Un banchiere romano espugna il tempio della finanza del nord
Il Tempio
La poltrona delle Generali è qualcosa di più del coronamento di una lunga carriera. Per Cesare Geronzi rappresenta l’ultimo tassello di una complessa strategia che ha restituito alla Capitale quel molo centrale sullo scacchiere finanziario da cui era tenuta ai margini.
La poltrona delle Generali è qualcosa di più del coronamento di una lunga carriera. Per Cesare Geronzi rappresenta l’ultimo tassello di una complessa strategia che ha restituito alla Capitale quel molo centrale sullo scacchiere finanziario da cui era tenuta ai margini. L’arrivo del banchiere di Marino, come con una punta di snobismo lo chiamavano fino a ieri gli avversari, al vertice di quello che è considerato il tempio del capitalismo italiano ha un duplice significato: è lo sfratto dei francesi e quindi la rivendicazione dell’italianità a trecentosessanta gradi del leone di Trieste; ma è soprattutto l’esito di un percorso virtuoso compiuto da Geronzi che fa balzare Roma in primo piano sullo scenario economico-finanziario del Paese. E siccome a fianco di Geronzi, nel ruolo di vicepresidente, ci sarà Francesco Gaetano Caltagirone, è la dimostrazione che la Capitale è in grado di esprimere figure chiave nel mondo della finanza, strappando a Milano mun primato che ormai è solo fama e ben poca sostanza.
Tra Generali e Mediobanca girano i pacchetti di controllo dei colossi dell’economia italiana. Tutti con problemi strutturali amplificati dalla crisi economica. Geronzi è visto come un uomo di sistema. Il banchiere di garanzia, colui che può applicare la sua strategia dl governance (fatta di fiuto politico, relazioni, diplomazia) per traghettare le Generali su un piano che la renda competitiva rispetto ai colossi esteri e utile al sistema Italia.
I suoi avversari obiettano che con la sua presidenza i tentacoli della politica potrebbero stringere il Leone di Trieste. Nulla di più miope. La crisi finanziaria si è trasferita all’economia reale e non si può prescindere dal dialogo con la politica.
Non solo. Nella rete dei rapporti di Geronzi ci sono nomi quali Giovammi Bazoli e Corrado Passera (Intesa SanPaolo), Alessandro Profumo (Unicredit), Fabrizio Palenzona (Adr), Tronchetti Provera. Il primo contatto con la politica Geronzi lo ha con la vicenda del Banco di Napoli. Nell’autobiografia del suo sito parla di quella operazione fallita a causa di un mondo politico a quel tempo invadente e aggressivo.
Quell’episodio gli insegnerà come trattare con le istituzioni. In una recente intervista Geronzi spiega: “Noi banchieri dobbiamo essere governativi. Io dialogo con Tremonti e le assicuro che è un buon dialogo”.
Non solo la politica. Quando nel 1988 l’Iri mette in vendita il banco di Santo Spirito, antica istituzione del Vaticano, Geronzi si fa avanti e comincia a costruire i rapporti con le alte gerarchie ecclesiastiche. Di lì comincia la strategia delle aggregazioni. Arriva il Banco di Roma, poi il Banco di Sicilia fino alla mutamorfosi in Capitalia. Si è molto scritto dei suoi buoni rapporti con Andreotti ma anche del sostegno a Fini quando nel 1993 tentò l’avventura del Campidoglio. Ma pure Veltroni e Rutelli trovarono sempre nella banca romana un alleato sollecito. Roma con Geronzi diventa sempre più competitiva rispetto a Milano, la banca è il crocevia per operazioni imprenditoriali e immobiliari della Capitale, il punto di riferimento per le squadre di calcio Roma e Lazio.
L’arrivo di Geronzi e Caltagirone nel tempio della finanza segna un cambio di passo per il Leone di Trieste. Meno chiuso in se stesso, più proiettato verso la scena internazionale e più attento all’economia reale. La finanza fine a se stessa si è rivelata un colosso dai piedi di argilla. E la crisi ha fatto emergere l’importanza della logica relazionale. Basta vedere quanto è accaduto in questi giorni a un colosso come Lehman Brothers. Per Generali, c’è da scommetterci, inizia una nuova fase.
Tra Generali e Mediobanca girano i pacchetti di controllo dei colossi dell’economia italiana. Tutti con problemi strutturali amplificati dalla crisi economica. Geronzi è visto come un uomo di sistema. Il banchiere di garanzia, colui che può applicare la sua strategia dl governance (fatta di fiuto politico, relazioni, diplomazia) per traghettare le Generali su un piano che la renda competitiva rispetto ai colossi esteri e utile al sistema Italia.
I suoi avversari obiettano che con la sua presidenza i tentacoli della politica potrebbero stringere il Leone di Trieste. Nulla di più miope. La crisi finanziaria si è trasferita all’economia reale e non si può prescindere dal dialogo con la politica.
Non solo. Nella rete dei rapporti di Geronzi ci sono nomi quali Giovammi Bazoli e Corrado Passera (Intesa SanPaolo), Alessandro Profumo (Unicredit), Fabrizio Palenzona (Adr), Tronchetti Provera. Il primo contatto con la politica Geronzi lo ha con la vicenda del Banco di Napoli. Nell’autobiografia del suo sito parla di quella operazione fallita a causa di un mondo politico a quel tempo invadente e aggressivo.
Quell’episodio gli insegnerà come trattare con le istituzioni. In una recente intervista Geronzi spiega: “Noi banchieri dobbiamo essere governativi. Io dialogo con Tremonti e le assicuro che è un buon dialogo”.
Non solo la politica. Quando nel 1988 l’Iri mette in vendita il banco di Santo Spirito, antica istituzione del Vaticano, Geronzi si fa avanti e comincia a costruire i rapporti con le alte gerarchie ecclesiastiche. Di lì comincia la strategia delle aggregazioni. Arriva il Banco di Roma, poi il Banco di Sicilia fino alla mutamorfosi in Capitalia. Si è molto scritto dei suoi buoni rapporti con Andreotti ma anche del sostegno a Fini quando nel 1993 tentò l’avventura del Campidoglio. Ma pure Veltroni e Rutelli trovarono sempre nella banca romana un alleato sollecito. Roma con Geronzi diventa sempre più competitiva rispetto a Milano, la banca è il crocevia per operazioni imprenditoriali e immobiliari della Capitale, il punto di riferimento per le squadre di calcio Roma e Lazio.
L’arrivo di Geronzi e Caltagirone nel tempio della finanza segna un cambio di passo per il Leone di Trieste. Meno chiuso in se stesso, più proiettato verso la scena internazionale e più attento all’economia reale. La finanza fine a se stessa si è rivelata un colosso dai piedi di argilla. E la crisi ha fatto emergere l’importanza della logica relazionale. Basta vedere quanto è accaduto in questi giorni a un colosso come Lehman Brothers. Per Generali, c’è da scommetterci, inizia una nuova fase.