVeneto ho partecipato all’acquisizione della Cariplo mi sono tirato indietro, ero il più giovane». Un ricordo che, probabilmente era puramente riferito al passato e non al fatto che Arpe è più giovane di Passera.
Tra le domande rivolte in assemblea ai vertici di Intesa, più di un quesito ha riguardato i rapporti con il gruppo Telecom. Sull’uscita del capitale Olimpia, Passera ha detto che «saggiamente la banca si era tutelata. È stato fatto un investimento che non ha dato il rendimento che si desiderava ma si è evitata una perdita importante». Esclusa invece ogni ipotesi della nascita di una holding di partecipazioni stabili da parte del gruppo Intesa.