«Sul risiko la politica resti fuori»

Il Messaggero

L'assemblea di Capitalia ha nominato il nuovo cda che si insedierà lunedì per l’assenza ieri del membro della Regione Sicilia. Geronzi promuove il vertice delle Generali: «Bernheim sta bene dove sta»

Cesare Geronzi mantiene il piede sul freno: «Capitalia sarà artefice del proprio destino, è pronta a partecipare al risiko bancario, ma non raccogliamo il suggerimento di farci raccomandare dalla politica. La politica deve restare fuori dal sistema bancario».
E sul presidente delle Generali -di cui via Minghetti è socio al 3% - è stato più preciso: «Bernheim sta bene dove sta». Il presidente della banca romana eletto ieri dall'assemblea.
Insieme al nuovo consiglio che non si è potuto insediare subito - lo farà lunedì prossimo - per l'assenza del rappresentante della Regione Sicilia Salvatore Mancuso, ribadisce la linea attendista già espressa in occasione del direttivo del patto di metà novembre che ha designato i 20 nuovi consiglieri. All'assise dei soci hanno preso parte circa 600 azionisti il 48,4% del capitale e l’unico punto all'ordine del giorno è stato approvato con una larga maggioranza. La proposta della lista 20 consiglieri è stata fatta dall'avvocato Vittorio Ripa di Meana, presidente del patto sul 31%. Il compenso complessivo per il triennio è stato fissato in 2,230 milioni. Il numero uno di Capitalia davanti ai soci si è ricollegato «alla brillante espressione dell'amministratore delegato Matteo Arpe: siamo interessati e interessanti non ci sfuggiranno. Dobbiamo ragionare e fare le cose per bene. Il fai da te è più pericoloso di quanto non lo fosse una volta». Geronzi ha rivendicato alla Cassa di risparmio di Roma di cui era timoniere la primogenitura del risiko. «La Cassa per prima nell'88», ha risposto il banchiere a un socio che attribuiva la prima mossa a Unicredit, «ha cominciato a domandarsi come affrontare i problemi del mercato che si innovava. Unicredit (all'epoca esisteva il Credito italiano, ndr) allora neanche sapeva cosa fossero le fusioni bancarie impegnato com'era in altre operazioni». In materia di aggregazioni, «non prendiamo lezioni ma tutto quello che abbiamo fatto è stato in condizioni di straordinaria difficoltà sia per le condizioni delle banche agglomerate». Il banchiere romano è stato vago di fronte alle sollecitazioni di indicare quale via sarà seguita per lo sviluppo. «Non possiamo fare il manifesto delle nostre iniziative», ha spiegato il banchiere. «Le iniziative si fanno, le operazioni non si annunciano. Noi siamo partecipi attivi alla gestione del sistema bancario italiano, abbiamo le nostre idee ma non le possiamo dire». Riguardo il rinnovo del vertice delle Generali in scadenza ad aprile prossimo, Geronzi che in qualità di vicepresidente di Mediobanca fa parte del comitato nomine di piazzetta Cuccia, ha ribadito la fiducia a Bernheim che gode dell’appoggio dei francesi di Mediobanca e quello esplicitato qualche giorno fa da Giuseppe Guzzetti. Sul rialzo del titolo del Leone, è stato lapidario: «Rientra nell'intesa legato al passaggio di Toro a Generali».
Subito dopo l'assemblea si sarebbe dovuto riunire per la prima volta il consiglio per l'insediamento e l’attribuzione delle cariche. Invece attorno alle 14 sarebbe pervenuta via fax una lettera di Mancuso, presidente della società di investimenti Equinox ma designato alla Regione Sicilia. Mancuso attribuiva la sua assenza ad improrogabili impegni a Palermo. Qualche consigliere come Carlo Colaiacovo della Colacem suggeriva di insediare ugualmente il board. Geronzi dopo aver consultato Ripa di Meana ha ritenuto di rinviare la prima seduta a lunedì prossimo: secondo il legale la riunione d'apertura deve essere totalitaria. Così fino a lunedì Geronzi e Arpe operano in regime di prorogatio.