Incontro Geronzi
Andrea Ceccherini: "Buona sera a tutti e benvenuti a Firenze. Benvenuti a questo nuovo incontro dell’Osservatorio Permanente Giovani-Editori”. Un incontro che come sapete fa parte di un ciclo di appuntamenti che arriva con quest’oggi alla sua sesta tappa e che ha visto su questo palco alternarsi da Lachlan Murdoch a John Elkann da Giovanni Bazoli a Marco Tronchetti Provera fino al professor Mario Monti ed è un gran piacere per me dare il benvenuto questa sera ad un ospite davvero d’eccezione. Un ospite che ha deciso di rompere il suo tradizionale riserbo accenttando il nostro invito, Signore e signori, è con noi il Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Mediobanca, Cesare Geronzi. E permettetemi di salutare e ringraziare anche il moderatore di questo nostro appuntamento: il direttore de “La Stampa”, Giulio Anselmi.
Infine consentitemi di dare il bentornato, perché in questo caso si tratta di un ospite che fortunatamente abbiamo l’occasione di avere spesso con noi: bentornato al Presidente di RCS Piergaetano Marchetti.
Veniamo subito al senso di questo nostro incontro. Un incontro promosso da un’organizzazione che come sapete, come vedete, crede profondamente nei giovani e che ci crede impegnandosi con alcune iniziative per aiutare quel cammino di integrazione e di inclusione nella società che si fa sempre più difficile. Lo fa fondamentalmente con un grande progetto nazionale, il Quotidiano in Classe, che è una grande iniziativa democratica, che nasce da una consapevolezza e anche da un’ambizione: la consapevolezza di chi sa che in tutte le società il primo gradino da salire per la partecipazione è quello del coinvolgimento. E quale strumento meglio del giornale può favorirlo? Con questo spirito 8 anni fa, lanciando un appello a 15 grandi gruppi editoriali e a 21 fondazioni bancarie che l’hanno accolto, abbiamo lanciato un’iniziativa importante: il Quotidiano in Classe. Un’iniziativa che non ha altro fine se non quello di accendere la curiosità sul mondo e quindi di alimentare la voglia di partecipare ai fatti del nostro tempo; un’iniziativa che oggi ha raggiunto un milione e cinquecentoquarantanovemila e centosessantotto studenti. Lo voglio dire alto e forte tutto ciò perché i giovani di età compresa fra i 14 e i 18 anni in Italia sono due milioni e seicentosedicimila e averne un oltre un milione e cinquecentoquarantanovemila coinvolti in questo cammino di inclusione sociale è un qualcosa che ci fornisce il senso delle proporzioni della partecipazione al progetto.
Pensate ragazzi: oltre un giovani su due, come voi, sta partecipando a questa iniziativa. Un’iniziativa che non ha altra ambizione se non quella di aiutarvi in una società, diventata sempre più difficile, a capire quello che succede intorno a voi, ma non attraverso chissà quali meccanismi, ma fondamentalmente cercando di sviluppare il vostro spirito critico; lo spirito critico che è il filtro attraverso cui ciascuno di voi guarda il mondo, e lo guarda con i propri occhi e lo ragiona con la propria testa. E tanto più quel filtro critico sarà forte, tanto più quel giovane sarà indipendente, sarà autonomo, sarà libero. Ecco perché abbiamo scelto di invitare una volta la settimana tre grandi giornali diversi a confronto, perché il nostro obiettivo è quello di darvi il gusto di avere un’opinione, la vostra, di farvi un’idea, quella che volete, e di metterla a confronto con quella degli altri.
Ecco, questo progetto, che è un progetto che negli anni è cresciuto, è un progetto nato con questo spirito, con lo spirito appunto di chi sa che in una società sempre più complessa, dove si è bombardati ogni giorno da informazioni di qualunque tipo, dai TG alle radio, dai telefoni cellulari a internet, in questa società si rischia sempre più di sapere ma di capirne sempre meno. E allora sviluppare quel filtro critico di cui parlavamo può essere un modo per difendersi, per difendersi e per avere un’opinione propria, per avere in qualche modo un’idea autonoma delle cose che succedono; e credetemi, avere un’idea, ha un valore assoluto. Lo dico oggi, lo dico soprattutto oggi a quarant’anni dall’assassinio di John Kennedy, che definiva il conformismo il carceriere delle libertà e nemico della crescita. Ebbene, questo progetto nasce proprio per battere questo tipo di cultura; nasce per consentire a ciascuno di voi ad essere più padrone di se stesso.
Ma non ha promosso solo questa iniziativa, caro Presidente Geronzi, l’Osservatorio Giovani-Editori. Ne ha promosso recentemente anche un’altra chiamata il Quaderno della Costituzione, un’iniziativa promossa con la Presidenza della Repubblica italiana e presentata proprio il 19 dicembre scorso al Presidente Giorgio Napolitano. Un’iniziativa che voi ragazzi conoscete ma che nasce con un’ambizione, quella di riscoprire la Cenerentola della scuola italiana: la lezione di educazione civica. Una lezione spesso bistrattata, ma noi pensiamo una lezione importante; importante, se vogliamo aiutare i giovani di oggi, a diventare cittadini di domani.
Ecco, le capirà, di conseguenza, lo stato d’animo di questa Organizzazione ogniqualvolta, dinanzi agli sforzi che i giovani fanno per integrarsi nella società in cui vivono, ci si trovi dinanzi ad una sorta di repulsione, gentil repulsione, della società nei loro confronti. Potrà sembrare un’affermazione forte, ma noi crediamo che forte non sia, e non lo sia, Presidente, perché, vede, la generazione che ha davanti rischia davvero di diventare una “generazione senza”, senza una scuola in grado di metterli in una condizione di competere, senza un mercato del lavoro trasparente, dove ci si occupi anche di chi cerca la prima occupazione e non di garantire solo chi ne ha già una, senza una pensione per la quale si versano i contributi, probabilmente: insomma, complessivamente, senza una prospettiva.
E allora, a fronte di una situazione che un autorevole osservatore ha definito apartheid di questa generazione, noi abbiamo pensato che fosse opportuno richiamare l’attenzione di un personaggio rappresentativo di questa classe dirigente, per metterlo dinanzi a questo stato dei fatti, per dirgli: ma se è vero che ogni incontro si tiene a metà strada, se è vero che i giovani, anche attraverso iniziative come il Quotidiano in Classe e il Quaderno della Costituzione, questo passa avanti nei confronti della società lo stanno facendo, lei non crede che forse la società non stia facendo la stessa cosa nei confronti loro? E lo diciamo soprattutto oggi dopo aver ascoltato le relazioni del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, e del neo Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nel levare quanto per un giovane sia difficile inserirsi in una società che non ha regole di ingresso, che non fa della meritocrazia la sua regola di fondo, e che non conosce fondamentalmente quei meccanismi di selezione obiettiva che in altri Paesi funziona. Noi crediamo nella meritocrazia, nella meritocrazia vissuta come una realtà che premia la conoscenza, non le conoscenze. Crediamo nella meritocrazia intesa come un metro di giudizio in grado di pesare chi sei non per l’età che hai, ma per i risultati e le performance offerte. E crediamo soprattutto nella meritocrazia come uno dei più egualitari sistemi in grado di selezionare la miglior classe dirigente, in grado di costruire una società aperta nella quale il talento venga riconosciuto e premiato.
E allora lei mi dirà: il Presidente dell’Osservatorio mi dice tutto questo a che fine? Al fine di capire se da parte sua l’opinione che ha nei confronti di questo cammino diseguale, di questo cammino di avvicinamento asimmetrico tra i giovani da una parte e la società dall’altra non meriti una riflessione, non meriti anche un richiamo alla società a tener conto dei suoi protagonisti di domani, perché non c’è domani senza i giovani, e non integrarli all’interno della società dei grandi rischia di essere una straordinaria occasione per tutti.
Io vorrei concludere questo intervento, chiedendo a lei, un parere su questo tema perché gli sforzi di integrazione che l’Osservatorio muove con i due progetti di cui ho parlato sono sforzi che differentemente rischierebbero di restare vani.
Grazie a tutti e buona serata”
Geronzi: “Devo rispondere alla quasi provocazione perché non credo di poter affrontare i temi importanti che lei così lucidamente ha saputo esprimere. Anzitutto complimenti per il lavoro che ha fatto, che sta facendo, e per il coinvolgimento con il quale riesce a portare avanti un disegno straordinariamente importante.
Lei ha parlato di una strada e di un incontro a metà strada supponendo che tutto il lavoro che voi avete fatto vi ha già portato al punto dell’incontro. E’ probabile che vi sentiate in pace con voi stessi ritenendo di aver fatto tutto quello che dovevate. Credo di no. Avete fatto una cosa bellissima, vi auguro di poter fare ancora di più, però la vostra analisi su ciò che è la gioventù di oggi è molto parziale. L’analisi che lei ha fatto è un’analisi che le fa vedere la prospettiva delle persone che rispondono e che hanno risposto al suo richiamo. La società di oggi è importante che rispetti il vostro cammino e il vostro desiderio di formazione, di informazione, di crescita, di vedere riconosciuto il merito e di darvi tutte le opportunità; avere tutti le stesse chance è una forma corretta di interpretare la democrazia del lavoro. Però voi non avete fatto secondo me, un’analisi più approfondita di ciò che è nel nostro Paese il comportamento dei giovani. Oserei dire che questo è il comportamento virtuale, quello rappresentato da voi e, più che virtuale, virtuoso. I problemi della gioventù di oggi sono molto più spessi, molto più gravi, e basta vedere, e qui poi dopo affronteremo pure il discorso di come la stampa può entrare, come può interagire con i giovani, ma forse dovremo parlare anche di come e quanto più potrebbe fare la televisione. Basti vedere alcuni spettacoli, le file dei giovani che vanno a farsi scrutinare per il canto, per la danza. Basti vedere il successo che hanno alcune trasmissioni, dove innanzitutto si coltiva l’effimero. Basti vedere la file che fanno le giovani, che appunto vanno dai quattordici ai diciotto anni, di fronte ad una prospettiva di essere definita o accettata come velina. Quella è un’espressione di un malessere molto profondo della nostra società. Quindi, tutto ciò che voi fate è importante, però dovete iniziare ad analizzare quanto di più grave c’è nel mondo giovanile, di quanto questi giovani hanno bisogno. Voi dovete pensare a fare bene il vostro lavoro, a pretendere, a farvi riconoscere, a dialogare, a battere i piedi nel senso positivo del termine. Però dovete approfondire ciò che accade intorno a voi. Ci sono duecentocinquanta giovani, essi vivono nella società, essi vanno a scuola, essi frequentano tra di loro tutte le varie tipologie della gioventù moderna. I problemi sono gravissimi, molto, molto gravi. Molto gravi, sia per il disordine mentale che esiste, sia per il desiderio di andare subito al successo.
Vede, nel sistema bancario moltissimi dei banchieri, ma sono i banchieri ai quali io non appartengo per generazione probabilmente, evocano continuamente, in ogni circostanza, la teoria della creazione dei valori. Dimenticano probabilmente molti di essi che il valore sta nel creare aspettative ai giovani. I giovani di oggi sono quelli, purtroppo, che vanno alla ricerca dell’immediato successo. Maschi, femmine, non ha importanza. Quindi anche voi avrete un compito educativi di chi, meno fortunato, non riesce a partecipare con grande entusiasmo a progetto come quelli che lei ha annunciato.
Quindi grazie, anche se possibile come uomo che appartiene alla civiltà di oggi, grazie per il lavoro che fate, per l’impegno che lei personalmente mette in un’iniziativa che, ripeto, dovrebbe essere seguita da tante altre, con diversa organizzazione, con diverse prospettive. Noi non abbiamo forse curato come si deve la formazione dei giovani, siamo stati più egoisti, e lei ha ragione nel dire che si pensa più a chi il posto di lavoro ce l’ha, piuttosto che a chi lo va a cercare. Lei ha parlato di una sorta di contratto che si è realizzato nel mondo, diciamo così, socio-economico, attraverso un’applicazione del Welfare che ha ipotecato il vostro avvenire, ha indebitato voi stessi, e voi come controparte reclamate il diritto di partecipare a decisioni che invece vi cadono sulla testa, e nessuno si cura di quello che avviene poi dopo. Ecco quindi, bene, sono felice di poterle testimoniare la grande ammirazione, però dovete cominciare a pensare a chi intorno a voi non è partecipe dei disegni di crescita culturale, di crescita tout-court, che nella nostra civiltà è assolutamente importante, soprattutto nel nostro Paese”.
Anselmi: “Dott. Geronzi, Ceccherini ha provato a rubarmi il mestiere, ma stiamo sul terreno più vario: macro-economia, lei stesso, la politica italiana, quello che sta succedendo, insomma. Allora, do per scontato che sia inutile la presentazione del dottor Geronzi, tutti lo conoscete. Allora, stiamo vivendo una grave crisi innescata dai mercati internazionali, innescata dai casi dei mutui sub-prime . È una crisi che viene analizzata in maniera diversa. Nelle considerazioni finali, sabato scorso, il Governatore Draghi è sembrato piuttosto ottimista, lo stesso giorno Guido Rossi, da Trento, dove si svolgeva un Festival dell’Economia, ha detto sostanzialmente che sbagliava Draghi perché la crisi era appena iniziata e il bello, se così si può dire, è tutto da vedere. Allora, lei è un banchiere, lei si occupa ovviamente di queste cose, cosa pensa?”
Geronzi: “Lei non può mettermi nelle condizioni di affrontare un confronto a distanza come evocato. Io non credo che il Governatore sia stato ottimista così come viene detto. A mio giudizio è stato, come si conviene al Governatore di una banca centrale, molto prudente. È stato prudente, ma ha sciorinato tutte le problematiche che in qualche maniera investono il nostro Paese, non prendendo partito, e secondo me ha fatto benissimo ancora una volta, perché un uomo che rappresenta un’istituzione che produce intelligenze ma che deve essere super- partes, così deve fare. Il Governatore rappresenta un’istituzione che tradizionalmente nelle considerazioni finali ha suscitato dibattito, come è giusto che sia, ma il dibattito appartiene alle parti, quindi alle parti politiche ed ai commentatori economici: appartiene ad altri.
È chiaro che i problemi non sono finiti: la crisi che è esplosa negli Stati Uniti certamente non è finita, avremo dei problemi probabilmente, delle ripercussioni, ancora per tutto l’anno in corso, così dicono gli analisti più attenti, gli osservatori più smaliziati e probabilmente sarà così. In ogni caso, siamo tutti più vigili, abbiamo scoperto che bisogna partecipare a certi mercati nella consapevolezza del rischio. Finora molto spesso la facilità con la quale l’abbondante liquidità consentiva tante operazioni ci hanno fatto perdere di vista l’elemento rischio. Il Governatore nella sua relazione, si dica bene o male, ha messo sempre in relazione il rischio all’investimento. Altra cosa è l’atteggiamento del commentatore. Chiaro è che chi vive il mercato sa, sa che tutto ciò che è iniziato non è ancora finito, sa che ci sono degli indebitamenti molto consistenti, non si ha la certezza che i risparmiatori siano in grado di onorare il debito contratto con le operazioni di mutuo; però tutta questa consapevolezza incomincia a muovere un monolito che di solito è sordo alle richieste dei consumatori.
Intanto, che se ne dica, questa iniziativa che ha portato all’accordo tra il Governo, tra l’ABI e i consumatori è un fatto positivo. Certamente non è un atto di ripagamento immediato a ciò che la demagogia vuole considerare come maltolto. Certo è, che è un prolungamento delle scadenze, certo è che dal giorno successivo all’accordo tutti hanno qualcosa da spendere di più, questo è un dato. Poi, è chiaro, lei ha ragione, il pessimismo della ragione dovrebbe indicare una grande prudenza. La prudenza oggi nei banchieri c’è. Alcuni mercati che sono stati lungamente una fonte di approvvigionamento non esistono più: mi riferisco alle cartolarizzazioni. Moltissime banche si rifinanziavano mediante la cartolarizzazione dei crediti concessi alla clientela: oggi quel mercato non esiste più. Questo ha comportato una grande tensione sui mercati del denaro, sui mercati della cosiddetta liquidità. E bene ha fatto chi ha elogiato il sistema delle banche centrali, allorché ha riferito che proprio grazie agli interventi delle banche centrali, europea come americana, si è evitato che la sfiducia addirittura tra le controparti potesse generare l’ illiquidità del sistema e questo va riconosciuto. Oggi le banche sono molto più consapevoli dei rischi che si hanno e che si corrono nel prestare credito. Chi ha la liquidità se la tiene molto ben protetta e la utilizza solamente per attività d’impresa che siano coerenti con la capacità di produzione del reddito da parte dell’impresa stessa.
Quindi io non direi pessimisti o ottimisti; realisticamente la situazione è ancora in un contesto non chiaro. Ci saranno dei problemi da affrontare, e questi problemi li affronteremo e li affronteranno sia le parti politiche, sia il sistema bancario e finanziario con una consapevolezza soprattutto dei rischi che si sono corsi e che si potevano correre ancora di più. Intanto, per ora, una cosa possiamo dire: il sistema bancario italiano ha tenuto botta e, possiamo avere l’orgoglio di dire, nonostante le arretratezze che vengono sempre messe sulle pagine dei giornali o sui notiziari, il sistema bancario italiano è il miglior sistema negli ultimi dieci anni.
Anselmi: “Lei ha anticipato la domanda che volevo farle, cioè se in questa tempesta importata dagli USA le banche italiane nuotano bene e il risparmiatore può essere tranquillo. Ma se tutto va bene, perché l’opinione pubblica è così critica nei confronti della banche: perché le banche sono poco trasparenti, per esempio? Questa è un’ipotesi avanzata circa dalla commissione di massimo scoperto anche da Draghi”.
Geronzi: “Sono tentato a rispondere di sì a questa sua domanda. È vero: il sistema bancario italiano ha fatto moltissimo, si è ristrutturato, ed è sotto gli occhi di tutti ed è inutile ripeterlo perché ne abbiamo già parlato, ma si convive con questa certezza. Diciamo che il sistema bancario italiano non ha fortemente meditato sui danni reputazionali che derivano dal malessere del consumatore. Non abbiamo saputo comunicare, va bene, ma questo è ormai la scusa di tutti. Ma non abbiamo saputo vedere bene come la conservazione della clientela fosse un bene assoluto per il sistema bancario. L’arroccarsi sulle modalità già vissute ha nuociuto al sistema bancario. La commissione di massimo scoperto, è di tutta evidenza, si è usato il termine “non sostenibile”. Non ci sono motivazioni che possano sostenere l’applicazione della commissione massimo scoperto così come essa è oggi è definita. E necessario ripensarla, è necessario che il sistema faccia i conti con i propri clienti. Bisogna sapere che tutto ciò che si fa per il cliente poi in fondo si fa per se stessi, per le istituzioni che devono tutelare il diritto del cliente. Come sistema bancario dobbiamo prenderci tutta la colpa di essere stati distratti, me lo lasci dire, forse è un termine che non l’accontenta, di essere stati distratti sul rapporto banca cliente. È tempo di farlo, credo ci sia la volontà da parte di tutti per seguire la strada della maggiore trasparenza, come lei ha detto nella sua domanda e mi auguro che questo sia fatto il più velocemente possibile”.
Anselmi: “Forse voi grandi banchieri siete stati anche un po’ distratti sulle vostre retribuzioni. Cioè, una delle cose che colpiscono chi non è tanto attento ai meccanismi dell’economia è lo straordinario livello della retribuzione dei grandi manager. Per la verità questo non è solo delle banche, è un po’ di tutto il mondo delle grandi imprese; però l’America per esempio e parecchi Paesi europei si cominciano ad interrogare su cose che appaiono evidentemente eccessive. Mi pare che in Italia da parte dell’establishment economico ci sia un po’ meno sensibilità e anche lei mi pare non sia senza peccato”.
Geronzi: “Ha ragione. Intanto le dico che concordo sulle critiche che si fanno alle alte remunerazioni, che si fanno alla classe dirigente, mi consenta, non soltanto bancaria, peraltro. Siccome lei ha fatto un riferimento personale mi permetta di risponderle personalmente. Io mi ritengo esente:prima di tutto non ho mai voluto appartenere alla categoria dei destinatari di stock-options, non perché non fossi allettato dal giusto o non giusto guadagno, ma perché ho sempre ritenuto che almeno una persona deve avere un’indipendenza di giudizio che non deve essere legata al tornaconto, nel momento delle decisioni importanti. Mai avuto un minimo cedimento su questo.
Per quanto riguarda, probabilmente si riferisce a quella che è stata una liquidazione di venticinque anni di lavoro nella stessa azienda, appunto di liquidazione si trattava, non di una remunerazione. La mia remunerazione essendo stata, ed essendo tuttora, molto più bassa dei miei colleghi, forse eccetto uno. Ciò detto, per rispondere alla vena personale della sua domanda, debbo dire che lei ha ragione. Il critico che fa riferimento all’eccessiva valutazione del merito dei manager di qualsiasi settore è esagerato. Ma questo è il portato di una sensibilità che non è stata costruita e non è nata nel nostro Paese. Prima ho fatto riferimento all’espressione solita “creare valore”: questa espressione noi l’abbiamo importata. Noi siamo un po’ dei provinciali in Italia. Guardiamo all’America quando ci conviene, poi non la guardiamo quando invece la rigidità delle misure che essi adottano non ci conviene. Noi le abbiamo importate perché intanto abbiamo imparato a sapere, questo io non lo condivido, che intanto il manager vale per quanto è pagato, e più è pagato, e più vale. Drammaticamente questo, fatte scarse eccezioni, è ciò che si insinua nella mente della giovane classe dirigente, e questo va corretto. Va corretto perché le aziende, e qui possiamo ricollegarci anche al discorso che ha fatto prima il nostro amico, le aziende non hanno solo il dovere di creare valore solo per i propri azionisti, hanno anche un valore implicito che loro debbono rispettare. È necessario che magari le persone più adulte dicano queste cose, le ripetano continuamente perché esse pure si affermino, sia pure con il tempo. Insomma, hanno il dovere di pensare alla società che li tiene in vita. Poi ciascuno troverà il modo migliore. Ma certamente non si può assolutamente continuare a pensare che un’azienda, una volta creato valore per sé e per i propri azionisti, abbia assolto a tutti i compiti. Per esempio, tutte le aziende dovrebbero pensare alla formazione, non come una clausola contrattuale da discutere con il mondo sindacale, perché noi abbiamo visto poi che tutto si riduce a delle ore di formazione che sono, posso dire, una beffa. Sono un successo sindacale e sono una concessione da parte dell’azienda perché così considera esaurito il proprio dovere civile. La formazione è un’altra cosa, la formazione è investimento, e tutti dovrebbero investire una quota della propria ricchezza nel creare opportunità per i giovani per metterli alla prova; non per prestare denaro così, giusto solo per avviare un’iniziativa, no. Creare le condizioni perché essi possano dare prova di sé, della loro preparazione, della loro disponibilità al sacrificio; insomma, in una parola: creare le condizioni perché i giovani non possano smentire anche le attese dei più anziani i quali aspettano che tutto ciò che loro non hanno saputo o potuto fare nella loro vita sia fatto da loro con grande determinazione e con grande impegno. Uno di questi è il rimpianto di non aver dato tanto spazio ai giovani, ma allora forse i tempi erano diversi, le cose che dovevano essere fatte premevano e quindi bisognava risanare un sistema. Oggi è risanato, oggi bisogna fare ciò che noi non abbiamo potuto fare. Un po’ come i padri di famiglia alla fine immaginano per i loro figli ciò che loro non hanno potuto o saputo fare. Così dobbiamo fare. Le aziende in fondo hanno un principio diciamo così di familiarità assolutamente disatteso finora e che invece deve consistere in una società che vuole avere un futuro”.
Anselmi: “Prima di passare alla politica, continuiamo sul personale, mezzo personale e mezzo storico, però, perché lei è un banchiere da tanto tempo sul campo, forse il banchiere italiano che ha meglio conosciuto la politica, forse anche per il fatto che ha lungo operato a Roma, ma certamente spesso quando si parla di lei si pensa alla politica storica della prima e della seconda Repubblica, anzitutto a Belzebù Andreotti. Ecco, mi piacerebbe che lei raccontasse un po’ come è cambiato a suo avviso il rapporto tra mondo del credito e politica, dalla stagione in cui si parlava, e lei la ricorda bene come la ricordo io, di due B più una, a proposito delle tre grandi banche dell’IRI, alla situazione di oggi in cui sembra esserci un Governo che ce l’ha un po’ con le banche; cioè, Tremonti, con una punta di populismo se la prende con le banche ed i petrolieri”.
Geronzi: “Innanzitutto mi consenta di dirle che io non mi vedo, non raffiguro me stesso nella forma di Belzebù e soprattutto, lo so, il riferimento è a Giulio Andreotti, ma non perché non voglia essere assolutamente paragonato ad Andreotti. Andreotti è altra cosa, altro uomo, io sono una cosa molto piccina. Io non sono un uomo che ha fatto banca e al tempo stesso politica, tutto il contrario. Lei sapesse, Roma come è attraversata da tanti banchieri che non stanno a Roma; sapesse quanto peso maggiore hanno avuto ed hanno nei confronti della politica, intesa in senso lato, ma questo non importa, perché la politica poi non è il diavolo. Ho incontrato la politica, certo. Ho incontrato la politica primo, perché, a mio giudizio, tutto ciò che si fa sul piano economico, finanziario, industriale è atto politico, perché i risvolti ed i riflessi di ciò che si fa hanno, come posso dire, un’importanza sulla vita di tutti e quindi sulla comunità. E la comunità che cos’è? È la rappresentazione fisica della politica. È certo che nel momento in cui si pensa alle tante riforme che sono state fatte dal mondo della politica, le riforme sugli statuti delle Casse di Risparmio, è stata una riforma epocale; la cosiddetta Amato-Ciampi. Da lì è partita la ristrutturazione del sistema bancario, com’è partita la ristrutturazione del sistema bancario dalle modifiche degli statuti che Andreatta portò avanti all’epoca (parliamo degli anni ’70), epoca nella quale lui ha fortemente voluto la trasformazione statutaria degli istituti di diritto pubblico. Parliamo di aziende di un’importanza straordinaria: come il San Paolo, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia. Quindi, come vede, sono stati atti politici di straordinario livello che noi forse abbiamo metabolizzato così e non ricordiamo e che invece sono alla base del disboscamento della famosa foresta pietrificata di cui Amato si è fatto portavoce. Ci sono stati dei momenti nei quali si pensava che tutto questo fosse un’operazione a perdere, tanto è vero che lo stesso Amato a volte meditava con sé stesso, ma anche pubblicamente, che in fondo forse queste riforme avevano creato il mostro che duplicava i Consigli di Amministrazione piuttosto che semplificarli. Non dimentichi che la piccola Cassa di Risparmio di Roma, che io ho cominciato a dirigere nel 1983, ha avviato le privatizzazioni, ha avviato il processo di fusione (fusione, non aggregazione: di fusione), ha preso in letto di morte la Cassa di Risparmio Molisana, ha preso in letto di morte la Banca Mediterranea, ha fatto l’operazione di fusione con il Banco di Santo Spirito (siamo alla fine degli anni ’80) e il Banco di Roma. Quest’ultime erano due banche IRI che venivano ricapitalizzate, un anno l’una e l’anno successivo l’altra. Insomma, questa è storia, e nessuno la può cancellare. Questa è storia di un vissuto che ha anche natura istituzionale, perché queste banche non avrebbero avuto vita.
È chiaro che quando lei entra in contatto con le proprietà e la proprietà del Santo Spirito era l’IRI, la proprietà del Banco di Roma era l’IRI. L’IRI allora, piaccia o no, era la politica. Era la gestione politica dei fatti economici, industriali e bancari. Ciò che conta è la correttezza dei comportamenti, la lealtà dei comportamenti, il fine istituzionale che si è messo nelle operazioni di ristrutturazione che riguardano il nostro gruppo. Non dimentichi, tutti forse superficialmente, amano non pensare a questo. Non dimentichi che noi abbiamo anche messo a punto una grande banca privata: l’Agricoltura. Non dimentichi che nel momento in cui c’è stato uno dei più grandi, non dico crack perché noi abbiamo impedito che così fosse, ma tutti devono ricordare cosa è stato il fenomeno Bipop. Bipop è stato qualcosa di grave che nessuno ama ricordare. Ma allora le banche finanziavano i risparmiatori non per intraprendere, ma per acquistare titoli della propria banca. Questo è stato: niente di più, niente di meno. Io ho visitato, uno ad uno, i grandi clienti, i grandi investitori che si ritrovavano con pacchetti di azioni e che mi dicevano: io l’ho pagato 12 euro, voi mi date 40 centesimi. Noi non vi diamo 40 centesimi, noi vi salviamo, punto. Lei pensa che anche là, in un contesto dove c’è profonda ricchezza e c’è un grande distacco dalla politica, non abbiamo dovuto negoziare con la politica? Negoziare significa far capire loro che è inutile che sventolino bandiere, regionalità o altro.
Ma la grande soddisfazione viene data dal fatto che al termine di tutto questo è stato creato un gruppo che poi ha fatto l’operazione tra Capitalia e Unicredit: straordinaria operazione.”
Anselmi: “Poiché di Unicredit e Capitalia ha appena parlato io le farei tre domande rapidissime chiedendole tre risposte rapidissime perché il professor Marchetti ci guarda con piglio e devo rispettare gli orari che ci avete assegnato. Allora, primo è: grandi incompiute d’Italia, Telecom. C’è qualche speranza che Telecom cominci ad andare un po’ meglio?”.
Geronzi: “Ho detto prima che sono una persona che pensa positivo quindi non ho che aspettative positive da coltivare. Certo, la situazione è complessa perché effettivamente ci sono state delle situazioni anomale che non sono state incidentali, ma che hanno in qualche modo creato problemi che non hanno nessun riferimento all’economia aziendale. Ho un grande apprezzamento per il manager Tronchetti sia come uomo, che come manager.
I problemi di oggi, sono molto importanti, ma non riguardano ciò che facilmente si vuole attribuire a questo o a quello. Vero è che nell’ultimo periodo dall’uscita di Tronchetti c’è stata molta confusione, e la confusione non aiuta a capire i problemi. Oggi c’è un management cambiato, non completamente, ma largamente cambiato, c’è un nuovo consiglio di amministrazione. Se lei, riferendosi alla Telecom, ha pensato alla crescita della Telecom, le dico che per ora il problema della Telecom non è quello degli investimenti perché la struttura finanziaria della società non lo consente. Questo è il momento del riordino organizzativo e dei costi. Si tratta forse di piccole cose, ma insomma, immaginare l’uscita di cinquemila persone in una struttura come quella della Telecom e in un Paese come il nostro, sia pure con un risparmio a regime entro il 2010, è già un fatto molto importante”.
Anselmi: “C’è questa singolare situazione dell’Alitalia, oggi. Mediobanca potrebbe essere interessata a intervenire in una cordata italiana?”.
Geronzi: “Mediobanca viene molto tirata in ballo e questo ci inorgoglisce perché implicitamente viene riconosciuto il valore di un istituto, non la considero un’istituzione, quindi mi fa piacere che tutti ne parlino. Finora non ci siamo interessati. Credo che si debba riconoscere al Ministro dell’Economia, come portatore del pacchetto di maggioranza, il diritto a individuare le scelte migliori. Se poi dopo, in un contesto ben definito nel quale il Ministro dell’Economia ha ipotizzato un disegno da realizzare, grazie anche alla collaborazione di Banca Intesa, nominata da poco come advisor, comunque, noi facciamo parte di un sistema e non siamo fuori dal sistema”.
Anselmi: “Un’ultima domanda legata alla storia sua, Presidente. Le vicende giudiziarie, qual è la situazione delle sue vicende giudiziarie?”.
Geronzi: “Innanzitutto, se noi vivessimo in un Paese nel quale le responsabilità si accompagnano alle funzioni e alle deleghe che vengono utilizzate, le mie vicende giudiziarie non esisterebbero. In nessuno dei casi si può provare che io abbia non solo fatto, ma concorso a fare alcunché. Se la mia persona è una persona necessitata come presenza a dare risalto a fatti che già di per sé hanno risalto: ci sarà un giudice a Berlino che riconoscerà anche questo. Operazioni di tredici milioni di euro appartengono al capoufficio, figuriamoci se io posso occuparmi di queste cose, ma che io sia riconosciuto come un uomo di potere, che non ha bisogno di mettere nero su bianco per definire o per deliberare, questo è una cosa che dobbiamo subìre e non possiamo valutare e io non la valuto. Che una decisione assunta dal Comitato Fidi, perché di questo si parla, possa indurre un magistrato, e mi riferisco al Magistrato Bresciano, a condannare il Comitato Esecutivo, che prende solo visione della delibera eseguita dal Comitato Fidi, a distanza di venti, trenta giorni… questo, oso dire. Basti leggere gli ordinamenti interni, i regolamenti, gli statuti, per capire come egualmente una delibera d’urgenza presa da un organo delegato non possa essere, così come si sarebbe preteso, revocata da un Comitato Esecutivo ed in più, questo Comitato esecutivo doveva chiedere il fallimento della società cui erano stati destinati per delibera assieme ad altre banche un ammontare di due miliardi di lire. Quindi, come vede, ognuno deve portare la sua croce. Se la croce che è stata destinata a me è questa, la tengo ben stretta perché altre sono le croci che fanno male, e di più, le potrei dire sono assolutamente consapevole che nessuno troverà mai un pezzo di carta scritto né potrà avvalorare delle ipotesi di disegni che, sono ipotesi, sono disegni anche se a volte fanno male a colui il quale viene raffigurato”.
Anselmi: “Io la ringrazio per tutte le risposte, tutt’altro che elusive che lei mi ha dato su più terreni: storia personale e del nostro Paese, finanza, economia, politica. Un’ultima domanda, per rispettare i tempi, perché ovviamente da giornalista gliene farei parecchie, ancora. Lei è un duellante? Da parecchio tempo la vedo definire sempre e solo come uno dei due grandi duellanti di questo Paese: uno è lei, e l’altro è Bazoli, l’altro banchiere di questo momento in Italia. Sono due persone più o meno coetanee, che hanno un grande potere, e questo lo si misura dal tono con cui vengano trattati in generale dall’informazione. Per nessuno c’è tanto rispetto come per Geronzi e Bazoli, né per il Capo di Governo, né per alcun altro politico, né per alcun imprenditore altro. Quindi, due persone evidentemente con grande potere che vengano indicate come al centro di tutti i confronti per il potere politico ed economico. Qualche tempo fa un giornale, certo non popolare, come Il Foglio, e che è anche un piccolo giornale, che ha pochissime pagine, ne ha dedicate addirittura quattro, direi, più della metà forse, o la metà, a “i duellanti”, che appunto siete voi due”.
Geronzi: “Guardi, niente di più inverosimile. Il mio rapporto con Bazoli è un rapporto che dura da anni. Abbiamo avuto, certamente, a volte, delle valutazioni diverse sugli accadimenti nel campo della finanza e della banca e comunque nel settore dell’imprenditoria finanziaria. Ma sempre noi abbiamo fatto prevalere il buon senso, la saggezza di chi ha il dovere di essere saggio. Non ricordo un caso, che è uno. C’è stato un disappunto di Bazoli, vede, non ho nessuna reticenza, allorché definita l’operazione di fusione con l’Unicredito lui riteneva che l’Unicredito avrebbe assunto uno strapotere in Mediobanca, e quindi via Mediobanca su tutta la filiera delle partecipazioni, ma soprattutto Generali e RCS. Noi abbiamo avuto dei dialoghi sereni e abbiamo cercato vicendevolmente di spiegarci le ragioni dell’uno e dell’altro. Poi ci siamo accorti, senza dircelo, che i fatti servono più delle parole, delle rassicurazioni oppure delle argomentazioni che si pongono per evitare giudizi non condivisi. I fatti si sono verificati, sono accaduti, per cui lui ha potuto verificare l’assoluta indipendenza di chi le parla e anche l’assoluta non volontà dell’Amministratore Delegato dell’Unicredito di fare o di attuare prevaricazioni. Esattamente il contrario che si temeva da parte sua. Quindi questo ha rinsaldato ancora di più il rapporto, che, piaccia o non piaccia, ha determinato una qualche stabilità nel sistema”.
Anselmi: “Allora, i ragazzi, giovani, che vogliono fare domande…tocca a loro”.
Studente 1: “Sono dell’Istituto tecnico turistico Arzelà di Sarzana. Sempre più spesso i media inclinano un tipo di comunicazione spettacolare perché nel tentativo di fare audience mettono in risalto una verità parziale o provvisoria accantonando quelle che sono le verità interne, e quindi calpestando la dignità e i diritti delle persone. Secondo lei è possibile arginare questa degenerazione dei media e come si può trasformarli in un servizio per il bene comune”.
Geronzi: “Grazie per la domanda, ma il destinatario avrebbe potuto essere tranquillamente il professor Marchetti. Comunque, certamente, lei ha usato un termine che è molto pesante, ma appropriato: la degenerazione. Secondo me i media dovrebbero sapere che i lettori del futuro siete voi, non siamo noi. Bisognerebbe che i media analizzassero molto meglio le problematiche che vi riguardano, le aspettative che voi avete. E’ certo che il quotidiano ha una volontà di divorare la notizia, ma non tutti i giornali sono così.
Tanti sono i giornali che di certo leggete fra i quali il Corriere della Sera, ma non solo il Corriere, ci sono altre testate che fanno approfondimenti che voi dovrete avere cura di leggere, altrimenti sarete sopraffatti dal desiderio di leggere la notizia e passare oltre. Dovete approfondire. I fondi del Corriere della Sera, della Stampa, del Resto del Carlino sono giornali che hanno persone che approfondiscono problemi veri del nostro Paese e molto spesso mettono a confronto pensieri diversi. Ecco, non guardiamo soltanto nel ciò che deve essere cambiato nel mondo dei media. Cerchiamo di pensare a come dobbiamo cambiare noi nel leggere il giornale. Poi, tutto è perfettibile e tutto è meglio che sia cambiato, ma tutto? Punto interrogativo”.
Anselmi: “ E poiché questa domanda era rivolta all’ospite della serata, ma in qualche misura anche a un giornalista come me, vorrei aggiungere per lei che i giornali hanno molte debolezze: sono retorici, enfatici, talvolta hanno un gusto di sceneggiare i fatti che corre il rischio di falsificarlo. Ma ne hanno uno peggiore: non sono sufficientemente critici nei confronti dei diversi poteri”.
Ceccherini: “Avanti”
Studente 2: “Buona sera, io sono dell’Istituto Superiore Romani di Casalmaggiore in provincia di Cremona. Volevo porle la seguente domanda: ultimamente le pubblicità ci presentano le banche come dei grandi supermercati, addirittura con immagini di musical. Il suo parere: non pensa che questo genere di pubblicità possa sotto certi aspetti sminuire la professionalità e la serietà dell’istituto bancario? Grazie”.
Geronzi: “ Io non credo. Non credo perchè l’istituto bancario in quel momento pubblicizza un prodotto, e il prodotto una volta immaginato deve essere venduto. Quello è il modo per cogliere l’attenzione soprattutto dei più giovani, per esempio: “Che Banca!”, se è questo che lei pensava. “Che Banca!” è una modalità inedita di essere banca, ma è una modalità che utilizza i mezzi di comunicazione più aggiornati, che sono a vostra disposizione, più che a disposizione dei clienti ormai abituati alla tradizionale. Quindi voi dovete essere catturati nell’attenzione perché pensiamo che la vostra attenzione pensa ad altro, e non al prodotto che noi vogliamo vendere. Questo, se me lo consentite, è un riferimento all’istituto di Mediobanca che io sono orgoglioso di rappresentare stasera”.
Studente 3: “Buona sera, sono dell’Istituto Leonardo da Vinci di Firenze e volevo porle due domande, se possibile. Una è come vede il ruolo delle banche per finanziare i progetti dei giovani nel loro futuro e l’altra è quali sono le caratteristiche che lei apprezza in un giovane da assumere nella propria azienda”.
Geronzi: “ Grazie. Rispondo prima alla seconda che è la più importante. Il cambio generazionale del sistema bancario è in corso. Non condivido le cosiddette prove d’esame, condivido piuttosto la partecipazione con valutazione meritocratica a corsi di formazione organizzati dalle imprese. Ci sono dei gruppi bancari che stanno crescendo soltanto con risorse giovani molto preparate, ma preparate sul campo. Quindi voi non dovete fermarvi assolutamente allo studio, dovete avere il coraggio di presentarvi e di mostrare le vostre propensioni, le vostre capacità e la vostra volontà. Questo è fondamentale. Per il resto, l’altra domanda era?”.
Studente 3: “Come vede il ruolo delle banche per finanziare i progetti dei giovani nel loro futuro”.
Geronzi: “Contrariamente a quello che si pensa, oggi non esiste banca che non abbia un progetto giovani. Progetto giovani significa un progetto riferito alla formazione dei giovani, ma riferito anche a giovani che hanno l’ambizione di intraprendere. Ma esiste già, e credo che oggi il sistema bancario sia determinato nell’andare avanti, primo, perché è richiesto, coram-populo e, secondo, perché bisogna curare i potenziali imprenditori di oggi e portarli avanti seguendo la capacità dei giovani nell’intraprendere. Ma questo già esiste. Vi sembrerà strano, ma non esiste oggi banca che non abbia un cosiddetto progetto giovani”.
Studente 4: “Buona sera, sono dell’Istituto di Istruzione Superiore Giovanni Romani di Casalmaggiore in provincia di Cremona. Da quanto si è potuto leggere sui quotidiani nel mondo occidentale ci si è abituati a pensare che l’economia di mercato sia connessa ad una democrazia funzionante ed a una informazione libera e indipendente. Da tempo però ci si sta interrogando sull’efficacia delle nostre democrazie e sulla concentrazione in pochi gruppi dell’informazione. Volevo sapere, volevo chiederle che cosa accade al libero mercato se vengono a mancare questi suddetti elementi, quindi democrazia ed informazione, che ne sono il supporto principale. Grazie”.
Geronzi: “Grazie a lei. Io credo che non si possa mettere in discussione l’esistenza della democrazia nel nostro Paese. Ognuno dà un’aggettivazione alla parola democrazia, ma io penso che il nostro sia un Paese democratico, dove ci sono più voci che possono e che vogliono rappresentare il loro pensiero. Quindi la libertà di esprimere il proprio pensiero alcuni dicono che è addirittura esagerata. Si può ottenere tutto, dai giornali dell’estrema sinistra a quella extra-parlamentare, a quelli di estrema destra, a quelli di centro. Forse c’è molto confusione nelle cose che noi siamo costretti a leggere. Questo non significa che manchi la democrazia. C’è un eccesso probabilmente di libertà di parola più che di libertà di pensiero. Ognuno molto spesso si sente in diritto di aprir bocca e dar fiato. Io non mi preoccuperei circa la validità e l’esistenza e la permanenza nel nostro Paese di un sistema democratico. Quindi, sia fiduciosa, e non pensi negativo, pensi anche positivo sui giornali perché tutto è perfettibile, ripeto, però la carta stampata aiuto molto di più a meditare anche sui motivi che forse qualcuno attribuisce alla carenza democratica”.
Ceccherini: “Ancora due o tre le prenderei”.
Studente 5: “Sono dell’Istituto Scientifico statale Leonardo da Vinci di Milano. Volevo fare una domanda sul campo economico, più che altro economico-internazionale. Volevo chiedere se per la crisi economica c’era anche la possibilità di una sorta di cooperazione europea per fare una sorta di fronte comune, appunto a questa crisi”.
Geronzi: “Devo riprendere l’espressione usata dal Governatore in occasione delle considerazioni finali quando ha attribuito, l’aspetto più positivo della relazione alla compattezza e ai comportamenti virtuosi delle banche centrali il salvataggio dell’economia mondiale, precedentemente quando lui ha detto “si è evitato il disastro”. Questa cooperazione che lei invoca esiste, esiste soprattutto sul piano forse monetario più che dal punto di vista dell’ economia, ma se oggi abbiamo una probabilità che in tutta la crisi finanziaria non vada ad intaccare l’economia reale, probabilmente lo si deve al momento di compattezza che è stato trovato all’interno delle banche centrali, Europea, della Federal Riserve. Pensi alla Banca d’Inghilterra, pensi ai tanti fatti che sono accaduti. Quindi, non può riconoscere che questa compattezza e questa invocazione è stata rispettata ed è un dato”.
Studente 6: “Buona sera. Scusate per la voce perché arriviamo da Saluzzo e perciò con un problema di alluvioni …”, Sono dell’Istituto d’Arte di Saluzzo, e ho sentito del problema economico che avete affrontato prima e del problema anche dei petrolieri. Vorrei fare una domanda: visto che il petrolio viene valutato in dollari, come mai che quanto adesso il dollaro vale di meno dell’euro, come mai che quando il petrolio aumenta in dollari aumenta anche in euro, ma quando si abbassa il dollaro non si abbassa il petrolio?”-
Geronzi: “Grazie. Lei ha fatto una domanda semplice che riassume il pensiero di tutti, infatti tutti la pensiamo così, non creda che la pensi diversamente da lei. Non so se posso pronunciare questa espressione, ma per fortuna la pensa così anche il Ministro Tremonti. Credo che il Ministro Tremonti, non so se sono le cose che vengono dette dalla stampa, perché molto più informata di me, ma certamente alcune discrasie vorrà eliminarle, e secondo me fa bene a farlo”.
Ceccherini: “Prego”
Studente 7: “Buona sera. Io sono del Liceo Scientifico Gioacchino Pellecchia di Cassino. Volevo sapere, siccome attualmente i mass media sono importanti nella nostra società, se è possibile, se c’è il rischio che i mezzi di informazione di massa possano influenzare il pensiero della popolazione creando dei modelli di pensiero e se è anche possibile che alcune persone possano essere in qualche modo influenzate dagli eventi a cui assistiamo spesso tramite telegiornali, giornali e altro, in modo anche di trovarsi anche in situazioni al limite della legalità”
Geronzi: “Forse questa è una domanda che mi piacerebbe trasferire al dotto Anselmi”
Anselmi: “Sarebbe auspicabile che le persone fossero, dal mio punto di vista, influenzate dai giornali. Purtroppo, come voi sapete, le percentuali sono sproporzionalmente a vantaggio dell’influenza televisiva, rispetto a quelle della carta stampata che, come dire, a noi non possiamo certo dirci dei patroni della opinione pubblica, nel senso di stabilire correnti di pensiero. I giornali sono importanti per fare circolare le idee, soprattutto all’interno dell’establishment. In questo senso i giornali hanno un ruolo ancora abbastanza rilevante. Ma è soprattutto l’informazione in senso generale e, in primo luogo,, attribuendo alla televisione il peso che hanno, che determina e che può far correre quei rischi che lei temeva. Effettivamente ci sono tutta una serie di elementi per cui quando molte televisioni son proprietà di una persona sola, molti giornali e televisioni appartengono ad una persona sola … come dire: se non ci sono degli equilibri, qualche rischio ci può essere, con evidenza”.
Ceccherini: “Io prenderei le ultime due domande, se siete d’accordo. Quante ce ne sarebbero? Tengano su le mani quelli che vorrebbero fare ancora domande, per favore. Una, due, tre, quattro, cinque, sei. Io direi: prendiamo le ultime tre domande. Prego”
Studente 8: “Buona sera. Sono del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano. Ho visto un documentario ultimamente su internet che dimostra i seguenti fatti: nel 1907 ci fu una crisi economica negli Stati Uniti dovuto ad un prelievo di massa da parte dei cittadini a una banca, che era stata dichiarata in via di fallimento, nonostante non fosse vero. Il Parlamento approvò per cui di istituire una banca centrale, e fu proprio ciò che stavano aspettando dei grandi banchieri internazionali, che tra l’altro avevano diffuso, si pensa, le voci del 1907. Questi si radunarono, infatti, si riunirono segretamente e firmarono il Federal Reserve act, che fecero approvare a quelle che poi sarebbe stato il nuovo Presidente Wilson in cambio di appoggio durante le elezioni. Wilson però poco dopo si pentì amaramente, poiché la Federal Reverse Bank, si dimostrò più un organo, non un organo che collaborasse con il Governo, quanto una banca privata che prestava e presta tuttora soldi al Governo con una componente di credito. Quindi, dal 1933 i cittadini americani si trovano a pagare una tassa inconsapevoli, che tra l’altro, non sarebbe neanche obbligatoria. Quindi, volevo sapere da lei cosa mi può dire a proposito e come può rassicurarmi che anche la Banca Centrale Europea non adoperi certi mezzi. Grazie”
Geronzi: “Si senta rassicurata perché le banche centrali non hanno più la possibilità di far credito, né di indebitare lo Stato. Le funzioni delle banche centrali oggi sono molto, molto limitate, soprattutto si preoccupano di due cose: la vigilanza sul sistema creditizio per ogni Paese e già si va verso un possibile studio di vigilanza di tipo europeo; in secondo luogo si occupano esclusivamente di definire i tassi d’interesse, i tassi di interesse che soprattutto la Banca Centrale Europea definisce in funzione delle aspettative della cosiddetta inflazione e quindi, come vede, i compiti e il territorio di competenza è ben definito. Non è un’attività, quella creditizia che si può immaginare torni in vigore nell’assetto delle banche centrali”.
Ceccherini: “L’ultima domanda. Mi scuso, ma i tempi sono veramente andati oltre quelli consentiti. E’ di?”
Studente 9: “Buona sera. Sono del Collegio San Carlo di Milano e ho due domande per lei. Numero uno: ritiene che la politica del microcredito promossa da Yunus, premio Nobel per la pace, sia applicabile al sistema economico attuale dei Paesi sviluppati? E inoltre, professor Geronzi, quali iniziative proporrebbe per risolvere il problema dei giovani, di cui ha parlato lei prima, ovvero che vogliono tutto subito? Grazie”.
Geronzi: “Che i giovani vogliano tutto subito e tutto il meglio possibile subito, è probabilmente dovuto alle ambizioni e alle aspirazioni cui una società aperta come la nostra induce. Però, questo sta a voi, alla vostra sensibilità, alla capacità di comprendere le anomalie della società, nel mitigare le vostra ambizioni; non dico le vostre aspettative, ma soprattutto le vostre ambizioni. Per quanto riguarda il resto : non ci sono storie. I giovani, adesso, sono in cima ai pensieri di tutti, perché sono un bene di cui tutti sono consapevoli, al fine di assicurare il futuro di tutti, delle aziende, delle famiglie e anche delle classi sociali. Continui ad essere critico se può, e se lei è critico, continui a pensare però, da oggi che voi giovani non siete, come posso dire, non siete senza persone che vi pensano. Tutti vi sono addosso, e vi sono addosso perché nel futuro voi ci sarete e noi probabilmente no”.
Anselmi: “Grazie, dottor Geronzi. Noi abbiamo terminato. Tocca ora al professor Marchetti salutare e tirare le conclusioni”.
Marchetti: “Salutare si fa effettivamente molto in fretta. Tirare le conclusioni, è un po’ più complesso. Ma una prima conclusione che io vorrei tirare, e credo sia comune a tutti noi, è che siamo rimasti estremamente colpiti dalla preparazione, profondità delle domande che ci sono state posta dalla platea di giovani. E quindi questo dice, come io sospetto e come ho constatato nella mia attività di docente, che poi i giovani non sono così male come spesso vengono dipinti. Io credo che il succo della nostra iniziativa è quello di far sì che ciascuno possa essere padrone del proprio futuro, che ciascuno possa avere gli strumenti di conoscenza con i quali riuscire a dominare il proprio futuro, indipendentemente da posizioni di fortuna, indipendentemente da posizioni precostituite.
Bene, io credo che però si debba fare attenzione, e riprendo un punto che toccava il dottor Geronzi all’inizio. Noi diciamo: i giovani devono vivere in una società meritocratica, devono avere eguali posizioni di partenza. Sacrosanto, giustissimo. Devono avere eguali posizioni di partenza, devono avere le conoscenze per potere farsi strada. Ma attenzione: un punto, credo, che dobbiamo evitare, e che ci ha messo sull’avviso il dotto Geronzi. Noi dobbiamo evitare un fenomeno di potenziale frustrazione, perché qualcuno si può domandare: ma si, una società meritocratica; pochi arrivano ai vertici, e tutti gli altri? Sono massa dannata? Sono manovalanza da disprezzare? Ecco, questo è il punto centrale. Noi dobbiamo fare capire e voi dovete capire che qualsiasi sia il ruolo che svolgete, se lo svolgere da padroni di voi stessi, con spirito critico, con spirito costruttivo, voi avete detto la vostra, voi siete, in questo senso, protagonisti, anche se non sarete il primario, anche se non sarete un amministratore delegato di una società. Racconto sempre un episodio che mi ha colpito enormemente. Voi sapete che l’Italia ha avuto un grandissimo regista, regista teatrale, Giorgio Strehler. Io ho assistito ad un intero pomeriggio a delle prove di Giorgio Strehler in cui istruiva cinquanta comparse a come stare sulla scena. Nessuno diceva una parola, ma ciascuno doveva avere un gesto, un atteggiamento, un tocco, un sorriso, un’espressione che lo personalizzasse, che facesse dire: sono anch’io protagonista pur essendo comparsa. Ecco, questo credo sia un valore di fondo, perché questo valore ci allontana dal miraggio di creare valore immediatamente, del successo fine a se stesso. Il Quotidiano in Classe: fondamentale la funzione di filtro della realtà che ci sta intorno, strumento per conoscere, ma fondamentale, credo, è la cooperazione degli insegnanti. Qui è emerso varie volte. Attenzione: anche i media possono essere ingannatori, anche i media a volta hanno le loro, diciamo, mode. La funzione dell’insegnante qui sta nel saper far guardare con occhio critico quello stesso strumento che ci serva da occhio critico per guardare il mondo intero: e questo è fondamentale, ad esempio, per internet: internet è uno strumento potentissimo che evita il blocco e la concentrazione dei media, perché è ormai un mondo senza frontiere. Ma internet può essere un piano inclinato. Si parla di navigare su internet: certo, chi naviga sa il fascino dell’aria fresca quando si va con una vela, delle stelle quando si naviga di notte, delle onde quando si va sul surf ma sa che si devono avere punti di riferimento, approfondimenti. Se uno piomba su un blog orientato in un certo modo e si trova, tanto per dare un tema di moda, in mezzo ad un bersaglio di critiche verso i rom, questo signore è allo sbando, è una persona che naviga in un mare senza punti di riferimento. L’insegnante e la cooperazione con l’insegnante credo sia fondamentale per dare una bussola e dare un filtro.
Populismo, demagogia: stiamo attenti, perché sono piani inclinati pericolosi. Certe stesse critiche, mi perdoni il direttore Anselmi contro i poteri o i poteri forti non meglio identificati: oppure certi temi tipo le commissioni bancarie eccessive, il caro libri di scuola, sono facili da cavalcare, e poi vediamo che sono magari cavalcati da famiglie che quando devono fatturare le loro prestazioni non lo fanno e cercano di farsi pagare in nero, o magari sono fomentate cavalcate da famiglie che quando si tratta di dover lavorare in un sistema concorrenziale, recalcitrano, fanno di tutto per sfuggire. E no, calano i costi dei libri di scuola, calano i costi delle commissioni bancarie, si vive in una società aperta, concorrenziale, che si deve invocare, ma anche subire da una parte e dall’altra. Ecco cosa vuol dire reagire al populismo, ai facili piani inclinati degli slogan che piacciono. Non la faccio lunga, devo dire che questa intervista è stata a mio parere estremamente interessante, interessante per due motivi. Anzitutto vi ha fatto vedere, vi ha completato l’analisi e l’utilizzo del giornale. Vi ha fatto vedere cosa vuol dire un giornalista, un grande giornalista e direttore, che intervista una persona. In secondo luogo, vi ha dato la possibilità di avere una carrellata e vi ha dato la possibilità di vedere che le persone, anche quando sono cosiddette, e sottolineo cosiddette perché non ho ben capito poi in cosa consiste persone di potere; sono persone che hanno una ragione, sono persone che hanno degli occhi che guardano in faccia, sono persone che hanno dei sentimenti, che sono capaci di fare delle analisi. Ecco, questo smitizza una realtà che pensa che ci sia sempre un grande vecchio che manovra, che ci sia sempre un disegno precostituito è fondamentale. L’intervista, intervista vissuta dal vero, credo vi aiuti a comprendere anche questo falso idolo.
Non voglio continuare, se non per concludere come un’altra volta ho concluso qui. Io chiedo e credo che tutti i giovani devono continuare a essere bambini e fare di abito perenne, un abito perenne della loro vita, l’atteggiamento del bambino che tira la giacchetta al papà o la gonna alla mamma e chiede: perché, perché. Perché la curiosità è il sale della vita. Grazie”.
Ceccherini: “Ebbene, siamo arrivati al termine di questo nostro incontro. Io devo dire che voglio ringraziare uno a uno i nostri ospiti di questa sera: dal direttore de La Stampa, Giulio Anselmi, al Presidente di RCS Mediagroup, il professor Piergaetano Marchetti, al nostro ospite e amico di questa sera che si è prestato, devo dire rompendo la consuetudine, Cesare Geronzi. Grazie. E un grazie particolare va davvero a tutti voi a cui vorrei aggiungere un asola parola anche io. Ricordatevi, ragazzi, che i quotidiani non sono l’Oracolo di Delfi, non sono la divinità dalla cui bocca, qualunque cosa sgorghi, vada bevuta come se fosse oro colato. I quotidiani hanno un senso se vi si approccia a questi con una sana diffidenza, o se volete, con una straordinaria incredulità, perché vi aiutino a porvi tutti quei perché, che nella vita vi aiuteranno ad andare più lontano. Ricordatevi, ragazzi, che chi nella vita va più a fondo, sarà destinato ad andare più lontano. Auguri a tutti voi. Buona serata”.