Anche in Procura il troppo stroppia

Mf-Milano Finanza

Pagare per comportamenti che sono la prassi in ogni latitudine, non è francamente accettabile. Insomma, anche in Procura il troppo stroppia.


Le richieste di condanna avanzate ieri dal pubblico ministero nel processo Cirio per la parte che riguarda i banchieri sollevano due ordini di problemi. Il primo riguarda la modesta valenza della requisitoria, decisamente generica e priva di adeguate motivazioni, ben al di sotto di ciò che sarebbe stato necessario. E per affermarlo non c'è bisogno di essere né pubblico ministero né grande avvocato: basta leggere le carte avendo una media conoscenza del diritto. Chiedere con tali presupposti una condanna, per di più tanto dura, è a dir poco un azzardo. Altro che opera di giustizia.
Il secondo problema riguarda il rapporto tra banca e impresa. Se si affermasse la tesi perseguita dai pm che la selezione del merito di credito corresponsabilizza sulle sorti future dell'impresa anche il banchiere che abbia correttamente operato al momento di affidare l'azienda e si giungesse a stabilire ex post ciò che è giusto e ciò che non lo è, allora l' impatto sulla professione bancaria sarebbe gravissimo. E altrettanto gravi sarebbero le conseguenze per l'economia del Paese. Pretendere di sindacare a posteriori scelte compiute in tempi antecedenti sulla base di dati oggettivi e trarne conseguenze sul piano penale in termini di concorso in reati societari, costituirebbe un potente impulso a restringere e burocratizzare l'offerta di credito. Non bastano i problemi che già sono presenti nel rapporto tra banca e impresa in conseguenza della grave crisi di questi anni? Chi sbaglia è giusto che paghi. E nel caso di un banchiere, forse è persino giusto che paghi un po' di più. Ma pagare per comportamenti che sono la prassi in ogni latitudine, non è francamente accettabile. Insomma, anche in Procura il troppo stroppia.