Tavola Rotonda sul tema: “Quale mercato finanziario e quali servizi per la competitività delle Imprese”

L'avvicinamento alla scadenza della moneta unica europea avviene oggi in un quadro di  minori incertezze sia sui tempi e le modalità di avvio del progetto, sia sul novero dei potenziali partecipanti, fra cui a buon titolo quasi tutti pongono ormai l'Italia. Questa circostanza lascia sullo sfondo le grande questioni macroeconomiche e riporta in primo piano quelle concrete esigenze di conoscenza degli aspetti istituzionali, economici e finanziari dell'Unione Monetaria che sono destinati ad incidere sulle gestioni aziendali.

La guida presentata oggi all'Associazione per l'Unione Monetaria dell'Europa risponde, appunto, alle esigenze che in materia denunciano le piccole e medie imprese e, sotto questo profilo, fornisce indubbiamente un pregevole servizio.

Personalmente ritengo che il maggior valore della guida vada individuato non solo - e non tanto - nel puntiglioso esame dei problemi tecnico organizzativi che le imprese devono affrontare in vista dell'Unione Economica e Monetaria,quanto nella esplicita indicazione che la soluzione di questi problemi richiede una ridefinizione complessiva delle strategie competitive delle imprese. Ciò che si sostiene, in sostanza, è che se si risolvono "solo" problemi tecnico-organizzativi, si affrontano notevoli  costi di adattamento ad un sistema in profonda trasformazione, ma non si ha alcuna garanzia di coglierne le potenziali opportunità di innovazione.

Le banche sono state costrette ad anticipare la revisione dei propri obiettivi strategici non solo perchè dovranno essere pronte a produrre servizi, in funzione della transizione all'EURO, fin dal 1 gennaio 1999, ma anche perchè l'ambiente operativo, soprattutto in Italia, ha già subito modificazioni profonde come conseguenza del processo di convergenza delle economie europee.

Mi riferisco, ad esempio, ai non pochi effetti sulla attività di intermediazione delle banche derivanti dalla notevole flessione dei tassi di interesse e dalla rapida riallocazione del risparmio delle famiglie verso forme di investimento a più lungo termine e verso le attività estere.

E' ovvio che in una prospettiva EURO gli ormai noti problemi strutturali del nostro sistema creditizio si stagliano con evidenza anche maggiore: la troppo modesta dimensione dei principali istituti, la qualità del mix di servizi, la scarsa flessibilità del fattore lavoro, l'insufficiente redditività.

Questa consapevolezza ha orientato, credo con sufficiente anticipo, le strategie della Banca di Roma: prima con l'operazione di concentrazione, poi, più di recente, con l'elaborazione di un "Piano industriale". Infine, a tutela degli obiettivi di generale recupero di efficienza e di redditività che ci proponiamo abbiamo posto nuovi assetti di "corporate governance". Se l'operazione di privatizzazione e di ampliamento del capitale sociale che abbiamo in corso andrà, com'è negli auspici, a buon fine conseguiremo sia un più stretto vaglio del mercato sulla qualità della gestione, sia convenienti intese operativi di integrazione, ad ampio raggio, con altri intermediari.

E' necessario ribadire, tuttavia, che il miglioramento dell'efficienza aziendale attraverso la realizzazione delle economie di scala, la riduzione dei costi e il recupero di redditività sono oggi possibili perchè a suo tempo fu raggiunto l'obiettivo strategico prioritario, rappresentato dalla creazione di un primario gruppo nazionale, competitivo sia per dimensione, sia per radicamento territoriale.

Il problema di adeguamento all'EURO dlele strutture organizzative delle banche, sia per la dimensione e la complessità degli interventi richiesti, sia per la rilevanza dei costi, finisce per avere di per sè rilievo strategico.

Le banche italiane, seppur con qualche ritardo rispetto alle banche dei principali paesi partners europei, hanno tutte avviato progetti specifici di adeguamento delle proprie strutture organizzative.

La Banca di Roma si è mossa con particolare tempestività articolando il proprio "Progetto Euro" in opportune "fasi": esaurita la prima fase di analisi e di "fattibilità", stiamo ormai affrontando le fasi della "progettazione" e della concreta "realizzazione" degli interventi.

Basterà solo qualche dato per configurare la dimensione dell'impegno intrapreso: il Gruppo di Progetto EMU, presso la Banca di Roma, ha coordinato, nella prima fase, 40 sottogruppi di lavoro ripartiti in 7 aree funzionali con il compito di individuare ed attuare gli specifici interventi organizzativi, informatici, di comunicazione ecc; altrettanti gruppi sono attivi nelle principali Società partecipate.

Le prime stime hanno consentito di individuare circa 240 "interventi" (cioè modifiche della struttura organizzativa a cui il nostro Progetto attribuisce carattere unitario e rilievo costante) necessari per la Banca di Roma, 180 "interventi" per la BNA e 190 per le altre Società del Gruppo. L'impegno delle solo strutture informatiche coinvolte è stimato in circa 200 anni/uomo per la Banca in altri 200 nel Gruppo.

La maggioranza degli interventi è necessariamente rivolta alla trasformazione dell'attuale "macchina operativa", dalla gestione in lire alla doppia gestione lire/euro; una trasformazione imposta alle banche dalle modalità decise per la fase di transizione 1999-2001.

Mi sia consentito a questo punto fare una breve disgressione tecnica rivolta agli esperti. Vi è un'enorme variabilità nelle cifre relative ai costi di adeguamento organizzativo, perchè questi sono calcolati con metodologie diverse, quasi mai esplicitate. Si possono, ad esempio, considerare solo i "costi esterni" (acquisto di beni e servizi dall'esterno della banca) o anche i "costi interni", procedendo ad una qualche ripartizione dei costi delle risorse umane parzialmente impegnate nel progetto. Si può attribuire al progetto EURO l'intero costo annuo aggiuntivo riferito ad alcune risorse (ad esempio nuove procedure informatiche o dotazioni hardware), oppure solo quell'incremento che eccede la normale dinamica dei costi di quella risorsa. Assumendo il criterio di stima più semplice dei soli "costi esterni" - che non può che fornire risultati parziali - possiamo stimare in circa 100 miliardi i costi riferibili all'adeguamento all'EURO del nostro Gruppo. 

La tarnsizione verso l'EURO non può e non deve restare solo un problema organizzativo ma bisogna coglierne la valenza strategica. E' questo un messaggio che sentirei di rivolgere, in particolare, alle piccole e medie imprese del nostro Centro/Sud. Quelle imprese che costituiscono, sia detto per inciso, uno fra i segmenti più promettenti della clientela del gruppo Banca di Roma.

La tesi prevalente è oggi che l'approfondimento del processo di integrazione europea collegato all'Unione Economica e Monetaria comporta, almeno nel breve-medio periodo, rilevanti rischi per le aree europee più deboli e, quindi, anche per il nostro Mezzogiorno. Sono tesi che prefigurano l'azione di forze "centrifughe": un'accelerazione delle aree a più elevata produttività, l'accentuazione delle economie di scala e di specializzazione fino alla rilocalizzazione di attività che penalizza la crescita delle aree più arretrate.

L'esperienza storica a livello internazionale dimostra, tuttavia, che il progredire dell'integrazione dei sistemi economici no si risolve necessariamente a sfavore delle aree più deboli. L'integrazione può generare e diffondere sviluppo e i successi delle economie asiatiche - nonostante i problemi di questi mesi - ne sono una riprova.

I costi che le aree deboli affrontano tendono a precedere i benefici e sono in larga misura "automatici" e inevitabili perchè l'integrazione tende immediatamente a colpire le imprese e i settori che, spesso a causa dei trasferimenti pubblici, sono stati protetti dalla concorrenza e resi meno efficienti. Tuttavia, il livello dei costi che possono gravare sulle regioni più arretrate e, soprattutto, i potenziali benefici ad esse destinati, dipendono in larga misura da "comportamenti attivi": dalle politiche economiche di accompagnamento alle integrazioni e - consentitemi di aggiungere - dalle "micro decisioni" che le singole imprese assumeranno in relazione alle proprie strategie.

Ciò che debbono fare le politiche di accompagnamento all'Unione Monetaria è noto ed è al centro del dibattito attuale: debbono contribuire a ridurre le "diseconomie esterne", ampliando la dotazione infrastrutturale, migliorando il livello dei servizi alle imprese, garantendo meglio la legalità; debbono, in secondo luogo, favorire condizioni di miglior flessibilità e convenienza del fattore lavoro per assicurare un "vantaggio comparato" alle aree meno dinamiche.

Nonostante le politiche di accompagnamento possano rendere accessibili le opportunità offerte dall'Unione Monetaria. per le singole imprese, tuttavia, tali opportunità potranno essere realizzate solo attraverso scelte di riposizionamento strategico.

Sono, innanzitutto, le opportunità derivanti da una nuova prospettiva di sviluppo dell'area europea, un ciclo di crescita più intensa, duratura ed equilibrata che dovrebbe offrire maggiore certezza alla pianificazione aziendale. Sono opportunità collegate all'azione di stimolo all'efficienza delle imprese, esercitata dall'esterndersi della concorrenza e dalla maggiore comparabilità dei prezzi nei diversi mercati. Opportunità che  nascono dalla semplificazione dell'ambiente operativo che discende dall'eliminazione del rischio di cambio e che premierà soprattutto le gestioni più piccole e meno sofisticate. Dalla significativa riduzione dei tassi di interesse che tende complessivamente a favorire, in misura maggiore, le imprese maggiormente debitrici di risorse finanziarie, diminuendone il "costo" di sviluppo.

Le nostre imprese centro-meridionali, ancora prevalentemente dipendenti dal mercato interno o locale, potranno e dovranno cogliere queste opportunità per tentare il salto qualitativo che le avvicini alle realtà oggi più dinamiche operanti nelle aree "export oriented" del nostro paese.

A fondamento di questa possibile trasformazione vi è, in sostanza, l'idea base che il "mutamento deve e può tradursi in opportunità", che l'approfondimento dell'integrazione europea, rimettendo in discusisone posizioni ed equilibri consolidati, offrirà a chi parte da situazioni di ritardo l'occasione di forti aumenti di competitività e di crescita.

Certo l'impatto dell'Euro sulle gestioni delle imprese piccole e medie rischia di porre problemi che lo standing organizzativo interno, le risorse o, più semplicemente, la scarsa disponibilità di informazioni non consentono di fronteggiare. Considerata la capillarità degli investimenti necessari,  il sostegno dello Stato, delle istituzioni locali e delle associazioni di categoria può non essere sufficiente. Le banche potranno ricoprire un ruolo significativo, commisurato alla propria articolazione territoriale ed alla possibilità di ripartire su scala maggiore i necessari costi di informazione e di "specializzazione".

La Banca di Roma, avendo accumulato una significativa esperienza nell'analisi del fenomeno EURO e nell'organizzazione del processo di transizione, ha in avanzata fase di progettazione un servizio di consulenza e assistenza specifica alle imprese.

Il progetto ha individuato quali primi destinatari del servizio le medie e medio-piccole imprese clienti che intrattengono rapporti con l'estero o che, in una ridefinizione dei propri obiettivi strategici, ritengono di dover perseguire una maggiore apertura ai mercati esteri. In linea di larga massima, nell'ambito della attuale clientela del nostro Gruppo le imprese potenzialmente interessate all'iniziativa potrebbero essere circa 50 mila.

In relazione all'ampia varietà di imprese clienti e in relazione alle molteplici esigenze da coprire, si stanno ipotizzando modalità di offerta del servizio articolate in moduli e livelli distinti. Il servizio potrà estendersi da una forma di generica "assistenza" su temi specifici, effettuata dalla normale rete commerciale della Banca, fino a vere e proprie consulenze erogate con l'apporto di esperti organizzativo/informatici da affiancare, per più giorni o settimane, alle strutture dell'azienda cliente.

La cosiddetta informativa di base - la "panoramica" del fenomeno EURO, gli impatti generali sulle imprese (contabilità, marketing, personale, legale, ecc...), non chè l'articolazione dei servizi della Banca collegati all'EURO - verrà resa disponibile, oltrechè nella tradizionale documentazione cartacea anche attraverso INTERNET o gli altri canali di "remote banking" destinati alle imprese.

Un semplice collegamento telematico attraverso tali reti consentirà al cliente di individuare e richiedere informazioni e servizi di consulenza a livelli diversi di estensione: dalla sommaria indicazione delle fasi organizzative da affrontare, allo scambio "interattivo" di informazioni, quesiti e risposte dalla Banca, fino alla soluzione personalizzata dell'intero adeguamento organizzativo all'EURO o di singoli problemi connessi (legali, contabili, finanziari, ecc..).

Sulle stesse reti telematiche sarà organizzato e coordinato dalla Banca lo scambio di informazioni ed esperienze fra imprese clienti omogenee con il fine di valorizzazione un patrimonio di conoscenze e massimizzare le economie di scala nella risoluzione dei problemi.

Si tratta, com'è intuibile, di un'iniziativa molto ambiziosa che comporta significativi costi di progettazione,  di formazione del personale e di gestione, ma che riteniamo possa avere positivi ritorni sia in termini di consolidamento di quei legami preferenziali fra impresa minore e banca di riferimento, che costituisce oggi la naturale evoluzione del tradizionale rapporto "bnaca-impresa", sia in termini più strettamente commerciali.

Consentitemi, infine, un passo ulteriore, sempre sullo stesso filo di ragionamento.

Non saranno solo il Mezzogiorno e l'Italia, le imprese e le banche italiane a dover cogliere le opportunità e le sfide della Moneta Unica. E' ormai l'intera economia dell'Europa continentale a dover recuperare capacità competitiva, a dover riattivare l'innovazione e i processi di investimento; a dover recuperare prontezza e flessibilità di risposta ad una domanda internazionale in rapida evoluzione quantitativa e qualitativa; a dover trovare le modalità per accrescere l'utilizzo delle risorse, soprattutto del fattore lavoro. Le risposte che l'Europa saprà dare, i tempi o i ritardi con cui verranno fornite, orienteranno le scelte degli operatori e condizioneranno pesantemente le nostre prospettive future.

La nascita del "più vasto mercato finanziario interno del mondo", quale quello che l'EURO contribuirà a creare, non costituirà certo "la soluzione" ai problemi strutturali del nostro Continente. Costituirà, probabilmente, solo un'opportunità, ma un'opportunità storica e irripetibile. Forse non è poco.