Generali, un gruppo per l’interesse del Paese

Il Giornale

Le Generali di Cesare Geronzi saranno un’altra cosa rispetto al passato. La nuova era è iniziata ieri, alle 15 in punto, quando l’ottantacinquenne presidente Antoine Bernheim ha lasciato l’assemblea dei soci, salutato da un’ovazione, subito prima che venisse sancita l’elezione del nuovo consiglio, guidato da Geronzi, eletto con più del 99% dei consensi.

Le Generali di Cesare Geronzi saranno un’altra cosa rispetto al passato. La nuova era è iniziata ieri, alle 15 in punto, quando l’ottantacinquenne presidente Antoine Bernheim ha lasciato l’assemblea dei soci, salutato da un’ovazione, subito prima che venisse sancita l’elezione del nuovo consiglio, guidato da Geronzi, eletto con più del 99% dei consensi. E mentre la Mercedes di Bernheim impartiva dalla Stazione Marittima, il banchiere romano usciva dalla foresteria dove stava in attesa, per andare a presiedere il suo primo cda. Nel quale si è trovato di fronte una compagnia ben diversa da quella del suo predecessore. Diversi sono i grandi soci: tre anni fa Mediobanca aveva il 14%, seguita dalla presenza istituzionale di Bankitalia con il 4,4% mentre tra gli azionisti privati spiccavano solo De Agostini al 2,5% e Del Vecchio con il 2%. Oggi, dietro a Piazzetta Cuccia diluitasi al 13,2%, e a Bankitalia invariata, si trova una pattuglia di soci privati che insieme arriva al 12,5%: a De Agostini e Del Vecchio si sono aggiunti i veneti di Ferak ed Effeti (in società con Crt), al 4,1%; il patron del partner ceco Ppf, Petr Kellner, e Francesco Gaetano Caltagirone, entrambi con il 2%. Una compagine agguerrita anche perché, con il titolo a 17-18 euro, la minusvalenza complessiva del gruppetto di investitori si aggira intorno agli 1,7 miliardi. Per questo le Generali che Geronzi trova a partire da oggi non potranno più accontentarsi di difendersi nel business e di assecondare Mediobanca nelle emergenze strategiche. Il percorso diventa più complesso, le esigenze dei grandi soci più composite, la loro attenzione ben più puntuale.

Non a caso si parte con una revisione della gestione, attraverso la promozione di Giovanni Perissinotto a “ceo di gruppo” e la creazione di un comitato per gli investimenti, oltre che con il rafforzamento dell’esecutivo. In tutti i comitati la presenza dei consiglieri privati sarà importante: Pellicioli per De Agostini e Del Vecchio entrano nell’esecutivo, Miglietta (Crt-Effeti) nel controllo interno, Caltagirone, Vinci (Mediobanca), Kellner con Perissinotto nel board degli investimenti. Lo stesso Caltagirone sarà il terzo vicepresidente, insieme con Bolloré e Nagel: una scelta voluta da Mediobanca proprio per controbilanciare i due vice espressi da Piazzetta Cuccia con il terzo espressione dei privati. E la scelta è caduta su Caltagirone anche per la stima e il rispetto che il costruttore romano si è guadagnato in questi suoi primi anni a Trieste. Una rete costruita intorno al presidente senza deleghe operative (al presidente vanno relazioni e comunicazione, ma senza portafoglio): in questa cornice si svilupperà l’era Geronzi, anticipata da mesi di ipotesi sul motivo per cui il banchiere romano ha voluto lasciare Mediobanca per andare a Trieste e di illazioni sul possibile progetto di fusione tra la compagnia e la banca d’affari. Interrogativi che in definitiva contengono l’essenza stessa della nuova avventura: cosa saranno le nuove Generali?

Alle domande ha risposto lo stesso Geronzi, dopo l’assemblea e il consiglio, nella consueta conferenza stampa. Un Geronzi raggiante che, prima di tutto, non ha nascosto la felicità: “Per me è una grande giornata, il coronamento di una carriera non comune”. Poi non si è vergognato di dire òa verità: “Non so nulla di assicurazioni. Lunedì sarò qui per il mio primo giorno di scuola”. E per quanto concerne il suo passaggio da Mediobanca a qui, è stato preciso: “Non ho scelto nulla, molte volte si è scelti: è il mio caso”. Infine, in 3 passaggi chiave, ha scolpito le sue Generali. Il primo è la fusione con Mediobanca: “Non esiste nessuna proposta in questo senso. Punto”. Il secondo, l’obiettivo del suo mandato: “Generali hanno lavorato per ampliare la loro attività: darò il mio contributo perché questo indirizzo continui. Voglio lasciare la mia impronta nel raggiungimento di ulteriore grandezza e radicamento in Italia”. E il terzo, il più politico, sul ruolo concreto che Generali può svolgere al di là del business assicurativo con l’acquisto di partecipazioni di sistema, tipo Telecom: “L’obiettivo è curare il core business. Questo non significa essere chiusi in se stessi. Siamo una grande compagnia, forse l’unica che può fare investimenti stabili e di lungo periodo. Se queste attività sono poi nell’interesse del Paese perché no? Abbiamo un dovere d’istituto di fare queste cose. Così pensiamo e penseremo per lungo tempo. Così ha parlato Geronzi.



Marcello Zacché