Crack Italcase, 13 anni di carcere a Bertelli
Il Sole 24 Ore
Sentenze. Tra i condannati Colaninno e Marcegaglia (49 mesi), Geronzi, Gronchi e Sacchetti (20 mesi). La decisione. Accolte dai giudici di Brescia le tesi dei Pm sulle responsabilità nella bancarotta. Ora i ricorsi in appello.
Nessun assolto tra i banchieri imputati nel processo Italcase-Bagaglino. La sentenza è arrivata ieri poco prima di mezzanotte dopo otto giorni di camera di consiglio della corte del Tribunale di Brescia presieduta dal giudice Enrico Fischetti. Pene superiori a quelle chieste dal pm Silvia Bonardi che non era andata oltre i due anni per ciascuno dei 63 imputati. Come nel caso di Roberto Colaninno, Steno Marcegaglia ed Ettore Lonati ex consiglieri della Bam, condannati a 4 anni e un mese per il reato di bancarotta preferenziale. Tutti e tre sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni. Beneficeranno però dell'indulto, con il condono di tre anni di pena. I giudici non hanno risparmiato nessuno dei big della finanza: dal presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, a Divo Gronchi attuale ad di Bpi ai tempi del crack direttore generale di Mps e Pierluigi Fabrizi ex presidente di Mps, a Ivano Sacchetti ex vicepresidente di Unipol, condannati a un anno e otto mesi per bancarotta semplice. I banchieri sono stati dichiarati inabilitati all'impresa commerciale e agli uffici direttivi per due anni, pena sospesa per la condizionale.
Nell’elenco anche gli ex banchieri della Bam, il presidente Piermaria Pacchioni e l'ex direttore generale Mario Petroni (5 anni) e per Bna l'ex presidente Paolo Accoranti, l'ex vicepresidente Giuseppe Mormile e Massimo Bianconi, già ad.
Per il fondatore del gruppo Mario Bertelli la condanna più pesante, 13 anni con l'accusa di associazione per delinquere. Accolta anche la richiesta di risarcimento per 250 milioni di euro avanzata dal curatore fallimentare Carlo Catenaccio di cui 60 milioni di provvisionale.
Una vicenda quella del dissesto del Bagaglino che si trascina dal 2000 quando il Tribunale di Brescia dichiarò il fallimento del gruppo turistico bresciano con un passivo di 600 milioni di euro. Secondo l'accusa, gli istituti, pur in presenza di un conclamato stato di insolvenza, avrebbero continuato a finanziare il gruppo, provocando l’aggravamento del dissesto. Un circuito già riscontrato nei casi Cirio e Parmalat con le banche mosse - sostiene l'accusa – dalla duplice finalità di estinguere i debiti pregressi e di dotarsi di adeguate garanzie in caso di fallimento del debitore. Per il Bagaglino quelle garanzie erano rappresentate dalle ipoteche immobiliari che avevano toccato il 408% delle somme erogate.
Che cosa succederà ora? Immediata la sospensione di Cesare Geronzi dalle cariche di presidente di Capitalia e di vicepresidente Mediobanca, così come quella di Colaninno dal consiglio della banca capitolina: lunedì è prevista la riunione del cda di Capitalia chiamato a ratificare le cariche indicate dal patto di sindacato e dall'assemblea. Sarà il consiglio a convocare un'assise probabilmente il prossimo 18 gennaio: solo allora verrà decisa l'eventuale sfiducia al presidente. Sospeso dall'incarico di ad di Bpi anche Divo Gronchi impegnato in prima persona nella fusione con Bpvn.
Immediata la reazione di Roberto Colaninno: «Ritengo che il mio comportamento, quale consigliere non esecutivo di Banca Agricola Mantovana, sia sempre stato orientato, in completa buona fede, a una positiva soluzione che garantisse i fornitori e i creditori ingenerale».
Nell’elenco anche gli ex banchieri della Bam, il presidente Piermaria Pacchioni e l'ex direttore generale Mario Petroni (5 anni) e per Bna l'ex presidente Paolo Accoranti, l'ex vicepresidente Giuseppe Mormile e Massimo Bianconi, già ad.
Per il fondatore del gruppo Mario Bertelli la condanna più pesante, 13 anni con l'accusa di associazione per delinquere. Accolta anche la richiesta di risarcimento per 250 milioni di euro avanzata dal curatore fallimentare Carlo Catenaccio di cui 60 milioni di provvisionale.
Una vicenda quella del dissesto del Bagaglino che si trascina dal 2000 quando il Tribunale di Brescia dichiarò il fallimento del gruppo turistico bresciano con un passivo di 600 milioni di euro. Secondo l'accusa, gli istituti, pur in presenza di un conclamato stato di insolvenza, avrebbero continuato a finanziare il gruppo, provocando l’aggravamento del dissesto. Un circuito già riscontrato nei casi Cirio e Parmalat con le banche mosse - sostiene l'accusa – dalla duplice finalità di estinguere i debiti pregressi e di dotarsi di adeguate garanzie in caso di fallimento del debitore. Per il Bagaglino quelle garanzie erano rappresentate dalle ipoteche immobiliari che avevano toccato il 408% delle somme erogate.
Che cosa succederà ora? Immediata la sospensione di Cesare Geronzi dalle cariche di presidente di Capitalia e di vicepresidente Mediobanca, così come quella di Colaninno dal consiglio della banca capitolina: lunedì è prevista la riunione del cda di Capitalia chiamato a ratificare le cariche indicate dal patto di sindacato e dall'assemblea. Sarà il consiglio a convocare un'assise probabilmente il prossimo 18 gennaio: solo allora verrà decisa l'eventuale sfiducia al presidente. Sospeso dall'incarico di ad di Bpi anche Divo Gronchi impegnato in prima persona nella fusione con Bpvn.
Immediata la reazione di Roberto Colaninno: «Ritengo che il mio comportamento, quale consigliere non esecutivo di Banca Agricola Mantovana, sia sempre stato orientato, in completa buona fede, a una positiva soluzione che garantisse i fornitori e i creditori ingenerale».