Osservatorio sulle piccole e medie imprese: presentazione dell’Ottavo rapporto sull’Industria Italiana e sulla politica industriale

Ringrazio il Ministro Marzano per l’attenzione che ha voluto dedicare ai lavori del nostro osservatorio e per averci offerto l’opportunità di presentare l’Ottavo rapporto sull’industria italiana in questa prestigiosa e autorevole sede istituzionale.
La sensibilità che il Prof. Marzano continua a manifestare per queste iniziative di studio e approfondimento è tanto più apprezzabile in un momento in cui sul nostro sistema industriale incombono le urgenze e le preoccupazioni legate ad importanti situazioni di crisi imprenditoriali.

Sono problemi che sollecitano iniziative e aggiungono impegni alle responsabilità ministeriali e, inevitabilmente, riducono gli spazi per questi momenti di studio e riflessioni sulla evoluzione sistemica.
Per altro verso, però, queste contingenze rimandano alla importanza di informazioni e analisi sullo stato e l’evoluzione delle nostre imprese, che consentano di predisporre le necessarie linee di azione in una visione meditata e di più ampio respiro.
Questa esigenza conoscitiva si propone anche per il settore bancario che è destinato a riflettere di azione in una visione meditata e di più ampio respiro.
La solidità del nostro sistema bancario oggi non è in discussione, certamente siamo in una fase ciclica in cui ogni elemento di fragilità, sia nelle gestioni delle imprese, sia in quelle bancarie, emerge con evidenza.
Le incognite del quadro internazionale sono molteplici e manifestano connotati in parte inconsueti rispetto alla evoluzione degli ultimi decenni. Si prolunga l’incertezza e le attese di ripresa tendono a slittare nel tempo. Le previsioni di crescita, anche per il 2003, vengono ancora sistematicamente corrette al ribasso.
Il momento non offre facili opportunità per rimuovere quei condizionamenti strutturali che hanno frenato la competitività del sistema Italia e determinato la flessione del tasso di crescita della nostra economia a partire dagli anni Novanta. Questa esigenza si fa, tuttavia, ancora più pressante.
Diviene allora essenziale disporre di strumenti in grado di osservare la “reattività” delle imprese nel diverso contesto macroeconomico, al prevalere di nuovi orientamenti negli assetti proprietari, nei modelli organizzativi, nelle tecnologie e nei flussi di interscambio.
Così come è importante capire come le banche interagiscono con le imprese al fine di rimuovere o attenuare il vincolo finanziario, garantire nuovi servizi e ampliare l’ambito delle opportunità di sviluppo delle imprese.
Il Gruppo Capitalia si trova in una posizione privilegiata per effettuare periodicamente un monitoraggio della capacità di reazione delle imprese, disponendo e potendo fornire evidenze empiriche fra le più accreditate attraverso l’Osservatorio sulle Piccole e Medie Imprese.
Queste indagini sono realizzate dalla Funzione Studi di Capitalia sotto la supervisione di un prestigioso Comitato Scientifico che comprende molti dei nomi più illustri fra gli economisti ed esperti di economia industriale. Il Prof. Marzano era fra i componenti il comitato, prima che più alte responsabilità ne assorbissero l’impegno.
I risultati dell’ottava rilevazione che ha interessato un campione di 4680 imprese si sono resi disponibili nelle scorse settimane. Riguardano un periodo, il triennio 1998-2000, particolarmente significativo perché include l’avvio della moneta unica.
Caratteristica fondamentale delle rilevazioni dell’Osservatorio è la ricchezza delle informazioni qualitative che indagano su aspetti diversi: dalla proprietà e le forme di controllo, all’occupazione, agli investimenti, all’attività di ricerca, ai processi di internazionalizzazaione, ai canali distributivi, alla finanza e ai rapporti banca e imprese.
Lascio, naturalmente, alla indiscussa competenza del Presidente del Comitato scientifico, il Prof Gros-Pietro, la esposizione e una valutazione dei risultati dell’ultima inchiesta.
Consentitemi soltanto qualche brevissima anticipazione e un commento su alcune evidenze emerse in merito ai rapporti banche e imprese.
A riguardo le novità più interessanti attengono alla tendenziale diminuzione del numero di banche con cui l’impresa intrattiene rapporti e, parallelamente, l’aumento della quota media di indebitamento bancario detenuta dalla banca principale.
Su queste tendenze può avere influito il processo di consolidamento delle banche, realizzatosi attraverso fusioni, incorporazioni, cessione di sportelli. Tuttavia la significatività del “movimento” segnalato dai dati, sommandosi ad informazioni convergenti provenienti da fonti diverse, fa ritenere che siamo effettivamente in presenza di un mutato atteggiamento da parte delle imprese. Un comportamento volto a costruire legami più stretti con una banca di riferimento.
Non va peraltro trascurato che questa evoluzione si manifesta con evidenza maggiore là ove sono più accentuati i rischi di un qualche “razionamento” del credito: con riferimento alle piccole imprese, ai settori tradizionali, al Mezzogiorno.
Nel complesso, questa linea di tendenza di potrebbe qualificare come il tentativo di fronteggiare i rischi di “razionamento” del credito attraverso la “fidelizzazione”. Le evidenze dell’indagine e un complesso di indizi diversi permettono, infatti, di ipotizzare uno scenario in cui intensità e fedeltà nel processo di finanziamento delle imprese costituiscono le risposte agli eventuali problemi di rigidità dell’offerta creditizia e di percepito razionamento del credito.
Un’altra linea di tendenza significativa potremmo individuarla nel configurarsi delle forme di “aggregazione” come strumento di competitività. È un’evoluzione che riguarda sia le banche direttamente, sia le imprese di cui l’Indagine rileva una crescente propensione alla dimensione del gruppo.
Questa relazione fra “gruppo bancario” e “gruppo imprenditoriale”, credo possa meritare particolari approfondimenti, per i numerosi risvolti operativi e per le conseguenze in merito alla misurazione e diversificazione del rischio creditizio.
Un’ultima linea di tendenza suscettibile di rafforzare il rapporto con le banche passa attraverso la crescente consapevolezza da parte delle imprese che “la finanza aziendale è uno strumento di creazione di valore”. Continua, infatti, ad aumentare la percentuale di imprese che rileva di avere programmi di sviluppo della propria funzione finanziaria.
Anche se lo scarso impiego da parte delle piccole e medie imprese di strumenti finanziari innovativi è un dato strutturale, le banche hanno ampi spazi per meglio organizzare questa domanda specifica delle imprese.
Queste tendenze che ho richiamato non solo sono positive in sé, ma prefigurano anche uno scenario coerente con i maggiori vincoli destinati a prodursi sulle relazioni banche e imprese per effetto del nuovo accordo nell’ambito del Comitato di Supervisione Bancaria di Basilea (c.d. Basilea 2).
In tutte le banche le procedure di affidamento stanno affinandosi notevolmente e diverranno più selettive. Il pricing del credito sarà sempre meglio allineato alle classi di rischio di appartenenza dell’impresa in un processo che dovrà rendere esplicita la ragione di un eventuale disallineamento dei tassi rispetto alla specifica classe di rischio.
In quest’ottica, le imprese sane che sapranno migliorare la propria trasparenza e consolidare una relazione stabile con una banca di riferimento potranno avere vantaggi considerevoli in termini di prezzo o, comunque, ridurre i potenziali rischi di razionamento.
Queste imprese potranno costruire con le banche – singolarmente o nella dimensione del “gruppo” – un rapporto a maggiore contenuto relazionale, destinato a tutelare l’intero ciclo di vita della gestione e potranno giovarsi del più ampio mix di prodotti e servizi messo in campo dai nuovi gruppi bancari integrati.
Concludo rapidamente.
Ho indicato alcune direttrici importanti, su cui si può proficuamente investire per consolidare in senso nuovo i rapporti fra banche e imprese in Italia. Sono risultati che richiedono ancora degli approfondimenti sul piano delle rilevazioni e delle analisi ma che meritano già notevole attenzione sul versante della prassi operativa.
Mi sono volutamente limitato al “positivo”, agli sviluppi “utili”, a quanto può orientare la nostra azione di uomini di banca anche per marcare la differenza con la visione più critica e problematica dello “studioso”.
Allo studioso il compito di porre in risalto le inevitabili luci e ombre di un quadro analitico certamente variegato e complesso.
Lascio, quindi, la parola al Prof. Gros-Pietro che ottimamente potrà interpretare questa parte.

Vi ringrazio.