“Rischia di uccidere la sua storia”. Il ritorno del Cav. visto da Geronzi

Il Foglio

L’entusiasmo del ’94, l’errore di non votare sotto la neve. Lo spread come arma politica. Parla l’ex banchiere

“Berlusconi farebbe meglio a non ricandidarsi”, pensa Cesare Geronzi, che gli è stato e gli è ancora amico, e che lo votò nel 1994, ai tempi della discesa in campo, come racconta lui stesso nel suo libro intervista con Massimo Mucchetti (“Confiteor, potere banche e affari. La storia mai raccontata”, Feltrinelli). Ma sono trascorsi quasi vent’anni da allora, e oggi, seduto sul divano di una bella casa, a Roma, il banchiere sospira: “Credo proprio che stavolta non lo rivoterei. Non vorrei fosse un voto sprecato”. Il Cavaliere tesse la sua ri-ridiscesa in campo, “è un gesto certamente dignitoso e onorevole, ricordo l’entusiasmo del 1994, ricordo Berlusconi che riempiva il pavimento del suo ufficio di materiale elettorale, fogli, pubblicità, canzonette”. Ma, aggiunge Geronzi con tono grave: “Sapere quando è venuto il momento di ritirarsi è persino più dignitoso e forse più onorevole”. Malgrado tutto, malgrado i consigli degli amici e della famiglia, di Fedele Confalonieri e di Gianni Letta (“è assennato, mai assertivo, non alza la voce”), il Cavaliere si ricandida alle elezioni. Ormai ha deciso “e difficilmente cambierà idea, è fatto così”. Eppure, un uomo che ha governato, che ha avuto grandi responsabilità, che ha fatto “molte cose buone”, e altre meno buone, “deve anche sapere quando è il momento di cercare una via d’uscita ordinata che gli permetta di perpetuare le proprie idee, la propria storia. Tutti i grandi uomini hanno il dovere di lasciare qualcosa dietro di sé. La fine ingloriosa e le macerie non servono a nessuno. Berlusconi ritiene che la sua storia politica finirebbe nell’ignominia con il crollo elettorale della sua creatura, del suo partito del fare. Lui pensa di essere l’unico a poter evitare il disastro. Invece, al contrario, è il suo ritorno che rischia di uccidere la sua storia”. Cosa augurargli? “Viva la sua vita che sarà ancora lunga e felice, pensi al suo ritiro dalla scena come una nuova esperienza, ha molte altre cose importanti da fare, ha una bellissima famiglia cui dedicarsi”. Il partito resterebbe ad Angelino Alfano, “una brava persona che è stata un po’ utilizzata per testare l’ipotesi del ritorno di Berlusconi. E poi, la storia del quid…”. Ci sono momenti in cui Berlusconi “è chiuso all’ascolto”, sente le persone che gli parlano, a tratti annuisce, “ma ha lo sguardo spento” perché finge di ascoltare i consigli e poi invece “fa solo di testa sua”. In passato questa forma di solipsismo, pazzotico e creativo, si è accompagnata a mosse geniali, feline, “ma non pare sia più così”. L’ultima volta, l’ultimo “momento di non ascolto”, fu quando il Cavaliere si dimise per fare posto a Mario Monti: era il novembre del 2011, Cesare Geronzi tifava “per le elezioni sotto la neve. Perché caduto un governo si torna a votare com’è fisiologico nelle democrazie, com’è accaduto in altri paesi, e senza drammatiche conseguenze. Lo spread che schizza in alto? Se si è abbassato è merito del signor Mario Draghi e della Bce. Il problema non è l’Italia, ma l’Euro fatto in questo modo. Da noi si usa lo spread come fosse un’arma politica, ed è un fatto pernicioso”. A Geronzi non piace troppo il governo Monti (“che pure è stato l’uomo giusto in quel frangente”), e piace ancora meno l’ipotesi di un Monti bis: “Quella dei tecnici è un’eccezione, una parentesi imprevista. Poi deve tornare la politica”. Bersani o Berlusconi? (Di certo non Montezemolo e Casini, “quelli dell’agenda Monti sono parassiti ideologici. Cos’è l’agenda Monti? Un programma ce l’hanno loro?”). “Se non è immaginabile un nuovo governo Berlusconi, va da sè che vincerà Bersani”; al quale adesso Geronzi guarda “con interesse”, perché il segretario del Pd è “un bravo amministratore”, che saprà governare prima di tutto il suo alleato di sinistra, Nichi Vendola. “A Vendola toccherà una frazione di vittoria, ma il potere lo avrà sempre Bersani, l’azionista di maggioranza. A me le sue lenzuolate, le sue liberalizzazioni, ai tempi del governo Prodi piacquero molto”. Sono tutte nel Pd le novità. C’è Renzi per esempio, “una grandissima novità in un mondo che per tradizione politica ha sempre teso a isolare il pensiero eterodosso. Napolitano era un ‘migliorista’, accezione utilizzata quasi con tono dispregiativo nel Pci, solo perché non era schiacciato sulle posizioni prevalenti”. Dopo Monti torna la politica, o meglio il Partito democratico, dunque: “Non abbiamo bisogno di un governo di ottimati, ma di qualcuno che eletto dal popolo possa alzarsi in piedi e dire: io non accetto di fare i compiti che mi vengono dettati, io rappresento un paese fondatore dell’Europa. I tecnici questo tipo di discorso non sono in grado di farlo per loro natura”. Insomma non è più il tempo di Berlusconi questo. “Ma c’è modo e modo di perdere”, si può perdere disastrosamente rovinando per sempre una storia politica; oppure si può attraversare una sconfitta elettorale lasciando in piedi qualcosa, un’eredità che qualcuno possa poi raccogliere e rilanciare. “L’elettorato non è entusiasta di veder riproposto il passato, la grandissima vittoria del centrodestra alle politiche del 2008 è vista come una vittoria tradita, e per tante ragioni. Non si sono fatte le riforme che ci si aspettava. E’ di oggi (ieri, ndr) la notizia che la Cassazione ha riaperto il processo su Bnl-Unipol, in Italia la Giustizia continua a funzionare male, e così pure la macchina dello stato, comandano i burocrati”. Il consuntivo non è positivo, par di capire. Ma non c’è nessuno che possa dissuadere il Cavaliere, non ci riescono né Confaloneri né Letta. “Letta è persona di grande buon giudizio, ma il buon giudizio deve portare, in certe cirscostanze, alla fermezza. Ecco, lui si ferma al buon giudizio. Con Berlusconi, per amicizia, bisogna avere il coraggio di dirgli le cose come sono, e non come lui le vuole sentire o come lui già se le immagina. Si può anche alzare la voce se necessario”. La situazione di oggi assomiglia, per paradosso, a quella del 1994: crollava un sistema, c’era Mani pulite, e la confusione era massima sotto il cielo della politica, come oggi. “Berlusconi sorgeva nel caos e oggi declina ancora nel caos. Si può riconoscere una certa coerenza, se vogliamo”.

Salvatore Merlo