Presentazione del volume: "L'industria su misura: breve storia della continua rincorsa dell'economia italiana" dai Quaderni di Economia Italiana

Indirizzo di saluto di Cesare Geronzi

Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i presenti.

Un particolare ringraziamento è dovuto all’onorevole Pierluigi Bersani, Ministro per lo sviluppo economico, che nonostante gli impegni ha accettato l’invito a partecipare a questo nostro incontro di studio.
Estendo i ringraziamenti agli autori di saggi contenuti nel volume “L’industria su misura”, curato con competenza ed esperienza da Innocenzo Cipolletta, e agli illustri studiosi chiamati a commentarne il contenuto.

L’opera che oggi viene presentata permette di seguire – e il curatore ben lo evidenzia nell’Introduzione – le trasformazioni che il settore industriale ha sperimentato a partire dalla fine del cosiddetto “miracolo economico”.

Essa appare come terzo volume della collana i “Quaderni” di Economia Italiana, ben nota rivista edita da Capitalia, che in circa trent’anni di vita ha ripetutamente anticipato analisi e promosso dibattiti di grande momento.

L’obiettivo perseguito con la pubblicazione del “Quaderni” è quello di ritornare su certe problematiche, attorno alle quali si è a lungo discusso: un’occasione per approfondire le grandi questioni strutturali della nostra economia.

Non intendo entrare nel merito delle tematiche affrontate, anche per non ripetere riflessioni che ho inserito nella Presentazione al volume. Meglio di me poi, con riconosciuta competenza, potranno fare gli studiosi qui convenuti.

Mi preme, tuttavia, ricordare che le analisi contenute nel volume affrontano un argomento che in questi anni si è proposto con crescente rilievo all’attenzione del dibattito di politica economica del Paese. Sono analisi che oggi, alla luce delle nuove condizioni in cui si esprime la crescita economica del paese, si prestano a qualche valutazione ulteriore.

Dopo una lunga stagnazione, durata cinque anni, il 2006 è stato per l’economia italiana l’anno della ripresa, con un aumento del prodotto interno lordo dell’1,9%, un tasso che soltanto fino a pochi mesi fa erano in pochi a prevedere. Alla crescita hanno contribuito sia la domanda interna (+1,6%) sia le esportazioni nette (+0,3%).

I consumi sono stati sospinti dall’aumento dell’occupazione, dal recupero di potere di acquisto delle famiglie, sostenuto da una crescita salariale che ha superato il basso profilo dell’inflazione, nonché dal migliorato clima di fiducia. Gli investimenti hanno beneficiato soprattutto della ripresa delle esportazioni, guidata dal proseguimento del ciclo espansivo internazionale e dalla crescita della domanda europea e tedesca, in particolare.

Ci si interroga sulla qualità della ripresa.

I dati più recenti segnalano, sia pure con differenti accentuazioni, una crescita non effimera. Una ripresa che sembra fondarsi su basi sane, consolidate nel recente passato, proprio nel periodo più difficile della congiuntura.
Le imprese hanno saputo operare “da sole” quel recupero di produttività che molte analisi consideravano al di fuori della portata del nostro sistema. Sulla spinta della concorrenza esse hanno saputo innovare sul piano organizzativo, hanno riqualificato le produzioni e aggiornato le strategie commerciali. Si sono ristrutturate, si sono consolidate e, in alcuni casi, hanno aumentato la loro dimensione.

Le stesse delocalizzazioni produttive all’estero non rappresentano in molti casi la risposta a una mera necessità di sopravvivenza dell’impresa, ma costituiscono una strategia di radicamento su mercati in forte espansione (Cina, India, Est europeo).

Le banche hanno assecondato questo processo, sia sostenendo il recupero produttivo con una forte espansione dei prestiti, sia assicurando alle imprese la necessaria assistenza nella fase di innovazione e internazionalizzazione delle attività. Per la grande maggioranza delle aziende di minori dimensioni la banca ha rappresentato la fonte principale di finanziamento esterno.

Alcuni dati rendono piena evidenza al ruolo svolto dal sistema bancario.

Negli ultimi anni il credito è, infatti, cresciuto a tassi molto più elevati rispetto a quelli del PIL nominale, riflettendo – oltre la graduale espansione dell’indebitamento delle famiglie – i processi di ristrutturazione delle imprese. Nel corso del 2006, nonostante il progressivo inasprimento delle condizioni monetarie, gli impieghi hanno ulteriormente accelerato, sperimentando a fine anno una crescita annua superiore all’11%.

L’accelerazione del credito – riconducibile principalmente al comparto delle imprese (+ 10,4% a novembre 2006) – ha riflesso sia il buon andamento degli investimenti e delle esportazioni sia l’espansione dell’attività di “fusioni e acquisizioni”.

Dopo la protratta stagnazione degli ultimi anni, è risultato in ripresa anche il credito al settore manifatturiero, i cui ritmi di sviluppo sono passati da valori negativi del 2004 a livelli superiori al 5% verso la fine del 2006. L’accelerazione nel corso del 2006 ha riguardato sia i finanziamenti alle imprese di piccole dimensioni (6,5% ad ottobre 2006) sia quelli alle imprese medio-grandi (10,7%).

I tassi di interesse corporate delle banche italiane sono allineati sui livelli medi europei e risultano più competitivi rispetto a quelli di altri paesi, come Germania, Olanda e Portogallo (i tassi di interesse sullo stock di impieghi con durata oltre i 5 anni sono stati pari nell’ultimo anno al 4,37% per l’Italia, a fronte del 4,44% per l’area Euro, del 4,90% per la Germania, del 4,66% per Olanda e Portogallo).

Oltre a sostenere l’apparato produttivo attraverso il credito, le banche hanno svolto un ruolo attivo nei processi di ristrutturazione delle imprese, contrattando piani di risanamento, il rafforzamento della governante e il rinnovamento del management.

Questi dati dimostrano che la disponibilità e il costo dei finanzianti sono in Italia allineati alle migliori condizioni presenti in Europa. Se per quanto attiene alla congruità dei costi dei servizi bancari alle famiglie le valutazioni sono tuttora controverse, credo che un positivo giudizio sull’offerta di credito alle imprese potrebbe essere espresso senza incertezze.

Tornando alle analisi sull’industria e alla sequenza degli scritti pubblicati nel corso degli anni da Economia Italiana, possiamo allora concludere che ancora una volta il nostro apparato industriale ha saputo riprendere la via della crescita. Una conferma dell’energia e dello spirito di iniziativa da sempre presenti e operanti nel sistema produttivo italiano.

Un ruolo determinante continuano a svolgere le imprese di dimensione minore. Come dimostra la recente indagine congiunturale sulle piccole e medie imprese di Capitalia, anche queste imprese hanno agganciato la ripresa nella seconda parte del 2006, aumentando la produzione rivolta sia al mercato interno che a quello internazionale.

Un insieme di indicazioni porta allora a concludere che la ripresa in atto non sia semplicemente l’effetto della spinta dell’economia europea – e, quindi, un mero vantaggio congiunturale – ma rifletta anche fattori strutturali. Il sistema non era fermo come si pensava, ma stava recuperando le energie e producendo i propri anticorpi.

Possiamo però ritenere che l’iniziativa possa essere tutta e soltanto affidata all’autonomia delle imprese? Credo che questo quesito ci porti ad affrontare i ritardi e le fragilità che condizionano la nostra economia come sistema e come “ambiente” in cui si esplica l’attività di impresa.

Una crescita del 2%, come detto, è notevole se confrontata con il nostro recente passato ma essa non basta per coprire il gap nei confronti della’rea dell’euro (2,6%). È necessario fare ogni sforzo per consolidare la ripresa, tenendo conto che le fasi espansive rendono sempre più agevole il precorso delle riforme.

Sotto questo punto di vista, il biennio 2007-2008 si preannuncia ancora favorevole: le nostre previsioni indicano un tasso medio annuo di crescita non distante da quello del 2006.

La politica economica deve proporsi di creare le condizioni perché il mercato possa ben funzionare, evitando degenerazioni che favoriscano stabili posizioni di privilegio e processi di emarginazione permanenti.

Dal riconoscimento dell’importanza del contesto sulla propensione a innovare deriva la necessità di favorire svolte che assicurino la piena attuazione dei processi di liberalizzazione e di privatizzazione, che garantiscano maggiore flessibilità a livello di mercato del lavoro e di produzione e che realizzino un sistema educativo più aperto e formativo.

In tale senso è apprezzabile l’impegno del Governo nel perseguire politiche “per” il sistema produttivo sempre più indirizzate, da una parte, alla prestazione di servizi alle imprese , dall’altra, alla regolamentazione dei mercati e delle attività economiche, al fine di ridurre i costi delle transizioni e stimolare comportamenti competitivi.

Tali interventi non sempre sono agevoli, perché – come avverte lo stesso cipolletta – le resistenze al cambiamento si ripropongono in molti ambiti: nel sistema educativo, nell’organizzazione del lavoro, nel funzionamento della pubblica amministrazione e, più in generale, in una società che con le sue regole e i suoi comportamenti tende a limitare la funzionalità dei mercati e a frenare la scarsa mobilità sociale.

L’obiettivo di fondo è quello di assicurare, attraverso direttrici di lungo termine, un “ambiente” adeguato alle imprese, in modo che esse non siano gravate da esternalità negative; vale a dire da costi aggiuntivi rispetto a quelli che vengono sostenuti dai concorrenti di altri paesi.

Il sistema bancario condivide la logica dell’azione liberalizzatrice del governo e la sosterrà. Per le banche più efficienti questa politica apre opportunità e spazi nuovi di mercato.

Come avverte il recente Rapporto del Censis, la “voglia d’impresa” è tuttora impetuosa, il sistema economico si è rimesso in moto e quello produttivo “rincorre” nuove trasformazioni. Compito di tutti è oggi sostenere questi comportamenti virtuosi.

Vi ringrazio.