Geronzi «gela»gli umori di chi specula su Mediobanca

Il Giornale

«Non c’è nulla di nulla, tutto procede tranquillamente». Una battuta secca è sufficiente, per Cesare Geronzi, a inquadrare il problema dell'assetto di Mediobanca e a lanciare un messaggio tranquillizzante.

«Non c’è nulla di nulla, tutto procede tranquillamente». Una battuta secca è sufficiente, per Cesare Geronzi, a inquadrare il problema dell'assetto di Mediobanca e a lanciare un messaggio tranquillizzante. Sulle quotazioni del titolo della banca d'affari milanese, in tensione da mesi, e su una lettura che tende a contrapporre tra loro i due maggiori azionisti di Mediobanca, Unicredito e Capitalia, si basano le voci di un sotterraneo braccio di ferro. Geronzi, presidente di Capitalia, grazie anche a molti altri azionisti a lui vicini (come sarebbero per esempio Salvatore Ligresti e i francesi) si starebbe preparando a contare di più nel santuario da cui dipendono anche le sorti di Generali e in gran parte di Rcs-Corriere della Sera. Magari puntando a un ruolo super partes. Mentre Unicredito non avrebbe certo intenzione di stare a guardare. Ma ieri, dunque, è stato lo stesso Geronzi a inviare al vertice della banca e ai suoi grandi soci un segnale di pace. Non senza aggiungere, però, una sorta di raccomandazione: «Se poi c’è chi teme che qualcuno punti a qualcosa, sbaglia e ci dispiace, perché dovrebbe stare anche lui più tranquillo».
Ma Geronzi, venerdì sera a Firenze, ha parlato anche di altro. Sornione e insolitamente loquace, disteso davanti alle domande dei due intervistatori Pietro Calabrese e Carlo Rossella, Geronzi ha più volte sfoderato il fioretto e ha detto la sua su quasi cinquant'anni di economia italiana: dalla tutela della concorrenza alla durata del mandato del governatore di Bankitalia, dal rapporto con le banche straniere alle obbligazioni argentine.
«Il nostro è un sistema aperto a tutti - ha detto - e quindi anche alle banche straniere. Da noi ogni cosa è possibile, compreso lanciare un'Opa, purché non sia ostile e rispetti le regole italiane». Per il nostro Paese, ha sottolineato, l'unica preoccupazione dev'essere non perdere il governo decisionale del sistema bancario, che è decisivo per l'economia nazionale.
Anche sulla durata del mandato del governatore di Bankitalia Geronzi ha le idee chiare: «Tutti quelli che si sono succeduti hanno considerato la carica senza scadenza come forma e metodo essenziale per assicurare a un'istituzione così di rilievo l'indipendenza assoluta». Discutere su un termine al mandato a Geronzi appare un argomento non vitale: «Addirittura lo banalizzerei. È un problema affrontato con demagogia che non si è mai posto in Bankitalia. Occorre però che non accada come all'Iri, quando su tre anni di presidenza uno lavorava per un anno e mezzo per l'istituzione e un anno e mezzo, per succedere a se stesso».
Quanto alla concorrenza («la storia nasce nel 1990, con l'istituzione dell’antitrust e la legge Amato per la privatizzazione del sistema bancario, quando serviva un'istituzione forte che tutelasse la stabilità e si riteneva che quest'azione potesse essere svolta da un istituto attrezzato com'era Bankitalia, che aveva la conoscenza di tutto il sistema»), per Geronzi si tratta di un elemento «fondamentale per la stabilità, perché concorrenza significa ricerca dell’efficienza, cioè maggiore redditività, che a sua volta porta a stabilità e, dunque, alla vigilanza sul sistema bancario».
Ma è alla vicenda dei Bond argentini che il presidente di Capitalia riserva la stoccata finale: «Ritengo indecoroso, inaccettabile e grave che uno Stato sovrano non onori la propria firma», ha attaccato. Ed è altrettanto grave «che organismi internazionali, che intervengono per dare il sostegno economico a un Paese, non intervengano anche per imporre che quella firma sia onorata. Occorre un'azione politica per imporre il rispetto di questi impegni, perché il rischio sovrano deve essere onorato sempre». Il sistema bancario italiano? Non può fare nulla, ha concluso Geronzi, se non sostenere anche legalmente i risparmiatori italiani che improvvisamente hanno fatto quell'investimento, anche perché «non va dimenticato che investimenti ad alto rendimento comportano alto rischio. E questo bisogna insegnarlo alla gente».