Geronzi-Rondelli-Maranghi gioco a tre su Mediobanca

Il Foglio

Un matrimonio d'interessi, che sta in piedi finché ce n'è la reciproca convenienza.

Un matrimonio d'interessi, che sta in piedi finché ce n'è la reciproca convenienza. Così si potrebbe definire il rapporto tra Cesare Geronzi e gli uomini di Mediobanca, oggi decisivo per capire come andranno a finire le cose in Via Filodrammatici. Chi volesse conoscerne la genesi e leggerne la trama in controluce può attingere molte informazioni nel mio libro "Il gioco dell'opa" (Sperling & Kupfer). Qui basta ricordare che negli ultimi due anni il sostegno della Banca di Roma a Mediobanca è stato determinante, ma non per questo Enrico Cuccia e (specialmente) Vincenzo Maranghi hanno superato tutte le diffidenze verso un banchiere conosciuto solo nel 1992 e considerato troppo "romano" per la loro concezione elitaria del mondo.
Attenzione, stiamo parlando di sfumature. Perché se ricostruiamo la storia del recente passato, troviamo Geronzi, Cuccia e Maranghi sempre sulla medesima barricata. Tanto che a Mediobanca hanno provato e riprovato a convincere quelli della Comit a unirsi alla Banca di Roma, con l'intento di mettere al sicuro l'istituto di piazza Scala e con esso il pacchetto dell'Ha per cento di Mediobanca contenuto nel suo portafoglio. E durante l'attacco micidiale del marzo '99, Geronzi - che pure poteva " avere più di una ragione per accondiscendere all'opa lanciata dal San Paolo sulla banca capitolina - ha tenuto salda la posizione a difesa del bunker assediato di via Filodrammatici. Non solo. Così come Banca di Roma era stata un punto fermo nella vicenda ex Ferruzzi - mentre Comit e Unicredito vendevano le azioni Compari, Geronzi arrotondava la sua quota - altrettanto si rivelava nella vicenda Ohvera-Telecom, schierandosi al fianco di Colaninno. Insomma, per i sempre più isolati gnomi di Mediobanca, un alleato sicuro e leale su cui poter contare. Ma anche esplicito nel dire la sua e desideroso di contare di più. Per esempio, Geronzi ha detto con chiarezza sin dall'inizio che l'alleanza con Banca Intesa non avrebbe retto, così come non ha fatto mistero di aspirare alla presidenza di Mediobanca, qualora Cingano fosse andato in pensione o avesse avuto qualche altro incarico. Per questo l'iniziale diffidenza è riaffiorata. Maranghi, sempre più dominus, visti i problemi di salute di Cuccia, ha accentuato il suo isolazionismo e ha coltivato la preoccupazione un po' ossessiva di trame e controtrame. Per esempio, vede l'intesa tra Geronzi e Colaninno (che rivendica autonomia) o gli ottimi rapporti tra la Banca di Roma e il suo socio Toro (Fiat), come potenziali pericoli. Così ora, nella fase decisiva per il riassetto azionario e manageriale di Mediobanca, la partita si gioca principalmente sul filo di questa dialettica La contesa sulla quota Comit Ben ha mostrato di capirlo Lucio Rondelli con la sua intervista a Flavia Podestà sul Giornale di due giorni fa. In un condensato di intelligenza tattica, il presidente di Unicredito "apre" a Banca di Roma e manda un messaggio in bottiglia a Maranghi - "Spetta a noi e ai romani la quota Comit in Mediobanca" - che ieri i giornali hanno letto come un nuovo asse Milano-Roma. In realtà, le cose stanno un po' diversamente. Da un lato, Rondelli ha voluto lanciare un avvertimento a Maranghi: guarda che a rigore di patti parasociali, quella quota devono dividersela Unicredito e Bancaroma; se vuoi disdire il sindacato di controllo e riscrivere le regole di convivenza fai pure, ma a condizione che noi possiamo crescere e che non entrino altre banche, altrimenti parte subito un contenzioso legale. Si tratta di una posizione solo apparentemente uguale a quella di Geronzi, il quale vuole sì aumentare la sua presenza in Mediobanca, ma non certo a metà con quelli di Unicredito, con cui nei mesi scorsi si è aperta e chiusa in poche settimane una trattativa segreta, ma non con Rondelli e Profumo, bensì con le fondazioni azioniste di piazza Cordusio. Geronzi aveva incontrato Biasi e Palenzona - era la fase in cui sembrava che i due volessero regolare definitivamente i conti con il vertice di Unicredito - e con l'aiuto di Merrill Lynch si erano stabiliti i contorni di una clamorosa alleanza. Poi tutto era svanito nel nulla, senza nemmeno una telefonata di chiarimento, anche se era più che eloquente il fatto che Biasi e Profumo avessero ritrovato il feeling perduto. Per questo è difficile immaginare che ci sia un fronte comune Milano-Roma. Anche se è vero che oggi Rondelli e Geronzi hanno un oggettiva coincidenza di interessi: evitare la "coriandolizzazione" dell'assetto azionario di Mediobanca, che invece sembra essere il disegno di Maranghi. Al quale spetta la responsabilità di scegliere: marginare sia Geronzi che Rondelli è impresa ardua quasi come compattarli contro di lui.